Qui si parla di Facebook che per qualcuno coincide con il Web.
Alle volte il bello del Web [1] è ancora più bello perché permette di dire eccolo là [2] e ti risparmia di dover digitare e prima pensare cosa digitare. Sapendo [3] che c'è chi sa farlo molto meglio di me.
Oggi vi segnalo 'na roba del Mante.
Per esempio adesso Massimo (per usare, una tantum, il nome con cui lo chiama la mamma) riporta la notizia della lunga intervista che Mark Zuckenberg ha rilasciato a Mathias Döpfner di Die Welt --no, nope, niente panico è tradotta.
E al solito, dice sempre il Mante ma lo stesso dico anch'io [4] e lo pensano in tanti, la Repubblica ci mette del suo [5].
A momenti dimenticavo, è tutto qui: Il punto di vista di Mark.
[1] i link.
[2] à la Punta il Dito, una volta con Carlo Conti, adesso con Fabrizio Frizzi; panico preventivo in attesa del successore.
[3] questo almeno per me.
[4] spesso, a rischio di sembrare ripetitivo.
[5] l'Eugenio è contagioso.
lunedì 29 febbraio 2016
domenica 28 febbraio 2016
RATTI E SABINE
IL PRIMO RE DI ROMA FURONO DUE
La Roma Quadrata, o circa…
Quando gli ultimi dardi di Apollo barbagliano dietro le creste
dei monti Sabazi e Vulsini e i falò sacrali delle Parilia cominciano a
spegnersi in dense volute di fumo appetitoso, Romolo è forse lì sullo sperone
più alto del Palatium a godersi il primo tramonto della nuova Città, piuttosto
che alla piccola capanna che gli fa da provvisoria e simbolica Regia,
nell’angolo opposto di quel dado spaccato che era il Palatino.
Poco prima ha chiuso il tracciato delle mura alzando per
l’ultima volta l’aratro nel segnare la Porta Romanula, poco lì sotto, da dove
si distaccano i due sentieri che diventeranno il clivus Victoriae e il clivus
Palatinus. L’ha fatto altre due volte, nel corso di quella faticosa giornata,
per lasciare intonsa la soglia delle altre Porte, la Ruminalis* vicino alle
Scale di Caco e la Mugonia a mezza costa della bassa Velia, che sarebbero state
consacrate diversamente.
Il terreno gli è stato ovviamente accuratamente preparato,
che invero dietro a lui seguivano già tutti gli uomini abili del Septimontium
con zappe, pale e picconi, ad allargare il solco e a porre le fondamenta del
muro, e del resto il terreno dal sacello di Larunda al sacello degli Argei era
sì in lieve ma inutile discesa verso il Velabro, però colmo di sassi e cocci
pallantei che intralciavano il puntone bronzeo del vomere e frenavano la
placida coppia bianca, il toro all’esterno del solco e la vacca all’interno,
che trainava l’aratro rituale.
Ma Romolo sapeva bene cosa aspettarsi: oltre il sacello
degli Argei, verso l’imbocco delle Scale di Caco dove aveva alzato per qualche metro
una prima volta il vomere, la pista stessa adeguatamente predisposta aveva
guidato i bovini sacri lungo la base del Germalo per la valle Murcia, in una
terra molto più morbida, quasi quanto quella della lieve salita dopo la sepolta
ara di Conso che aveva portato bovi sacri, aratro sacro e Re sacro attaccato a
tutto ciò, più che conducente di tutto ciò, in cima alla Velia. Qui si era
rischiato un incidente rituale, perché i poveri animali, ormai assetati,
avevano mostrato propensione più per la china che portava al pantano dove
sarebbe poi sorto il Colosseo che per la Via Sacra, appena accennata come tratturo
fra i radi cipressi che punteggiavano il da poco dismesso sepolcreto
dell’antico Septimontium.
Però Romolo era riuscito a non perdere il controllo del
puntone e dover fare una Porta dove non la voleva, a costo di farsi scivolare
dal capo il cinto gabino a suon di urla, e due secchi d’acqua avevano
ricondotto bovi e sacramentario tutto di nuovo verso il sacello di Larunda, e infine
al sacrificio dei sudati bovi sacri sulla Porta Romanula, a chiudere il cerchio
quadrato.
Un paio di migliaia di metri, una sorta di quadrato
sbilenco, che le mura si incaricheranno poi di tracciare almeno dritto, ma
c’era voluto quasi tutto il giorno. E questo ci porta a pensare che la
lunghezza effettiva della originaria cinta di mura della Roma Quadrata dovesse
essere di uno iugero lineare, osservato dal punto di vista dei Sabini, che con
Tito Tazio seguivano tutto quel formicolio dal Quirinale.
Romolo accelera il passo
Formicolio che cominciò subito a farsi frenetico fin dai
primi giorni successivi, perché Romolo aveva avuto tutto il tempo, fra un
imbonimento e l’altro di tutti gli imbonitori del Septimontium e circondario
Etrusco o Greco o Latino che fossero, di redigere un piano per un Progetto
assieme ai suoi, ai sodali che aveva via via trovato lungo la sua breve ma già
lunghissima strada.
Il problema più impellente era su come effettivamente
popolare la Città, ma non era il preminente, per Romolo e per chi più
strettamente gli stava attorno. Sì, vabbè le donne, ma non era procurarsi le
donne il punto per i prischi Romani. Erano le loro doti, il Punto, e le loro
doti erano terre coltivate, che avrebbero continuato a coltivare i loro padri
finché un giorno chissà. E ai loro fratelli tutto ciò non sarebbe piaciuto per
niente, ovviamente.
Quello era il Punto, perché se il Septimontium voleva una
cittadella di guerrieri a sua scorta e garanzia, doveva mettere quei guerrieri
nelle condizioni di sostenersi, dovendo costoro occuparsi di altro che della
cura dei propri campi, o meglio di quelli delle proprie mogli e quindi suoceri
e cognati e altre genti variamente imparentate.
Era una logica che, nonostante tutti gli strappi alle
tradizioni che provocava, gli Anziani del Volcanal non potevano in coscienza
confutare, ma che a fratelli, cognati e cugini, considerate le pretese dei
Romani, pareva di latrocinio.
Latrocinio che avrebbero anche mandato giù pur fra mille
brontolii, se proprio nel giorno dei Consualia i Sabini non avessero
improvvisamente alzato la scusa che fece da primo casus belli della Storia di
Roma.
Ratti e Sabine nella Valle Murcia
Per millenni la valle Murcia aveva fatto da cassa
d’espansione del Tevere, che piena dopo piena ne aveva fatto una valle
alluvionale palustre, trovando comunque più comodo passare attorno all’Aventino
piuttosto che incunearsi nel pertugio fra questo e il Celio. Poi, quando piena
dopo piena anche l’ansa superiore allargata e dragata dall’isola Tiberina si
riempì di sassi allargandosi come un embolo su entrambe le ripe e creando il
Guado, gli abitanti del Septimontium avevano cominciato a drenarla e
bonificarla per un unico motivo con due ragioni.
Non erano grandi mandrie, spesso un capo solo, ma sempre
maestoso: allora come ora gli allevatori si scambiavano il sangue ancor prima che l’animale in sé, la genetica da rimonta per
il continuo rinforzo di razze non solo da lavoro, ma anche sacrali.
E non erano grandi commerci: il principale era il sale dalle
saline poste – purtroppo – a ovest della foce del Tevere. Attraversato il fiume
su piccole chiatte mentre i bovini, nei dedicati periodi dell’anno determinati
dalle secche stagionali, riuscivano a passarlo con l’acqua appena sotto al
gorgio, i muli degli acquirenti Sabini imbastiti di sacchi di sale grezzamente
macinato sbarcavano sul Velabro per indirizzarsi subito verso la piana palustre
del Campo Marzio e incamminarsi sul primo tratto della via Salaria sotto al
Pincio, per poi cominciare a distribuirsi nei vari diverticoli montani già alla
vallata dell’Aniene.
Però, da cinque o sei generazioni, forse qualcuna in più,
c’era da sud a nord anche un sempre più fiorente commercio di coppe, vasi,
anfore, quando prima non si erano visti più che utensili di metalli sempre
migliori, condotti su muli più che su carri quanto più delicate le merci
fossero, ma comunque il problema delle piste carrabili cominciava a farsi
impellente, e lo sarebbe rimasto per secoli.
I mercanti di stoviglie erano quasi tutti Greci, che si
erano fatti un quartierino a modo loro sulle pendici meridionali dell’Aventino
prospicienti il Tevere con un proprio piccolo approdo, quelli di utensili
prevalentemente Etruschi anche da prima di definirsi Tirreni, e gli piaceva
ritrovarsi nelle taberne della valle dello Spinon a monte del Velabro, scavate
nelle grotte ai piedi dei due Colli.
Gli esuberanti bovari invece si fermavano nella spianata
puzzolente creata dallo sfociare dello Spinon fra Campidoglio e Palatino,
attorno all’Ara di Ercole – un gigantesco masso crollato da tempi immemorabili
dalla rupe soprastante il Lupercale – a offrire i capi migliori, quando non
unici, e a ostentarne i pregi.
La valle dello Spinon – in cui al tempo di Romolo non c’era
ancora forse il Vicus Tuscus, che forse però si stava già formando – i bovari la
trovavano stretta e incombente, per non parlare della gente spocchiosa che si
trovava oltre, nella angusta vallecola sfondata verso quegli artigli
spelacchiati costantemente fumanti dei pomposamente definiti Monti del
Septimontium.
Ma subito oltre l’Ara di Ercole e il sacello degli Argei, la
valle Murcia offriva, lungo le due piste ben battute che divergevano ad arco di
cerchio pur procedendo parallele per i piedi del Palatino e dell’Aventino, per
poi separarsi dopo un migliaio di passi, ogni povero ma allegro divertimento
che i tempi e i luoghi garantissero.
Però, considerando giuste le rimostranze di chi gli faceva
osservare come ogni rifornimento di ortaggi, formaggi, carni e salumi poteva arrivare
alle bancarelle della valle Murcia dal Septimontium meglio che da quei quattro
orti e quattro porci rimasti là, Romolo aveva sgombrato tutti, rimesso
decisamente mano ai drenaggi e alla bonifica dell’acqua Murcia – il ruscello
fangoso che ricomparve poi nel Medioevo – per ottenere una enorme arena
naturale di prati intervallati da alberi, boschetti, laghetti, in cui celebrare
i principali ludi campestri comuni al Septimontium, a cominciare dai Consualia,
terzi nel tempo del suo regno.
I Consualia erano i ludi rituali Latini e Italici di
chiusura della trebbiatura, quando veniva fatto censo al Dio Conso del sunto
effettivo della raccolta. Allora, nella atavica cerimonia di spartizione
secondo Diritto Divino, si stabilivano pure matrimoni e doti. Soprattutto doti.
Maritare le donne del Septimontium con i più o meno
nerboruti seguaci di Romolo aveva significato per le rispettive famiglie,
comunque prescelte da quel destino rio, aspri litigi e notti insonni, sotto
ogni punto di vista. Però si doveva fare, e in qualche modo s’era fatto, con
molte urla e notti insonni anche fra i consiglieri più o meno richiesti di
Romolo.
Le confarreatio erano state sottoscritte, aspettavano solo
che i Sacerdoti riuniti si riunissero e fissassero il giorno della Festa giusta
per essere depositate presso l’Arx Capitolina, dove gli Etruschi col loro ben
noto senso pratico stavano allestendo un archivio pubblico per tutto il
Septimontium.
Nelle intenzioni di Romolo, le Consualia di quel terzo anno
di Roma sarebbero state un enorme matrimonio di massa, il giorno in cui il Punto
si sarebbe fatto Momento, e i Romani sarebbero stati Cittadini con un loro Ager privatus, ossia Pieni Cittadini, i
Cittadini Patrizi della neonata Urbe.
Senonché, i Sabini che se n’erano stati stizzosamente
silenti fino ad allora, avevano scelto proprio quel giorno per saltar su e dire
che la garanzia dell’Arx per loro era nulla, e che era meglio rimandare ad
altra data per stabilire altri garanti che gli Etruschi.
Era ovvio a chiunque chi avesse innescato la rissa, e
perché. Se per le sue intenzioni fosse andata troppo in là, fu la prima cosa
che Romolo e Tito Tazio dovettero chiarirsi svaporato tutto il caos provocato
dal Ratto delle Sabine, circa un anno dopo.
Latini Padri di Roma, Sabini Madri?
Ai Sabini non piaceva per niente la piega che avevan preso
le cose con Roma. Avevano gettato il loro pugno di terra simbolico nel pozzo
sacrale presso la Regia di Romolo il giorno della fondazione assieme ai Latini
e tutti gli altri, gli riconoscevano una preminenza teorica nella formazione di
una amministrazione civica militaresca del Septimontium – dal quale,
millantavano spesso, si potevano astrarre quando volevano, se necessario – ma
non volevano certo farsene comandare. Però comprendevano che con uno come
Romolo sarebbe stato inevitabile.
Tito Tazio soprattutto lo comprendeva, e comprendeva pure
come Romolo non avesse bisogno tanto di briglie, quanto di gorgiera. Senza la
provocazione delle Consualia i Romani avrebbero messo le mani a macchia di
fegato praticamente su tutto il Septimontium, e le macchie di fegato fanno
presto ad addensarsi nell’oscuro accartapecorarsi della pelle, notava Tito
Tazio e notavano i suoi consiglieri.
Questo dal punto di vista di Cures e dei suoi Anziani,
naturalmente, che data la distanza poco partecipavano alle riunioni nel
Volcanal, dove Romolo ogni nundina di mercato spiegava a chiunque con la sua
innegabile facondia i suoi mirabolanti piani, e negli intervalli si agitava per
applicarli.
Il più personale punto di vista di Tito Tazio era su come
manovrare, comunque utilizzare quella potenzialità, sottraendola ai Latini. O
almeno bilanciandoli.
Era chiaro come nessun bilanciamento fosse stato previsto
per i poteri di Romolo, anche perché non era stato previsto ne avesse alcuno. I
Padri volcanali avevano davvero ingenuamente pensato che il comandante di una
cittadella fortificata a controllo del Guado si accontentasse dell’insignamento
di Rex Sacrorum e poco più? Romolo poi?
Il Potere di Romolo finché non stabilirà lui stesso i
delimitatori del suo potere, è illimitato.
Ed è a questo Potere Illimitato che Tito Tazio reagisce,
prima con la provocazione del Ratto, poi sinceramente spaventato dalle
conseguenze – Romolo da Amntennatae a Ceninum a Crustumerium passa di casa in casa dei
promessi suoceri a far valere i contratti di confarreatio seguito da un vero
piccolo esercito, e quando Acrone scende fino a Roma con i suoi fabbri e
maniscalchi per farlo smettere una volta per tutte, gli rifila una lezione che
il povero Acrone può ormai solo discutere per l’eternità con Giove Feretrio,
dove Romolo appende le sue armi e panoplie – con tutta la forza che i Sabini
possono mettere in campo.
Ma non per attaccare il Palatino, bensì per occupare il
Campidoglio.
Il Destino bino
Tarpea o meno, Tito Tazio occupa il Campidoglio non solo con
soldati ma anche di sacerdoti addetti agli svariati sacrari che gli abitanti
del Septimontium nel corso delle generazioni hanno installato lì, cacciando più
o meno cortesemente quelli che già ci sono: se gli viene riconosciuta come
prassi una qualsiasi egemonia, l’intero Monte Capitolino, indispensabile
simbolo sacrale dell’apertura a chiunque voglia diventare Romano, lì dove c’è
l’Asylum dove Romolo ha svernato appena giunto al Septimontium e dove intende
creare l’accoglienza per chiunque voglia essere Romano, diviene Sabino, e il
culto di Quirino preminente su qualsiasi altro.
Là sotto nel Volcanal, i Padri del Septimontium strillano
come pazzi, improvvisamente consci – o forse no, ma avran strepitato comunque –
di cosa abbiano combinato portando a termine il compito assegnatogli dagli avi,
forse picchiando il capo contro il plinto basaltico del Lapis Niger che sostiene
l’antico simulacro del Genius Loci aborigeno.
I Romani sfociano dalla Porta Romanula, sfidano i Sabini a
scendere dal Campidoglio. I Sabini scorrono saltellando fra i cespugli del
Clivo Capitolino come dalla via Biberatica, si affrontano dalle parti di quel laghetto
che poi diverrà il Lacus Curtius, e i Romani si prendono quella suonata di
legnate che si meritano, urla belluine di Romolo o meno per farli rifluire
verso la Porta Mugonia, dato che era stato tanto bravo a tenere infisso il
puntale quel giorno fatale là da non fare una Porta in cima alla Velia.
Ma Tito Tazio non vuole umiliare Romolo, e non gli interessa
niente se da Cures gli si chiede – non da tutti, dalla maggioranza – di
giustiziare tutti i Romani e di stabilire sul Palatino come sul Campidoglio un
presidio Sabino. E poi una cosa è bastonare Romolo e i Romani, altra
conquistare Roma ai Latini: facile per assedio, ardua per assalto.
Così, prima in camuffa e poi con grande risalto, Romolo
Fondatore e Tito Tazio Tutore si accordano, raccontano e fanno raccontare le
cose a modo loro, e prendono a governare assieme, con gran sollievo dei padri
del Septimontium e con gran scorno dei Rasna Etruschi, che comunque continuano
imperterriti a tramare sottotraccia.
Non regneranno in completa concordia, certo, tanto che dopo
la morte di Tito Tazio oscuramente avvenuta a Lavinium cinque o sei anni dopo,
Romolo riuscirà a rifilargli la prima damnatio memoriae della Storia di Roma,
prendendosene qualsiasi merito, eccetto quello di avergli rifilato una bella
suonata.
Che indubbiamente gli era servita, ma non rimase segreta
come sperava lui.
*Il nome della terza porta della Roma Quadrata ci è sconosciuto. Io ho ipotizzato che essendo vicino al piede della Scale di Caco e quindi vicino al Lupercal, potesse esserle stato dato un nome riferito al Fico Sacro. Nulla osta, diciamo...
Attenti al frigo
La vita moderna è piena di pericoli, non sempre conosciuti per cui a volte manco lo sappiamo. E non possiamo prendere provvedimenti.
Non è sempre stato così; quando io ero piccolo per esempio il frigorifero non c'era e quindi neanche i pericoli e le preoccupazioni di cui --tra poco-- vado ad allertarvi.
C'era, ma poco pratica, la ghiacciaia. Da me si usava solo in casi particolari, la scomodità era provvedere il ghiaccio, credo quotidianamente. Era, ricordo perfettamente, uguale-uguale. precisa-precisa a questa molto più antica: Antica ghiacciaia Rex.
Poi i tempi sono cambiati. L'evoluzione, bisogna farsene una ragione. Ah! non c'era neanche Internet. E neanche il 'puter. Ma sono andato fuori tema, mi ricompongo.
Uno che non usasse Twitter, o se anche lo usasse non seguisse le persone giuste non verrebbe mai a sapere di questa roba qua:
Adesso mi verrebbe voglia di partirecon contro l'uso del tedesco che sarà anche una lingua bellissima (tutto da vedere, per me no) ma che --insomma-- se cinguettate anche per me cortesia vorrebbe (vorresse? no, quasi sicuro che quell'altra) che traduceste (traducerrebbesti?).
Per fortuna c'è Google Traduttore, ecco:
Che non è che poi ne sappia tanto più di prima, un paio di parole le sapevo --Internet e kühl (no, non è quello cheverresse verrebbe da pensare, mai fidarsi delle assonanze).
Ma il bello del Web sono i link, parti da uno e viaggi, navighi dicono i saputi. E allora arrivo qui:
Qui Google ce la mette tutta ma --come dire-- la mia amica prof che insegna tedesco ai bambini italiani finiti là mica gliela darebbe buona:
Ah! momenti mi dismenticavo, il link è questo, da JS_CEO.
Dai è domenica; e poi posso smettere quando voglio; davvero.
Non è sempre stato così; quando io ero piccolo per esempio il frigorifero non c'era e quindi neanche i pericoli e le preoccupazioni di cui --tra poco-- vado ad allertarvi.
C'era, ma poco pratica, la ghiacciaia. Da me si usava solo in casi particolari, la scomodità era provvedere il ghiaccio, credo quotidianamente. Era, ricordo perfettamente, uguale-uguale. precisa-precisa a questa molto più antica: Antica ghiacciaia Rex.
Poi i tempi sono cambiati. L'evoluzione, bisogna farsene una ragione. Ah! non c'era neanche Internet. E neanche il 'puter. Ma sono andato fuori tema, mi ricompongo.
Uno che non usasse Twitter, o se anche lo usasse non seguisse le persone giuste non verrebbe mai a sapere di questa roba qua:
Adesso mi verrebbe voglia di partire
Per fortuna c'è Google Traduttore, ecco:
Che non è che poi ne sappia tanto più di prima, un paio di parole le sapevo --Internet e kühl (no, non è quello che
Ma il bello del Web sono i link, parti da uno e viaggi, navighi dicono i saputi. E allora arrivo qui:
Qui Google ce la mette tutta ma --come dire-- la mia amica prof che insegna tedesco ai bambini italiani finiti là mica gliela darebbe buona:
I? Io descrivono? Sono studente. Faccio le cose. Anche con i computer. Mi piace Python su Java. E ho bisogno di un sacco di sonno.Insomma il mystero permane. Intanto state lontani dal frigo, quando siete online (collegati, i nerd dicono così). E mai che ci sia Dirk quando serve!
Ah! momenti mi dismenticavo, il link è questo, da JS_CEO.
Dai è domenica; e poi posso smettere quando voglio; davvero.
sabato 27 febbraio 2016
Suggerimenti - 150
Si c’est l’AI qui le dit
It's Time To Kill the $100 Bill, Says Larry Summers
Sono su twitter perchè nella real life mi hanno defollowato
Ubi Petrus, ibi Ecclesia
Leggo romanzi storici mentre sorseggio caffè
Il ritorno della ormai celeberrima "ira di Renzi"
Come l’Accademia della Crusca risponde a un bimbo che ha inventato una nuova parola
ormai lo saprete ma per la storia...
Diacritics
i 'mericani lo sanno; lo fanno sapendo di farlo
Quindi sarà il miliardario #Trump il candidato repubblicano
Ti ho già messo tre mi piace
Big Test Coming Up For Kilogram Redefinition
Noi abbiamo provato con Leopardi
Quando l'antivirus dice "Nessuna minaccia nell'App Twitter"
I hope this is the beginning of the end for the current GOP
Massimo Pigliucci, nèh!
#UltimOra L’Accademia della Crusca approva l’aggettivo “Bertolaso”
#Boschi: "Inaccettabili le intercettazioni degli #USA"
Speciale Umberto Eco
A world where everyone has a robot: why 2040 could blow your mind
voi giovani ne vedrete delle belle!
How To Recognize Famous Painters
Spiare Berlusconi
Ma questo è #petaloso?
Turn it upside down.. don’t always believe people who say ‘I’m fine’
Accademia della Crusca: #petaloso : pieno di petali ; #renzoso
Sea levels are rising at the fastest rate for 28 centuries – what does this mean for cities?
Come fanno i servizi le Iene: il caso dei lupi della Valtaro
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Human Technopole, la scienza all'Expo e la favola del pifferaio
Forgotten Stairs, now a waterfall
The Milky Way, as you've never seen it before
Cresce l’Italia che diserta le chiese: più facile perdere la fede a 55 anni
dalla politica non si direbbe; ma forse per voi giovani c'è speranza (l'articolo è scritto davvero male)
Felicita' The Chemtrails Band
prendi un remo e cammina fino a quando non verrà scambiato per una pala
RAmen ☺
The Rosy Maple moth is the prettiest moth in all the land
#petaloso #crusca
Incommentabile
A flock of starlings take flight in what is known as a murmuration
Non tutti sanno che l'origano nasce liscio
Swedish Scientist Suggests That There Is Only One Earth
Curb Antibiotic Use in Farm Animals
#Torino raccontata per immagini dai follower di @twitorino
Prima gli SMS, dopo i WhatsApp, adesso registri un messaggio vocale e l'altro registra la risposta
Guardando la vicinanza tra Renzi e Verdini
I love how happy the scientists are to have a new penguin assistant
Che fine ha fatto Planet Nine?
Libertà di parola, mi sa che state prendendo un granchio
lungo ma da leggere, secondo me
venerdì 26 febbraio 2016
Cose da provare
Una segnalazione veloce-veloce, su una roba mia ma la segnalazione mia (questa) non viene da me, me l'hanno appena detto di dirvelo che potrebbe interessare voi tutti lettori del Tamburo.
Se volete, senza imegno, nèh, qui: MathStudio e Texter.
Pista! arrivo!!!
cioè no, parto appena la finiscono.
Oggi una bella notizia, ma che dico bella, brillante!
inaspettata e quindi ancora più brillante, questa: Il futuro del #turismo è #green e con #bici con il progetto #VenTo!
Anche se sono vecchio e malridotto la bici ce l'ho, proprio come quella di Alfred dell'immagine sopra. Invece del cappello, sapete la sicurezza, bisogna mettere il casco, io pensavo, per ragioni religiose, allo scolapasta, se non fa troppo Bastian contrario.
E anche se il progetto si chiama VenTo io partirei dal fondo, ToVen, ragioni logistiche.
Strada facendo, è lunga, assay, passo vicino a 'mici dei social-cosi (qualcuno anche no, nel senso non Web), mi fermo a trovarli. E alla fine trovo Dario, Dario, Anna, Sergio (se lascia almeno temporaneamente Torino e torna, temporaneamente, là), Marzia (beh, qui è più impegnativo), Mina Lorena (può accordarsi con Sergio, chissà se si conoscono?), Flavio e tanti altri. Insomma sono in attesa, mi preparo, anzi adesso mi faccio un giretto di allenamento.
Oggi una bella notizia, ma che dico bella, brillante!
inaspettata e quindi ancora più brillante, questa: Il futuro del #turismo è #green e con #bici con il progetto #VenTo!
Anche se sono vecchio e malridotto la bici ce l'ho, proprio come quella di Alfred dell'immagine sopra. Invece del cappello, sapete la sicurezza, bisogna mettere il casco, io pensavo, per ragioni religiose, allo scolapasta, se non fa troppo Bastian contrario.
E anche se il progetto si chiama VenTo io partirei dal fondo, ToVen, ragioni logistiche.
Strada facendo, è lunga, assay, passo vicino a 'mici dei social-cosi (qualcuno anche no, nel senso non Web), mi fermo a trovarli. E alla fine trovo Dario, Dario, Anna, Sergio (se lascia almeno temporaneamente Torino e torna, temporaneamente, là), Marzia (beh, qui è più impegnativo), Mina Lorena (può accordarsi con Sergio, chissà se si conoscono?), Flavio e tanti altri. Insomma sono in attesa, mi preparo, anzi adesso mi faccio un giretto di allenamento.
mercoledì 24 febbraio 2016
SINECISMI E DINTORNI
IL LITUO DI ROMOLO
Gli Argivi pastori di Evandro e il povero Pallante
È un’altra alba, verso la fine di Marzo – il mese dedicato a
Marte, l’inizio della stagione atta alla guerra oltre che l’inizio del nuovo anno
stesso, la ripresa di ogni cosa dopo la stasi dell’inverno – quando Romolo
dichiara guerra ai legittimi possessori del Palatino, per impossessarsene
ritualmente.
Di legittimi possessori, in effetti, non ce n’è, se non
metafisici e da affrontare metaforicamente, quindi appunto ritualmente. Il
Palatino è infatti un monte cruciale, intersezione di troppi interessi, per cui
coperto da una sorta di maledizione alimentante una voluta superstizione.
I suoi legittimi possessori dovrebbero essere Argivi,
discendenti degli esuli Greci che avevano seguito Evandro subito prima della
Guerra di Troia. Dopo aver accolto, consigliato e supportato Enea, Evandro morì
lasciando una enclave di Arcàdi spocchiosi, che non confondendosi con gli
Aborigeni italici dei Rutuli o altri parenti di Turno, si erano pian piano estinti senza partecipare al sinecismo con cui
si coagulava Roma attraverso il Septimontium.
Inizialmente, gli Argivi di Evandro erano parsi alteri
pusillanimi, pacifici pastori dai lenti pensieri, e le scaramucce al fianco di
Enea del disgraziato giovane Pallante contro l’altrettanto disgraziato rutulo
Turno non erano servite gran che a cambiare il punto di vista degli ancora radi
abitanti dei Colli sul Guado. Pochi, spocchiosi, autosufficienti nella loro
lurida Pallantia, la città un tempo di Evandro ma quando mai di Pallante, se non per cuore di padre?
Sedici o diciotto generazioni a ingropparsi fra di loro,
esclusivamente fra di loro – poche decine piuttosto che poche centinaia, fra
maschi e femmine – quando non con le povere pecore che con le capre non conviene, avevano portato i Pallantei
a divenire prima sozzi, impuri, estranei pazzi, intoccabili paria mostruosi da buttare a fiume quando li si trovava fuori dal loro recinto,
infine Lemuri sempre più rari,
popolanti ancora, forse, il Pallantino.
Il compito di Romolo, in quella ancora gelida alba di
passaggio fra inverno e primavera, mentre si palleggia il giavellotto di corniolo
fra le mani per riscaldarsi, è appunto di farlo divenire Palatino, purificandolo con una guerra simbolica ai fantasmi, prima di poterlo far
divenire Roma.
Pian d’un pas e ragioniamo: Sinecismo, che è?
Ma fermiamoci e riassumiamo, prima di inoltrarci nelle
misteriche ore che precedettero la fondazione di Roma vera e propria, che si
prolungarono per giorni, probabilmente per tutto il mese che precedette le
Parilia di quell'anno.
Le piccole tribù transumanti per la penisola diecimila anni
fa, dopo cinquemila si erano definitivamente stanziate in giro per l’Appennino,
e assorbendo le continue piccole invasioni che l’inquieto Mondo Mediterraneo
spediva per terra e per mare, divenivano piccoli Popoli e per gemmazione poi
piccole Nazioni.
Da tempo immemorabile si era scoperto che in determinati
periodi dell’anno – in piena estate in genere, o in inverni eccezionalmente freddi
o secchi – a valle di una certa isola nel Tevere si apriva un largo e basso
guado, atto a far passare i primi commerci bovini, salini, utensili, da nord a
sud e da sud a nord.
Nel decimo secolo prima dell’Era Volgare, sui colli che
sovrastavano il guado i piccoli Popoli erano divenuti abbastanza popolosi da
avere lì parecchi villaggi, sempre più popolati, che però essendo sempre più
contigui e di converso mal collegati con le piccole capitali montane cui teoricamente
dovevano seguire le istruzioni, generazione dopo generazione si sentivano
sempre più solidali fra loro piuttosto che con i reverendi Padri dei loro
Popoli di discendenza.
Chi più chi meno, naturalmente.
I Sabini sono i più incombenti perché i più uniti: occupano una vasta zona fra il Guado e l’Umbria, ben innervata dalle piste del sale che si diramano dalla valle del Tevere fino al crinale con la costa adriatica, e questo li mette in condizione di mantenere stretti rapporti tribali coloniali con i villaggi sul Guado.
I Sabini sono i più incombenti perché i più uniti: occupano una vasta zona fra il Guado e l’Umbria, ben innervata dalle piste del sale che si diramano dalla valle del Tevere fino al crinale con la costa adriatica, e questo li mette in condizione di mantenere stretti rapporti tribali coloniali con i villaggi sul Guado.
I Latini sono i più numerosi, anche se proverbialmente
litigiosi fra di loro e con tutti: più pastori-cacciatori che
cacciatori-pastori come gli originari Sabini (che affermavano di discendere
dagli Spartani, e perciò allestivano le loro città senza uso di mura), i Latini
hanno una forte identità religiosa centrata sui Monti Albani e la potenza di un
santuario ben organizzato, aperto ad ogni influsso per quanto vagliato dai
Sacerdoti Re di Alba Longa.
I villaggi Sabini occupano interamente il Quirinale con
l’escrescenza del Pincio che domina il ramo ripario della antica Salaria e
buona parte del Viminale, quelli Latini scendono dalle vie Tuscolane fino sul
Celio e l’Esquilino, salgono da quelle Pontine fino all’Aventino e alla Velia.
In mezzo, fra il Viminale e l’Esquilino, qualche sparuto
villaggio di Equi, di Marsi, di Ernici che si chiedono cosa stanno a far lì e
lo chiedono più o meno rassegnatamente ai piccoli concili di anziani che
governano le loro comunità di sempre più lasca appartenenza, lassù fra le
montagne e in mezzo alle valli.
Generazione dopo generazione, ogni villaggio di quelle
escrescenze sempre meno boscose e sempre più affollate – poche centinaia di
anime ognuno, poche decine per colle, sette o più come li si vuol contare fra
Colli e Monti – cerca di correlarsi con gli altri attorno piuttosto che
continuare a pestarsi i comuni confini.
Sinecismo è il suo
nome: la convergenza verso un interesse comune che crea una Comunità, e quindi
poi per comodità di tutti, una Città.
Il Septimontium è il sinecismo di Roma: il punto di incontro
più vicino per tutti è sotto al colle cornuto che infatti si chiama Capitolium,
presso una fonte sulfurea denominata Volcanal, presso il più antico dei loro sepolcreti
ancestrali comuni, vicino al corso dello Spinon, che raddrizzato dalle sue anse
– una delle quali sarebbe diventata i Comitia – dovrà divenire Cloaca Massima
(a cielo aperto) solo con i Re Etruschi.
Ma appunto gli Etruschi sono il problema principale degli
Anziani che si riuniscono nel Volcanal già da qualche generazione, al tempo di
Romolo.
Gli Etruschi erano arrivati proprio più o meno quando si
stavano rassodando gli interessi Sabini e Latini attorno al Guado. Prima
dell’anno Mille ante Era Volgare le popolazioni oltre la ripa settentrionale
del Tevere erano ancora sostanzialmente Aborigene, solo con gli Umbri si aveva
una contaminazione orientale attraverso i Piceni, vicini al mare e quindi
grecizzanti.
Gente pacifica gli Aborigeni, placidi allevatori piuttosto
che tignosi commercianti, pittorescamente esoterici, finché non erano arrivati
i Tirreni, che nel corso di un paio o due di generazioni, avevano svuotato di
uomini con la forza o con il miraggio di una miglior vita tutta la Foresta
Sacra dal lago Vulsino alla costa su cui avevano fondato le città ferriere, e
nel corso delle seguenti si erano messi in espansione, giungendo fin quasi ai
Colli Gianicolensi al di là del Tevere: da qualche decennio infatti, forse un
paio di generazioni, a monte del Guado sul Tevere, meno di una dozzina di
miglia sull’altra sponda, era sorta Veio.
Tutti i Patres del Septimontium, da quel momento, avevano
saputo che il loro compito era costituire una analoga città da quella parte del
Guado, e da un paio o più di generazioni si discuteva sul come farlo.
C’erano quei tre montarozzi a sovrastare il Guado, a monte e a
valle: il Campidoglio, il Palatino e l’Aventino.
Il Campidoglio sarebbe il locus più adatto a una fortezza munita
di guarnigione per il controllo del Guado, ma non per una vera e propria città,
spezzato in due corni – uno acuto più alto, l’Arx, e uno piatto e leggermente
più basso, il Capitolium – dalla profonda incassatura dell’Asylum; l’Aventino
sarebbe il locus più consono a una vera e propria acropoli di una città che
volesse estendersi a valle del Guado, volgendo però le spalle al Septimontium:
solo il Palatino racchiude coi suoi due mammelloni del Pallatium e del Germalus
entrambe le esigenze.
E siccome per esigenza di cose il Campidoglio era divenuto
il monte sacro per tutti gli abitanti del Septimontium come degli abituali
traversatori del Guado, piccolo santuario speculare del Monte Albano latino
come del più indistinto Soratte sabino, sede pure da qualche tempo di un
Auguratorium Aruspice etrusco sulla cuspide più alta dell’Arx, la scelta per il
nucleo fondatore della città che per compiere il sinecismo avrebbe dovuto compattare tutto
il Septimontium era forzatamente fra Palatino e Aventino.
Ma per l’appunto, l’Aventino era un Colle destinato a
voltare le spalle al Septimontium, e i maggiorenti del Septimontium avevano già
voltato le spalle a Remo quando era stata inscenata la presa di auspici dei due
Gemelli qualche giorno prima.
Tirem innanz…
Romolo non ha più pensieri né per gli auspici presi quel
giorno né di quelli appena presi al tramonto e all’alba, mentre palleggia
quell’asta di corniolo fra una mano e l’altra per riscaldarsi, mentre l’aria si
fa sempre più chiara, mentre attende che il primo raggio di sole scocchi dal
sacro Monte Albano.
Si trova sul più basso sperone dell’Aventino, dominante la
valle Murcia, una distesa paludosa di fossi che da generazioni drenavano la
terra per gli orti che rifornivano di ortaggi le taberne e gli ostelli per i
bovari, i pecorai e i mercanti di passaggio sul Guado, e quindi fornita di un
tratturo per carri tutto attorno per quanto era lunga.
Si trova a un centinaio di metri dalla base delle Scale di
Caco, un sentiero che invece di assecondare le pieghe delle rupi del Palatino,
le aggredisce dove necessario con gradini scavati alti nel tufo pur di arrivare
dritta sulla cima del Germalo.
Si trova, in effetti, a pochi passi dalla grotta lupercale
dove è stato allevato diciannove anni prima, e a pochi altri in salita verso la
capanna di Faustolo dove è cresciuto fino a che non s’è illuso di potersi
gestire da solo la propria vita, assieme al gemello Remo e agli altri figli di
Nessuno in cerca di una propria Itaca, dopo aver messo a sacco quella Troia di
Alba Longa.
Ma i mesi passati presso Numitore e quelli poi venuti al
Septimontium, hanno convinto ormai Romolo di essere erede di Enea, piuttosto
che di Ulisse come invece aveva continuato a voler credere fino alla fine Remo.
Perciò Remo era caduto come Turno, o almeno così si doveva far credere e
pensare.
Tutto ciò ha poca importanza, ora.
L’asta di corniolo è uno strumento più di gioco sacro che da
guerra: legno di pruno leggero, vola lontano ma non si conficca facilmente, sta
nella lavorazione del bilanciamento e dell’affilatura della punta che si trova
il dono segreto dell’Arte divina.
E l’asta di corniolo di Romolo vola ben lontano quando il
fatidico primo raggio di sole si scaglia dal Monte Albano, mentre le tube e i
corni raccolti in attesa dell’alba si intonano cacofonicamente per tutto il
Septimontium a celebrare il Tubilustrium, o meglio i Tubilustria, alla ricerca
di un accordo comune.
Fiorì il corniolo?
Certamente non era miracolosamente fiorita, l’asta di
corniolo, quando Romolo e tutto il seguito sacerdotale e popolare che doveva
sicuramente seguirlo la raggiunsero, nei pressi – pressi quanto? boh, abbastanza:
quel tanto che bastava – della capanna di Faustolo, ma probabilmente era in piedi
ben conficcata dovunque fosse, e magari bilanciata dai rametti che Romolo le
aveva lasciato con le foglie adeguate, poi si adeguò politicamente il miracolo, ovviamente.
La vecchia capanna del povero Faustolo doveva fungere da
prima Regia per la futura Roma, e come tale venne conservata finché la
venerazione per Roma rimase tal quale, ma la disposizione della futura Città
Quadrata ne doveva essere indipendente.
Essendo stata indicata dai Latini la data delle Parilia come
fausta per l’evento, avendo i Sabini accettato che la Città avesse mura – ma
basse, non in alto – Romolo non aveva molto altro da fare in quel mese se non
assuefarsi alle istruzioni metodiche etrusche e alle metodiche lamentele di chi
gli doveva preparare il terreno per tracciare il solco del fatidico pomerio. Come
fosse abitabile il Palatino, da quando era bambino lo sapeva già: una
affascinante distesa di sterpi giallastri e cespugli di mirto divorati dalle
capre, intervallata da querce e squarciata da un vallone boscoso che
s’allargava sulla valle Murcia.
In questo periodo Romolo è un Re senza effettivo regno,
perché il territorio di sua competenza non è ancora stato delimitato. Il mandato
conferitogli dal sinecistico consiglio del Volcanal è di dare un perno a una
organizzazione del Septimontium che gli permetta di contrastare efficacemente
la già più potente Veio.
La stessa Veio è frutto di un sinecismo di villaggi un tempo
Falisci, ora pienamente Etruschi, ma gli Aruspici che istruiscono Romolo sono
probabilmente di un altro ramo Rasna, tarquiniense se non vulcino, che pare
difficile Veio conferisse alla erigenda rivale i suoi segreti sacrali.
Che sono complicatissimi comunque, dovendo in più integrarsi con le
esigenze sacrali Latine di coincidenza con i Sacri Laziali, oltre che alle
prescrizioni notturne Sabine.
Il lituo di Romolo
Prima della terza alba cruciale di questa storia, Romolo
esce dalla piccola capanna che ha sostituito quella eccessivamente grande e
fatiscente di Faustolo il Porcaro, e si porta in quella contigua maggiore,
doppia, dove poggiano i simulacri di Marte e di Ops, la Dea dell’Opulenza. Sacrifica,
poi s’inerpica verso il pianoro soprastante, verso l’auguratorium sullo sperone
più alto fra Palatium e Germalus dove per il primo raggio di sole proveniente
da Albano doveva esser pronto a fissare il templum celeste, da cui sarebbero
stati fissati i primi confini tellurici dell’Urbe.
Il lituo a quello serve. Il lituo, non solo quello Etrusco,
giustifica con le sue volute una geometria celeste ben definita, e a questa
funzione può aggiungere quella di emettere un afflato sacro se modellato in
forma di flauto.
Così, probabilmente, era il lituo di Romolo: un flauto dalla
lunga e stretta impugnatura di legno cavo a becco d’anatra o di qualche uccello
sacro avesse il becco confacente, innestato in un breve manico bronzeo che si assottigliava
e si appiattiva in una falce ritorta a chiocciola, cava e bucherellata a sua
volta.
Quel 21 Aprile, mentre l'alba prende a punteggiarsi dei primi fuochi dei falò delle Parilia attraverso i quali i pastori balzeranno fino a sera, le
spirali del lituo di Romolo probabilmente tangevano alcune stelle – un’ultima
Venere, un basso Marte, un tardivo Giove, chissà – mentre il cielo si tingeva
di rosa, e quando i raggi dell’Apollo retrostante lo Zeus Latino sorsero dietro
il Monte Albano a cancellare tutto, Romolo vide chiaramente i punti attorno al
Palatino dove avrebbero dovuto sorgere le porte, ancor prima che le mura.
E allora portò il lituo alle labbra, e sussurrò nel flauto
il Nome Segreto di Roma. Che è, notoriamente, Amor. Ma forse no: Diva Angerona
punisce i profanatori del Nome Segreto, che segreto non è.
È rimasto gentilmente nascosto per generazioni e generazioni
successive, finché Roma è stata la Roma di Romolo, in un gioco per bambini, per
farli star zitti e andare a letto: la Diva Angerona e la Roma-Amor.
E il segreto del Nome Segreto di Roma, che è Roma, ma solo
insufflato nel lituo di Romolo potrà produrre il suono esatto, la esatta
pronuncia del suo essere, Amor.
E il lituo di Romolo, chissà dove è finito…
OK, ho capito che può essere non tanto bene
Finora quando qualcuno (sono parecchi, legione) mi diceva "fai attenzione che il Web è pieno di bufale" io ribattevo "basta saper scegliere". Non ne sono più tanto sicuro, adesso vi conto.
Ieri sera --ero già stanco altrimenti avrei reagito-- vedo questo cinguettio: .@theRominaPower Dovrebbero aumentarle.
Salvo, MedBunker è un grande e cosa tenta di dire con quest'ironica ironia che tira in ballo addirittura i chackra?
Da indagare --mai che ci sia Dirk Gently nei paraggi quando serve; Dirk ti sto cercando!!!-- e allora chi è quella @theRominaPower?
Sarà mica lei, quella responsabile dell'introduzione di due nomi 'taliani? Da indagare --OOPS! già detto.
Ebbene sì! È lei, quella di Al Bano, quella vera.
E la sua pagina Twitter è come dire... --OK, andateci se e solo se siete vaccinati (nèh!).
Ovvio che non poteva mancare la Dr.Vandana, quella antiGM, ecco un post, uno dei tanti. Notare che ha 42800 seguitori followandone solo 72. Una twitstar, teh: ★
Poi una roba perso, mia perso, anzi di Bepun (a rigore in piemontese si dovrebbe scrivere Bepon ma poi dovrei dire come si legge e Bepon (pron. bepun) è il primo a non saperlo), ne avevo parlato qui.
Ecco adesso Romina (la vera Romina, l'originale; vi ho mai raccontato che ogni volta che agli orali dovevo lottare con me stesso tutte le volte che dovevo esaminare una Romina e --peggio ancora un'Ylenia (o Ilenia)? però mai bocciata nessuna, dai! complimenti a me ☀) diffonde al mondo intero --o almeno a una porzione della Tweetsphere una cosa di cui faremmo bene a preoccuparci.
Se seguite il link in fondo trovate un link che vi manda alla source e trovate
uh! 'na cosa seria. Aveva ragione Bepun (bepon)!
Naturalmente Stefano sapeva già tutto, qui: Le scie chimiche di Romina Power e altre bufale adorate dai vip.
Romina lo sapeva da tempo, Bepun anche, ora me lo segno che devo ricordarmelo anch'io. E voi?
martedì 23 febbraio 2016
Suggerimenti - 149
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Così la Nsa spiava il governo di Silvio Berlusconi: "Le parole non bastano più"
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C'è sempre qualcosa che si può imparare
Oggi apro G+ e trovo quell'immagine lì. Bella vero? È di Kazimir, un matematico davvero tosto, lo conosco (via Web) da quando ci sono i social-cosi, peccato non abbia più tempo per il blog, ma si sa, si cresce. E poi lo trovate su G+, questa è qui.
Ma se ci andate ne trovate già altre (adesso una ma è presto).
Ora c'è una cosa personale, mia di me e forse di qualche altro piemontese. Il Lamium purpureum dice la Wiki che in italiano è conosciuto come falsa ortica purpurea --uh! come in portoghese (sempre dal post di Kazimir, nei commenti-- e non urtica, è gentile e passa spesso inosservato anche se certi terreni tra un po' ne sono pieni.
Ecco tra un po', diciamo all'inizio della Primavera (come la contiamo noi, basta andare in Svizzera e già cambia, loro sono più avanti, ci sono già; anche i cinesi, certo) sarà la loro stagione.
E all'inizio della primavera capita --per i preti ma in fondo per tutti-- San Giuseppe. Per cui da noi, per chi ancora parla dialetto, la piantina, per va della forma dei fiorellini, è conosciuta come scapin ëd san Giusep (pron. scapin 'd san giüsèp), che sarebbe come dire il calzino di san Giuseppe.
OK, giornata positiva, so una cosa in più, grazie a Kazimir. E siccome è quasi ora auguri a tutti i Giuseppe! ❤
Ma sì, dai, anche al buffone arruffagrullini (solo questa volta, nèh!).
domenica 21 febbraio 2016
Toki, me e la confessione del furto
Recentemente ho confermato la teoria di Warhol, è arrivato il mio momento di celebrità, quindici (scarsi per adesso ma non dispero) di condivisioni su Facebook invece dei quindici minuti di celebrità.
Che poi celebrità cosa vuol dire? Prendi quella volta che una di Piobesi è andata a Punta il Dito ea me fregacaz io manco ci ho fatto caso. Anche se --diversamente dal solito-- lo sapevo, me l'avevano detto, più volte. Si vede che era davvero importante. Per loro, io continuo a rimanere nella mia 'gruransa encicloskopika, non so nemmeno il nome, se mi capitasse d'incontrarla per strada non ci farei nemmeno caso, non me ne accorgerei.
Invece con l'eroe che suona il campanellodel covo della sede locale dei Testimoni di Geova è piaciuto, assay ☺.
Ma non è farina del mio sacco, adesso provo a rimediare.
Di solito quando trovo qualcosa sul mio social-coso preferito, Twitter, segnalo il cinguettio. Così c'è l'attribuzione, a me resta la soddisfazione del piccolo contributo alla diffusione della Conoscenza e al raggiungimento della Verità. Uh! tra le altre cose ecco qui una conferma che il Web non è solo quello che si dice, c'è del buono dentro; dipende da quello che scegli, da chi frquenti, asinus asinum strofignat (cit.).
Nel caso in oggetto però mi si sono ingarbugliate le dita, ho salvato l'URL per diffonderlo ma ho salvato anche l'immagine, troppo pheegassay ☺
Accortomi del doppione, siccome ero di fretta (lo so che non è una giustificazione) ho cancellato la dritta e lasciato l'immagine. E questa l'ho pure diffusa su Facebook. Successo strepitoso: ho avuto condivisioni di gente davvero OK, chissà se qualcuno di loro mi chiederà la 'micissia? Io non lo faccio più perché Fèissbukk lo uso molto poco, ma un po' sì, mica posso frequentare solo i padagni indigeni locali di qui che sono un cicinin monocordi e poi gli sto anche sulle cosidette per via delle mie carenze in Mistica Salvinica.
Insomma il merito di tutto è di Toki, followatelo se siete tweeps, io l'ho appena fatto --e merita: Toki rockz!
Per dire proprio adesso ha ritwittato questo: Cosa desideri di più?
Che poi celebrità cosa vuol dire? Prendi quella volta che una di Piobesi è andata a Punta il Dito e
Invece con l'eroe che suona il campanello
Ma non è farina del mio sacco, adesso provo a rimediare.
Di solito quando trovo qualcosa sul mio social-coso preferito, Twitter, segnalo il cinguettio. Così c'è l'attribuzione, a me resta la soddisfazione del piccolo contributo alla diffusione della Conoscenza e al raggiungimento della Verità. Uh! tra le altre cose ecco qui una conferma che il Web non è solo quello che si dice, c'è del buono dentro; dipende da quello che scegli, da chi frquenti, asinus asinum strofignat (cit.).
Nel caso in oggetto però mi si sono ingarbugliate le dita, ho salvato l'URL per diffonderlo ma ho salvato anche l'immagine, troppo pheegassay ☺
Accortomi del doppione, siccome ero di fretta (lo so che non è una giustificazione) ho cancellato la dritta e lasciato l'immagine. E questa l'ho pure diffusa su Facebook. Successo strepitoso: ho avuto condivisioni di gente davvero OK, chissà se qualcuno di loro mi chiederà la 'micissia? Io non lo faccio più perché Fèissbukk lo uso molto poco, ma un po' sì, mica posso frequentare solo i padagni indigeni locali di qui che sono un cicinin monocordi e poi gli sto anche sulle cosidette per via delle mie carenze in Mistica Salvinica.
Insomma il merito di tutto è di Toki, followatelo se siete tweeps, io l'ho appena fatto --e merita: Toki rockz!
Per dire proprio adesso ha ritwittato questo: Cosa desideri di più?
sabato 20 febbraio 2016
Serendipity
Ieri, approfittando di un momento in cui non diluviava (sta diluviando da giovedì, fa freddo e sulle alture -e non solo- sta nevicando) ci siamo avventurati a uscire per andare a comprare un PLC in sostituzione di quello che si è rotto l'altro giorno.
Un PLC (in realtà sono 2, uno emittente e uno ricevente, intercambiabili) è un apparato che consente di trasmettere il segnale da un router fino a dove si vuole in casa, attraverso i cavi elettrici). Poiché il mio PC è al piano di sopra e quello di mio marito al piano di sotto, e nessuno dei due ha il wifi, abbiamo trovato questo sistema per collegarci entrambi.
Abbiamo scelto il TP-LINK TL-PA8010P, con velocità di trasmissione fino a 1.200 Mbps.
Nel centro commerciale però, prima di andare a comprare, vista l'ora abbiamo voluto prenderci il nostro cortado leche-leche di mezza mattina. Di solito quando siamo lì lo prendiamo al bar dell'Alcampo (Auchan), ma abbiamo visto che c'era troppo da aspettare e abbiamo preferito prenderlo nel bar "di mezzo", quello che si vede in foto, tutto di legno.
Così, per casualità, abbiamo notato che l'esposizione di questi giorni era d'arte. Ci siamo soffermati a guardare e ammirare le opere, e alla fine abbiamo deciso di comprane due (non erano affatto care, abbiamo speso di più per il PLC che per le due opere).
Purtroppo solo le prime pagine erano disegnate, sono convinta che avessi chiesto di comprarlo avrei avuto un rifiuto perché l'artista lo usa per disegnare a mano a mano quel che gli suggerisce l'ispirazione.
Un PLC (in realtà sono 2, uno emittente e uno ricevente, intercambiabili) è un apparato che consente di trasmettere il segnale da un router fino a dove si vuole in casa, attraverso i cavi elettrici). Poiché il mio PC è al piano di sopra e quello di mio marito al piano di sotto, e nessuno dei due ha il wifi, abbiamo trovato questo sistema per collegarci entrambi.
Abbiamo scelto il TP-LINK TL-PA8010P, con velocità di trasmissione fino a 1.200 Mbps.
Nel centro commerciale però, prima di andare a comprare, vista l'ora abbiamo voluto prenderci il nostro cortado leche-leche di mezza mattina. Di solito quando siamo lì lo prendiamo al bar dell'Alcampo (Auchan), ma abbiamo visto che c'era troppo da aspettare e abbiamo preferito prenderlo nel bar "di mezzo", quello che si vede in foto, tutto di legno.
in primo piano un punto di informazioni, circolare, sull'altro lato del bar una zona di esposizione |
Questa è quella che ho scelto per me, mio marito ha preferito un pesce nei toni del malva. L'autore, presentando le opere in Instagram, ha la bella abitudine di fotografarle insieme al mezzo usato per realizzarle, sia il pennello, sia la matita, siano penne...
C'erano pastelli e disegni realizzati su carta con varie tecniche. Tra l'altro, sul tavolo dove l'autore esponeva anche segnalibri e gadget vari con le immagini delle sue opere, c'era un quaderno, di pagine color grezzo, con stupendi disegni apparentemente a penna, che mi hanno fatto innamorare.
Tornata a casa ho cercato, come no, in Internet notizie del giovane, sia nel suo blog sia nella sua pagina Facebook, sia in Instagram.
Così ho anche scoperto (nel web una cosa tira l'altra, si sa...) una pagina di giovani disegnatori di comics, tra cui lo stesso Samuel Hernández, che sono sicura piacerebbe ad alcuni amici di Facebook. Vi invito a visitarla.
Insomma, una corsa al centro commerciale tra un diluvio e l'altro mi ha aperto nuove conoscenze, quando si dice il caso...
Suggerimenti - 148
Xylella e la “banalità” di fermare un contagio
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Non si può contare sulla lealtà dei 5 stelle?
America
Lighting a match
Se un grillino trova amici a casa per il suo compleanno
Detto, fatto...
#omeopatia #ottimismo
Stargazing
Il M5S è un partito fallito
Russia’s New Ballistic Missiles to be Tested on Asteroids
Bonjour
Stop Jupiter
Padre Pio: 4 cose che forse non sapevate (o preferivate non sapere)
The area of solar panels that it would take to power the world
An artist wraps a white sheet around the trunk of a tree and then paints
difference
Io e Gasparri siamo intercambiabili
Olimpiadi a Roma: io lo so
Le onde gravitazionali e la fame nel mondo
eh, sì, bravo Emanuele!
Lega: a Pontida "padroni a casa nostra" diventa "ladroni"
Lech Walesa era un informatore dei servizi segreti durante il comunismo
beh, era cattolico, si sarà poi confessato, dai!
Ho sempre desiderato farlo
The Pacific Ocean is probably bigger than you thought
nel deserto ogni mezz'ora passa un cammello
Sounds legit
Place perspective on everything you look at
Quite frankly, I’m wondering if the pope is actually Christian
The rise of Sanders
Non cediamo ai profeti di sventura alla Zio Vania
La religione non è tuttoIvo lo seguo da quando era studente a Milano
I Mysteri di Tupinamba! 20 – SpaceCricetOdissey!
Things you have probably not seen coming…
Toasts
wow ☺ ☻ ☺
Quel puntino? E' una bella foto di gruppo scattata dalla sonda #Cassini...a tutti noi!
40 years of wearing the EXACT same outfit every year. Dale Irby, 63 has the yearbook photos to prove it
La prossima volta che leggo "le ali invisibili della poesia" divento adepto della logica formale
Russian Photographer Captures The Most Adorable Squirrel Photo Session Ever!
Economia, Renzi rivendica un altro successo: “Con noi Pil decuplicato dallo 0,7 allo 0,70%”
Quando parte la corriera