È parecchio che non scrivo qui, ma l'indignazione di questi giorni mi spinge a tornare, sia pur brevemente.
Come alcuni amici sanno, in questi giorni e da qualche mese sono in campagna, con tutto il daffare connesso, mentre proprio la connessione a Internet manca o è infima. L'unica cosa che funziona un po' è il cellulare, con cui mi mantengo al corrente ma con cui posso commentare e scrivere a fatica: a parte la piccolezza della tastiera che mi rende difficile digitare, anche se disattivo la funzione di correzione automatica mi trovo ad aver scritto (?) dei veri pasticci, basti pensare che TUTTE le volte in cui scrivo "che" mi viene corretto, una volta battuto lo spazio, con CGE. Queste poche righe già mi hanno fatto penare abbastanza, per cui passo al dunque.
Come sapete, in questi giorni in Spagna abbiamo il problema catalano, ovvero la ribellione di una minoranza (ne riparlerò) di catalani verso la Spagna, con la decisione di dichiarare quella che attualmente è una regione autonoma uno stato indipendente, precisamente una repubblica.
Su questo desiderio di indipendenza non sto a discutere, in quanto al volere una repubblica al posto di una monarchia democratica e parlamentare posso anche essere d'accordo, trovo le monarchie un residuo del passato.
Quello che invece critico è il modo con cui si vuole accelerare questo processo, che probabilmente un giorno o l'altro si sarebbe potuto concludere di comune accordo.
Già sapete che la richiesta di svolgere un referendum è stata rifiutata a norma di legge. Ma non solo dal Governo e dalla Corte Costituzionale, perfino in Catalogna si sono dichiarati contrari in un'inchiesta un quinto dei cittadini catalani e la patronale catalana Fomento del Lavoro ha definito il referendum e un'eventuale dichiarazione unilaterale d'indipendenza come "colpo di stato".
Ora, non mi pare che cercare di reprimere un colpo di stato sia illegittimo!
Per questo, per evitare che qualcuno si mettesse dalla parte del torto e rischiasse che il peso della legge gli si abbattesse addosso, si è cercato da parte del governo centrale di impedire la celebrazione del referendum, con i risultati che tutti conoscono.
Si è dovuto ricorrere alla forza, in proporzione con la disobbedienza civile e purtroppo si sono avuti anche dei feriti (in maggioranza tra le forze dell'ordine, ma è il loro lavoro...).
Già su questo intervento sono state propagate menzogne, riprese dai giornalisti di tutte le nazioni, che a quanto ho visto, almeno nei media italiani, non sono state smentite quando si è dimostrata la loro falsità.
Ma riprenderò l'argomento quando tra pochi giorni potrò rimettere mano su un computer...
Quelli di cui volevo parlare oggi è della menzogna dei due "prigionieri politici". In realtà, come giustamente scriveva oggi Juan Cruz su El País), occorre scambiare tra loro sostantivo e aggettivo: non si tratta di due prigionieri (sostantivo) politici (aggettivo), bensì di due politici (sostantivo) prigionieri (aggettivo). E perché prigionieri? Perché han parcheggiato in divieto di sosta? No, perché si sono macchiati di un delitto di sedizione, previsto dal Codice Penale spagnolo. Ribadisco "penale", non "civile". Il giudice non aveva altra scelta.
Scusate, continuerò tra qualche giorno, sto diventando isterica con il correttore che mi cambia "dal" in DAK e altre piacevolezze...
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