martedì 22 marzo 2016

Qual era la regola dei Thélèmiti nelle loro giornate

Tutta la loro vita trascorreva non secondo leggi, statuti o regole, ma secondo la loro volontà e libero arbitrio.  S'alzavano dal letto quando lor pareva e piaceva; bevevano, mangiavano, lavoravano, dormivano, quando ne avevano desiderio; nessuno li svegliava, né li obbligava a bere o a mangiare o a fare la minima cosa. Così aveva stabilito Gargantua.  La loro regola consisteva in questo solo articolo:

FA' QUELLO CHE VUOI,

perché persone libere, bennate, ben istruite, che frequentavano oneste compagnie, seguono per natura un istinto e inclinazione che sempre li spinge ad atti virtuosi, e li tiene lontani dal vizio: ed è ciò che essi chiamavano onore.  E per contro, quando per vile soggezione o prepotenza si trovano repressi e asserviti, rivolgono il nobile affetto, in virtù del quale francamente tendevano al bene, ad abbattere e infrangere tal giogo di servitù: perché noi siamo sempre spinti a fare quello che ci è proibito, e a desiderare quel che ci è negato.

E proprio per tal libertà, asunsero una lodevole emulazione di fare tutti quello che vedevano fare a uno di loro.  Se qualcuno o qualcuna diceva: «Beviamo», tutti bevevano; se diceva «Giochiamo», tutti giocavano; se diceva «Andiamo a spasso pei campi», tutti ci andavano.  Se si trattava di cacciare col falcone, le dame, montate su belle giumente, col loro palafreno di parata, portavano ciascuna sul pugno graziosamente guantato uno sparviro, o un lanaiolo, o uno smeriglio; e gli uomini altri uccelli.

Ed erano così nobilmente allevati, che non v'era nessuno tra loro che non sapesse leggere, scrivere, cantare, suonare armoniosi strumenti, parlare cinque o sei lingue, e comporre in ciascuna di esse sia in prosa che in versi.  Mai furon visti al mondo cavalieri così prodi e galanti, così destri a piedi come a cavallo, più vivaci, più svelti, meglio atti a giocar con tutte le armi, di quelli che si trovavano là; e mai si videro dame più eleganti, graziose, meno bizzose, più dotte in lavori di mano e d'ago e in ogni altra cosa muliebre libera e onesta, di quelle che stavano là.

Per questa ragione, quando era vwnuto il tempo che qualcuno degli abitanti di di quella abbazia, sia per richiesta dei suoi genitori o sia per altra ragione, volesse uscirne, portava con sé una di quelle dame, quella che l'aveva accetato per suo servente, e si sposavano assieme; e come bene avevan vissuto a Thélème in reciproca devozione e amicizia, così ancor meglio continuavano da sposati: e tanto si amavano l'un l'altro sino alla fine della vita, come nel primo giorno delle nozze.

Non voglio dimenticarmi di trascrivervi un enigma che fu trovato nello scavare le fondamenta dell'abbazia, su una gran lama di bronzo.  Ed era nei termini seguenti. [nel prossimo capitolo]



Oggi il Tamburo Riparato ospita l'amico François Rabelais che ci racconta il Capitolo Cinquantasettesimo del Primo Libro di Gargantua e Pantagruele.  Ringraziamo altresì Mario Bonfantini per la traduzione e l'editore Einaudi che ha organizzato l'evento.

Ma sapete 'na roba? en français c'è tutto qui: Gargantua - E-book - Livres pour tous.

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