domenica 13 novembre 2016

Che fare ora?


Comincio con una confessione personale: qui lontano un quarto di lunghezza del parallelo la notizia della sua elezione mi ha turbato. Parecchio. E, in concomitanza con altri motivi, mercoledì e giovedì non sono riuscito a fare quello che volevo.
Ma ovviamente la cosa è molto più rilevante per gli americani, quelli che hanno fatto l'impresa e quelli che ne subiranno le conseguenze.

A cinque giorni di distanza e dopo essermi in qualche modo documentato (tento di non sentire una sola campana, come mi capita su Twitter che peraltro uso principalmente per altri scopi) comincio a rendermi conto di cosa ci aspetta (sì anche a noi).

Non so da dove è arrivato il link a Yascha Mounk che voglio proporvi. Per intanto chi è Yasha? Uh! qui, qui, e qui. (OK, per l'occasione mi lascio trascinare e uso --una tantum, nèh!-- l'Oxford comma).

What We Do Now
How to preserve the ideals of liberal democracy in the face of a Trump presidency.

Sarà dura, non bisogna rassegnarsi. E le manifestazioni (e non solo) in corso lo stanno dimostrando. Nei suoi dieci punti programmatici ci sono cose non banali, anche difficili da accettare, p.es.: you need to work with strange bedfellows, cita conservatori per bene e meno, ambientalisti estremi. Come sta capitando qui da noi ora: la tele del #Fuffaro ci dice che per il No ci sono Silvio, Salvini &co. Non fa parlare i costituzionalisti, quasi tutti contrari tranne Benigni e pochi altri.

OK, mi sono lasciato andare, tornando a Yascha, conclude con un messaggio di speranza: In the depths of World War II, the future of humanity looked just about as bleak as it has ever done. But for some, the unspeakable horrors of the war also held out a unique moral opportunity. “Never in the field of human conflict,” Winston Churchill told his countrymen in the late summer of 1940, “was so much owed by so many to so few.” This is the kind of moment in which we now find ourselves. The stakes are enormous. There can be no doubt that we might lose, even if we do our best. But, for all their horror, the bleak times that lie ahead will offer us a rare time of complete moral clarity. Liberal democracy has prevailed against the odds before. It is the civic duty of us all to do everything we can so that it might prevail again.

Nota perso: ho tolto l'AdBlock a Slate perché il sito mi piace. Ma adesso mi sta tampinando con "sapessi quant'è bello MATLAB!". In 'taliano. Ma è OK, un male minore. O vuoi restare a la Repubblica, quelli dell'Eugenio (no, non dico più Rinko)?

Marco Arment, a programmer, writer, podcaster, geek, and coffee enthusiast, posta A letter to today’s young people: The strongest despair I’ve heard about this election has come from high school and college students. I don’t know if this will really help anyone, and I hope it’s not patronizing. But just in case it helps: ... leggetela di là.

Io credo che la Merica (come dicono i padagni indigeni locali di qui) ce la può fare; ecco un altro esempio che la stampa 'mericana non è come la nostra: Denounce the Hate, Mr. Trump.
Per contro, c'è chi non resiste alla tentazione... kwy.

Certo che le notizie che compaiono sui social-cosi non sono incoraggianti. Neanche se uno followa biasatamente come me (io).
Ma ce la dobbiamo fare, la seconda guerra mondiale citata prima è durata sei anni, Donald Silvio, FSM juvante, quattro. Forse.

Ah! qasi dimenticavo: Ramen.

2 commenti:

  1. Guarda, a me Trump piace quanto a te, cioè meno di niente, se fossi statunitense mi vergognerei profondamente di lui (come mi vergognavo, quando ero italiana, di Berlusconi).
    Però non avrei voluto la Clinton come capo della cosiddetta "più grande democrazia mondiale", infatti facevo a suo tempo il tifo per Sanders. La Clinton rappresenta esattamente il tipo di cosiddetta (ribadisco) democrazia USA, che consiste nell'impicciarsi dei fatti delle altre nazioni (anche quelle con cui sarebbe stato improbabile che avessero contatti), imponendo innanzi tutto una globalizzazione -che si è ben visto che danni ha fatto, perfino agli USA stessi- e in secondo luogo, in nome di tale globalizzazione, aggredendo tutti gli stati che non si "allineano" ovvero che hanno un'idea diversa dalla loro, quale che sia. A me sembra molto poco democratico, per esempio, rifiutare i risultati delle urne di altre nazioni tutte le volte in cui l'eletto non è di gradimento USA e non si prosterna al loro imperialismo, non parliamo poi del rovesciare un governo per mettere a capo una delle loro marionette...
    La Clinton è corresponsabile, da senatrice dapprima e da segretario di stato poi, delle sanguinose guerre a Afghanistan e Irak e in tutto il Medio Oriente, che gli USA stanno continuando a fomentare e finanziare (hai in mente l'ISIS e l'Arabia Saudita, alleata degli USA?). Anzi, non so se è vero, pare che abbia promesso di distruggere la Siria, da presidente, e di aggredire la Russia.
    PER ORA (stiamo a vedere per il futuro) Trump non ha fatto nulla di tutto ciò. Spero ardentemente che si limiti a fare i fatti propri come a suo tempo Berlusconi... Certo, un presidente USA per quanto spalleggiato dal Congresso può far poco contro i "falchi" che sono i veri capi, dietro le quinte. Anche Obama, pur fregiato del Nobel per la pace, poco ha potuto fare...

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  2. Concordo solo in parte. Anch'io avrei preferito Bernie Sanders ma la politica è l'arte del possibile e la Clinton garantiva una qualche continuità con l'operato di Obama. Anche per Barack non è che approvo tutto, anzi, ma confrontandolo con le alternative è stato più che buono.
    Fin d'ora emergono fatti ancora più preoccupanti di quanto m'immaginavo.
    Però non so quanto devo scriverne qui sul blog: non ci sono commenti e non voglio passare per un monologhista compulsivo.
    Credo che sia già qualcosa riportare quello che dicono gli altri, i Suggerimenti. Se poi sono letti (da chi?) non lo so. Adesso nelle statistiche il signor Blogspot ha cambiato il modo di rilevarle, perplimendomi assay. Ci sono due possibili alternative: 1) quello che arriva dalla famiglia dei Googles viene contato come USA; oppure 2) la Cia mi spia (cfr. Finardi, 1968, circa).

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