domenica 7 luglio 2013

Scarbo

Scarbo.
Che diavolo è?
Non vi preoccupate; non è una parolaccia! ;)


È solo il nome di una composizione di Maurice Ravel (1875-1937), sì quello del Bolero.
Un brano che ha un'origine molto particolare, dato che nasce come una sfida di Ravel ad un altro autore dal pomposo nome: Milij Alekseevič Balakirev (1837-1910).
Quest'ultimo era riuscito nell'impresa di comporre un brano assai complicato, considerato da molti il pezzo per pianoforte più difficile mai scritto: Islamey, fantasia orientale per piano, Op.18.
Potete ascoltare, cliccando qui, l'esecuzione del suddetto brano da parte della straordinaria e "aliena" Valentina Lisitsa.
Ascoltato? Incredibile, vero?
Islamey venne composto da Balakirev nel settembre del 1869, tuttavia lo stesso autore, che era anche un virtuoso pianista, dichiarò che c'erano alcuni passaggi nella sua composizione che lui "non riusciva proprio a maneggiare"!
In effetti, tal brano venne eseguito correttamente all'epoca solo da incredibili virtuosi del piano, tra cui Nikolai Grigoryevich Rubinstein e nientepopodimeno che Franz Liszt, anch'egli autore di pezzi mostruosamente complicati, come la Rapsodia Ungherese n.2 e Totentanz (solo per citarne alcuni).




Adesso andiamo a scoprire la risposta musicale di Ravel, che si impegnò nel cercare di dar vita ad un brano ancor più complesso di Islamey, appunto Scarbo!
Non abbiamo però specificato prima che Scarbo non è proprio un'opera singola, bensì uno dei 3 movimenti dell'opera per pianoforte intitolata Gaspard de la nuit ("Il tesoriere della notte"), scritta da Ravel nel 1908.
I 3 movimenti sono così intitolati:

1) Ondine ("Ondina"), dedicato al pianista Harold Bauer;
2) Le gibet ("La forca"), dedicato al critico Jean Marnold;
3) Scarbo, dedicato al pianista Rudolf Ganz.

Queste denominazioni non sono state scelte a caso da Ravel; infatti, la grandiosa opera Gaspard de la nuit è ispirata all'omonima raccolta di poemi in prosa del poeta romantico francese Aloysius Bertrand (1807-1841).
La suddetta raccolta di poemi venne pubblicata postuma nel 1842 dall'amico David d'Angers, tuttavia questa prima edizione risulterà piena di errori.
Bisognò aspettare il 1925 per avere un'edizione migliore, ovvero quella di Bertrand Guégan, e addirittura il 1992 per una pubblicazione che rispettasse perfettamente il manoscritto e i voleri di Aloysius Bertrand.
Bertrand era considerato da molti un poeta maledetto, che ispirerà le opere del più noto Charles Baudelaire, il quale affermò che il desiderio di scrivere Le Spleen de Paris (una raccolta di 51 brevi poemi in prosa, scritti fra il 1855 e il 1864) gli venne proprio dopo aver letto svariate volte (ed ammirato) Gaspard de la nuit.
Dunque, Gaspard de la nuit fu un'opera così affascinante da catturare l'interesse non soltanto di letterati del calibro di Baudelaire, ma pure di musicisti come appunto Ravel.
Il primo movimento (Ondine) della composizione di Ravel richiama fortemente la presenza dell'acqua.
Infatti, il poema di Bertrand su cui è basato evoca l'immagine di una ninfa lacustre mentre canta al fine di sedurre lo spettatore e condurlo ad esplorare le profondità del lago.
Ecco a voi sia il poema (nella traduzione italiana che ho trovato sul web) che il brano musicale Ondine:

"Ascolta! - Ascolta! - Sono io, sono Ondina
che sfioro con queste gocce d'acqua le vetrate della
tua finestra illuminata dai tristi raggi della luna;
ed ecco, vestita di seta, la castellana che
contempla dal suo balcone la bella notte stellata e il bel
lago addormentato.
 

"Ogni flutto è un genio delle acque che nuota nella corrente,
ogni corrente è un sentiero che si snoda verso il mio
palazzo, e il mio palazzo è una costruzione fluttuante, in fondo al lago,
nel triangolo del fuoco, della terra e dell'aria.

"Ascolta! - Ascolta! - Mio padre percuote l'acqua
gracidante con un ramo d'ontano verde, e le mie sorelle
accarezzano con le loro braccia di schiuma le profumate isole erbose,
di ninfee e di gladioli, o si prendono gioco del salice
vecchio e barbuto che pesca con la lenza."


Con la sua canzone mormorata, ella mi supplicò di ricevere
il suo anello al mio dito, per diventare lo sposo di una
Ondina, per visitare con lei il suo palazzo, per essere il
re dei laghi.

E alla mia risposta che amavo una mortale,
contrariata e indispettita, ella pianse qualche lacrima,
scoppiò a ridere e svanì in bianchi scrosci sfavillanti
lungo le mie vetrate azzurre.


 
Il secondo movimento (Le gibet) richiama la macabra immagine della forca e della campana a morto.
In effetti, l'omonimo poema di Bertrand descrive un'inquietante scena di impiccagione, resa in musica da Ravel mediante l'uso ossessivo, perforante di un si bemolle ripetuto centinaia di volte con una superlativa differenziazione di tocco, amalgamato ad accordi desolati e allucinanti.
Ecco sia il componimento letterario che quello musicale:

Ah! Quel che sento, sarà forse la tramontana notturna che
sibila, o è l'impiccato che sospira sulla forca
patibolare?

Sarà forse qualche grillo che canta nascosto nel
muschio o nell'edera sterile di cui per pietà si calza
il bosco?

Sarà forse qualche mosca a caccia che suona il corno
intorno a queste orecchie sorde alla fanfara degli
hallali? (richiami di caccia)

Sarà forse qualche scarabeo che raccoglie nel suo
volo irregolare un capello sanguinante dal suo cranio calvo?

Oppure qualche ragno che tesse una
mezza spanna di mussola per cravatta a questo collo
strangolato?

È la campana che risuona dalle mura di una città sotto
l'orizzonte, mentre la carcassa di un impiccato si tinge di rosso
alla luce del sole calante.
  


Ed ora il momento che tutti stavamo aspettando: largo a Scarbo!
Scarbo è, nel poema di Bertrand, nientemeno che un folletto notturno, inquieto e soprattutto dispettoso, che si diverte ad apparire e scomparire continuamente, prendendosi gioco dello spettatore con burle e sberleffi.
Eccolo, sta per apparire!
Salutate Scarbo.


No, è scomparso! Che peccato!
Ah, eccolo di nuovo:


È sparito nuovamente; folletto assai birbantello questo Scarbo!
Andiamo a scoprire la composizione che Bertrand ha dedicato a tal folletto burlone:

Oh! Quante volte ho sentito e visto, un folletto, quando a
mezzanotte la luna brilla nel cielo come uno scudo d'argento
su uno stendardo azzurro punteggiato di api d'oro!


Quante volte ho sentito sbottare il suo riso
nell'ombra della mia alcova, e sfregare la sua unghia sulla
seta delle coperte del mio letto!


Quante volte l'ho visto scendere dalla soffitta, piroettar
su un piede e roteare per la camera come un fuso
caduto dalla rocca di una strega!


Lo credevo allora svanito? Il nano cresceva tra
la luna e me come il campanile di una cattedrale
gotica, mentre un sonaglio d'oro tintinnava sul suo berretto appuntito!


Ma ben presto il suo corpo illividiva, diafano come
la cera di una candela, il suo viso impallidiva come la
cera di un lumicino, - e all'improvviso si dileguava.


Per quanto riguarda la composizione musicale di Ravel, Scarbo è un brano letteralmente spaventoso (nel senso positivo del termine) sin dall'inizio (se vi dovesse capitare di saltare dalla sedia al suo primo ascolto, penso sia abbastanza normale!).
Dura generalmente ben 8 minuti e 30 secondi (poveri i pianisti che si accingono ad eseguirlo!).
Trattasi di un pezzo di una difficoltà davvero mostruosa, ricco di effetti sonori secchi e brucianti (alcuni hanno persino parlato a suo riguardo di "pervertito ritmo di valzer").
Il brano è infatti caratterizzato da frequenti note ribattute e da 2 a dir poco terrificanti sezioni in crescendo, le quali culminano in un finale fragoroso, prima della chiusa ovattata.
Non mi resta che fornire il video:


È difficile dire oggettivamente se Ravel abbia vinto la sfida, visto che sia Islamey sia Scarbo sono brani di una difficoltà tecnica così elevata che soltanto una ristretta élite di pianisti è in grado di eseguire bene.
Quello che è certo è il fatto che Ravel abbia scritto un capolavoro in grado di riportare in musica le particolari vicende illustrate da Bertrand, un capolavoro di cui alcuni passi richiedono addirittura 3 pentagrammi per essere rappresentati sullo spartito!
Spero che abbiate apprezzato e vi siate divertiti leggendo questa analisi musico-letteraria di Gaspard de la nuit.


Alla prossima!

Questo post partecipa al Carnevale della Letteratura n.2, che verrà ospitato da Spartaco Mencaroni sul blog Il coniglio mannaro.

4 commenti:

  1. WOW! Non ci capisco praticamente nulla di musica, ma credo che anche un profano come me si possa rendere conto della mostruosa difficoltà.
    Visto che in questo caso posso solo scrivere cavolate: "dopo 8 minuti e 30 secondi di esecuzione di Scarbo, quanti chili perde il povero malcapitato?" ☺

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  2. Eh, ci voleva proprio la Lisitsa per dei brani così difficili...

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    1. D'altronde la Lisitsa è la maestra dei brani difficili. È una sicurezza per alzare la qualità dei post di carattere musicale. Le sue interpretazioni, piacciano o meno, sono sempre impeccabili.
      In alcuni (molti) brani, poi, è proprio insuperabile.
      Mi è capitato di ascoltare recentemente la versione (qui il video per i coraggiosi) di Lang Lang della Rapsodia Ungherese n.2: orribile.
      Se la confronto con quella della Lisitsa, la mia valutazione scende ancor più.



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