giovedì 12 aprile 2012

Gatti, amati gatti...




Da bambina e ragazza son sempre vissuta con la compagnia di cani (cocker): l'ultimo, Ajax von Berghem detto dapprima Ajace e successivamente Gollo, abbiamo dovuto lasciarlo dai miei genitori perché nella casa in affitto in cui vivevamo non era consentito tenere animali!




Eravamo rassegnati a non tenerne più, pur avendo cambiato casa e città, quando in un'estate al mare una gatta nostra amica di nome Silvestro (!) portò nel nostro giardino la sua cucciolata appena svezzata: i miei figli non vollero intendere ragione, uno dei gattini doveva ripartire con noi! 

A questo punto mi sono fermamente opposta: un micio da solo in casa, con tutti noi al lavoro o a scuola, sarebbe stato troppo triste! Dovevamo portarcene via due!


E così fu. Scegliemmo quello che evidentemente era più propenso alla vita in casa (Sinuhe), e uno dei suoi fratelli, il bellissimo sfuggente Chimera. Rimasero là Rino (da “rospicino” per un difetto di nascita) e Napoleone (per il suo carattere intraprendente).
Il viaggio verso casa rimane memorabile: per portarli via avevamo usato una cesta di vimini con coperchio che era in casa, non avendo né potendo comprare lì un'apposita gabbietta. In auto stavamo già un po' strettini, per cui mettemmo la cesta nel bagagliaio, con lo sportello opportunamente fissato semiaperto. Quando a metà strada ci fermammo per una sosta, quasi svengo nel vedere entrambi i mici seduti nel vano portabagagli, fuori dalla cesta! Solo un miracolo (o la paura del rumore e del traffico) ha fatto sì che non si buttassero giù... 

L'anno successivo, all'arrivo al mare, siete liberi di non crederci, ma i tre fratelli (Rino nel frattempo era sparito) si riconobbero e si ritrovarono con piacere. Ma già l'anno dopo Napo non c'era più...
Purtroppo, dopo poco più di cinque anni Sinuhe (non è mai stato chiamato così tranne la prima volta) divenuto Nipe (da “catnip” o erba gatta) morì. L'anno successivo entrò nella nostra vita, per rimanerci 16 anni, il grande Flippo. 
Flippo

Grande non per dimensioni, ma per il suo carattere... Innanzi tutto Chime se ne innamorò a prima vista, e fino all'ultimo suo respiro lo coccolò e protesse con cura materna.

C'era di che: grigio, con sfumature a volta rosee a volte azzurrine, con stupendi occhi verdi, il mento volitivo che ne rispecchiava il carattere, da piccolo era tutto orecchie e zampe, e l'abitudine di tenere la coda eretta a punto interrogativo gli diede il nome, da Pflip, il “gangarone” di Eta Beta (per chi sa di cosa parlo).


Flippo era un gatto da boudoir, amava stare con le donne, da piccolo era un rapitore di reggipetti incustoditi (eravamo tre donne...) che arraffava e portava in giro per la casa. Amava anche osservare l'acqua che scorreva, ma soprattutto era un grande amante della buona cucina. Riconosceva le ricette che gli piacevano dagli attrezzi di cucina che riunivo, ancor prima di vedere gli ingredienti...

Flippo seccato per il ritardo della cena

Qualche mese dopo la morte di Chime, a 15 anni, entrò in casa Ross, al momento ancora senza nome perché teoricamente avremmo dovuto solo fare da tramite fra la sua casa di nascita (di una professoressa di matematica) e quella di una collega di mia figlia, che però all'atto pratico non lo volle più.


Flippo gli fece subito capire chi fosse il Micio Alfa, e il piccolo Ross, già timido e introverso di suo, finché visse Flippo si mantenne sempre in secondo piano, pur avendo anch'egli una notevole personalità. 
Ross sviluppò un amore viscerale per mio marito, che considerava forse il suo difensore  visto che Flippo era a tutti gli effetti il mio gatto (i ragazzi già vivevano fuori casa al momento del suo arrivo). 
Dopo i primi anni, in cui in cuor suo gli rinfacciava il suo arrivo non richiesto, anche mio marito si arrese a tanto amore e lo ricambiò. A quel punto avevamo un piacevolissimo ménage a quattro (già vivevamo qui) e quando comprammo il terreno vi passammo dei bellissimi periodi insieme.
Purtroppo durò poco, come ho detto pochi mesi dopo aver compiuto 16 anni Flippo morì. Ross, pur essendogli molto affezionato, parve quasi sollevato da un peso... Nei sette anni in cui fu il solo e unico, la sua personalità si espanse, mentre cresceva l'unione con il suo idolo umano e la sua gelosia.


Ma il destino era in agguato. Una piovosa sera di ottobre, di ritorno dall'ospedale dove mi trovavo, mio marito vide alla luce dei fari... Ross, in mezzo alla strada! Si fermò vicino a lui, aprì la portiera, lo arraffò per la collottola e lo scaraventò dentro, sgridandolo per essersi allontanato tanto da casa (stavamo ancora nella casetta in campagna, malgrado la stagione avanzata, proprio a causa della mia operazione). Poi lo guardò meglio, e si rese conto che non si trattava di Ross, ma di un cucciolo dagli stessi colori, giallo aranciato e bianco.
Arrivato a casa, mi telefonò tutto eccitato in ospedale “Ho trovato un cucciolo!”: tutte le mie amiche degenti si rallegrarono insieme a me.
Nei primi tempi dopo il mio ritorno (nel frattempo ospitavamo nel patio una gatta abbandonata, evidentemente abituata a vivere in casa, che avevo iniziato a cibare prima del mio ricovero) mio marito non era affatto intenzionato a tenere il micio, e anzi non gli permetteva di entrare in casa perché non si abituasse.
Del resto, mentre il piccolo giocherellone cercava di fare amicizia con la gatta e con Ross, veniva sdegnosamente rifiutato dai due, che comunque non andavano d'accordo neppure tra loro. 
Alla fine dovemmo portare la gatta al rifugio cui contribuiamo economicamente mentre Dos (= due in spagnolo, perché quasi copia dell'altro) rimase con noi. Ben presto divenne molto più grande e robusto, ed è di carattere dolcissimo e pacioso (dal veterinario si trasforma in una velocissima e fortissima girandola di unghie da sei chili e mezzo, tre persone non bastano a trattenerlo).
Ma quando un anno e mezzo più tardi, a quindici anni,  Ross morì, non gli aveva ancora perdonato l'intrusione e di avergli distolto una parte dell'amore del suo idolo.
Ora c'è solo Dos...





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