Nel post Cosmetica: universo di bellezza ho parlato di cosmetica in senso stretto, ovvero degli artifizi per apparire o essere più belli, più estetici.
Ma mia nonna diceva “La prima bellezza è la pulizia”.
Aveva ragione, come tutte le nonne ;-) infatti non c'è bellezza senza salute, e non c'è salute senza igiene.
Per questo vorrei parlare anche della chimica dell'igiene personale.
Innanzi tutto il sapone, noto già dall'antichità (se ne sono trovati resti di 2.800 anni fa, ma nulla esclude che fosse conosciuto anche prima, essendo biodegradabile ha lasciato poche tracce di sé), anche se introdotto in Europa solo durante il Medioevo: prima venivano usate preferibilmente le solite polveri abrasive, in un peeling ante litteram.
Il sapone, oltre ad aiutare ad asportare la sporcizia che ci si deposita o forma addosso - grasso naturale della pelle, polvere, cellule morte, sudore... - grazie al suo potere emulsionante (in pratica, la ingloba perché venga poi allontanata con acqua), ha anche un effetto di blando battericida, aiutando così a mantenere la salute. Non parlo qui della preparazione del sapone o saponificazione, per questo vi rimando a un vecchio mio post Bolle di sapone. Accenno solo che si prepara con grassi vegetali o animali e soda o potassa caustica (NaOH o KOH).
Ma è probabile che il primissimo detergente dell'umanità sia stato la liscivia, ovvero cenere di legna. A questo proposito ho dei ricordi di ben sessant'anni fa: ricordo quando, bambina, ero in campagna dai nonni, il bucato mensile delle lenzuola (le piccole cose si lavavano con sapone, a mano, di volta in volta) si faceva sistemando strati di lenzuola alternati a strati di cenere di legna del camino in un enorme (per me, così piccola) contenitore di coccio, una specie di immenso vaso da fiori ma con il buco non sul fondo ma laterale, turato con uno zipolo. Sopra al tutto si versava acqua portata a bollore in un paiolo nello stesso camino. Quando l'acqua si raffreddava veniva fatta scolare aprendo lo zipolo. Purtroppo non ho ricordi della risciacquatura, ma credo venisse fatta versando acqua pulita dall'alto, più volte.
Dalla mescolanza di cenere di legna e grassi deve essere nata la scoperta del sapone, infatti la liscivia o lisciva contiene soda caustica o idrossido di sodio e in genere anche idrossido di potassio (entrambi, come abbiam visto nel post Bolle di sapone, utilizzabili per la preparazione dello stesso).
L'igiene personale comprende anche bagno o doccia e lavaggio di capelli. Per praticità invece del sapone ora si usano gel schiumogeni. Noterete che ai primi posti nell'elenco dei componenti, a parte ovviamente l'acqua (che è sempre al primo posto trattandosi di prodotti fluidi), trovate sempre composti quali Sodium laureth sulfate (C3(CH2)10CH2(OCH2CH2)nOSO3Na : schiumogeno, surfattante cioè abbassa la tensione superficiale del liquido), Sodium Chloride (NaCl, il nostro vecchio amico Cloruro di sodio, il quale ha qui il compito di aumentare la viscosità del prodotto), Cocamidopropyl betaine (tensioattivo, ovvero la sua molecola è composta da un gruppo idrofobo e uno idrofilo che serve a solubilizzare il prodotto) eccetera.
Un altro importantissimo strumento di igiene è il dentifricio, con il relativo spazzolino da denti, manuale o elettrico. In realtà il lavoro di asportare la placca batterica (che se lasciata in situ corroderebbe lo smalto creando carie) e i residui di cibo che si fermano tra i denti lo fa appunto lo spazzolino, la pasta o il gel dentifricio servono più che altro a dare un buon odore all'alito e ad aiutare lo scorrimento dello spazzolino (ricordo che va cambiato spesso, sia per igiene non potendo venire sterilizzato sia perché mantenga il suo potere meccanico di asportazione anche dagli interstizi).
In origine al posto di queste paste morbide venivano usate polveri di varia natura (polvere d'ossa o di qualche minerale) che avevano un compito abrasivo della placca batterica e venivano strofinate sui denti o semplicemente con un dito o con l'aiuto di rudimentali attrezzi.
I dentifrici attuali, discendenti delle prime paste usate nell'Ottocento, hanno ancora una certa componente abrasiva, in aggiunta ad agenti schiumogeni e ad aromi per lo più a base di menta per il suo effetto rinfrescante sull'alito, oltre a fluoruro di sodio NaF che presumibilmente dovrebbe avere un certo effetto protettivo sullo smalto ritardando l'apparire delle carie.
Su questo c'è discordanza di opinioni, c'è chi dice che i fluoruri non servano a nulla se somministrati per questa via invece di assumerli col cibo, in varie località sono state a suo tempo istituite (ora annullate) fluorizzazioni dell'acqua potabile a questo scopo, o distribuite alla popolazione infantile le famose pastigliette di fluoro (in Italia nei primo anni '70, ricordo). Anche su questa fluorizzazione a tappeto ci sono discordanze, il fluoruro oltre a essere un prodotto altamente tossico pare che provochi macchie sui denti.
Anche il bicarbonato di sodio NaHCO3 era ed è molto usato, per la sua azione sbiancante. E ancora adesso c'è chi usa foglie di salvia da strofinare con le dita sopra la faccia esterna dei denti...
struttura del bicarbonato di sodio |
Ma quale che sia il prodotto che usate, il compito più importante è sempre rappresentato dall'effetto meccanico della rimozione della placca e dei residui interdentali. Per mia esperienza, da quando ho l'abitudine di fare la pulizia dal dentista due volte l'anno e di usare i minispazzolini interdentali, non ho più avuto nuove carie.
Ma non si può chiudere l'argomento senza citare la cenerentola dell'igiene, la carta igienica, che attualmente si produce con cellulosa C6H12O6 ricavata dalla pasta di legno: qualcuno, preoccupato per il disboscamento, sta proponendo di provare a ricavarla anche da paglia o altro, senza contare il diffondersi dell'uso di carta riciclata (tranquilli! non da carta igienica usata!) anche per questo uso oltre che per i fogli A4 che state usando per la vostra stampante, spero. ;-)
Ovviamente da sempre si è presentato il problema della pulizia dopo l'espletamento dell'evacuazione (ehm!). Immagino che le prime persone a porsi il problema abbiano risolto con foglie, manciate d'erba e simili, senza contare acqua quando possibile, da applicare con le mani.
Gli antichi romani usavano spugne imbevute di acqua (e facevano spesso il bagno), nei paesi islamici si usa(va?) acqua, applicata rigorosamente con la mano sinistra (la destra deve rimanere pura per motivi religiosi), nel '300 in Cina già veniva usata la carta (loro invenzione) sia pur limitatamente alla Corte imperiale, nel Settecento in Europa si usavano ritagli di stoffa e perfino di merletti per i nobili (!) mentre il popolino si sarà sicuramente arrangiato all'antica, con foglie e fieno...
Non appena sorta l'industria dell'editoria, nell'Ottocento si iniziò a usare la carta stampata dei giornali (si sa, una volta letti, passato il momento di attualità delle notizie, non servono più...). Ma per praticità e igiene (non credo si fossero ancora posti il problema dei residui di piombo della stampa) o forse venuti a conoscenza dell'antica usanza asiatica, negli USA si pensò di produrre la prima carta, a foglietti, adibita specificamente a quest'uso. A fine secolo poi si passò a produrla in rotoli.
Con il '900 arrivò anche in Europa, ma la sua diffusione si nota solo a partire da metà secolo. Tra i miei ricordi infantili infatti ci sono anche i quadrati di carta di giornale...
Al giorno d'oggi nessuno potrebbe più pensare di fare a meno del familiare rotolo (né, se per questo, di quello analogo che si usa in cucina) o dei fazzolettini di carta, che consentono di evitare di portarsi in tasca una colonia di virus quando si è raffreddati!
Questo post partecipa al 22º Carnevale della Chimica, presso il blog unpodichimica
A proposito di liscivia: da noi non si usa più dalla fine degli anni '50. Mi sa che ci scrivo qualcosa che mi sta tornando in mente (e credevo dimenticata). Poi bello come al solito le parole nuove, cioè molto vecchie, che si capiscono al volo, p.es. zipolo.
RispondiEliminaMessaggio per tutte le blogger/scienziologhe/casalinghe del Tamburo.
RispondiEliminaConoscete un buon sito - anche in inglese, neh! - che parli della vita domestica, economia e attività collegate viste dal punto di vista scientifico?
Evitare siti dedicati a Suor Germana, ma vabbene anche Lady Germanotta.
(Che comunque non è il mio tipo.)
Serpico, in questo momento non saprei proprio consigliarti un sito in particolare, io di solito “saltello” qua e là cercando non tanto un sito quanto un argomento specifico (insomma, ci pensa Google a cercarmeli).
EliminaPer quanto riguarda la cucina sicuramente c'è l'ottimo blog di Dario Bressanini http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/, il quale pubblica anche su FB i video delle trasmissioni cui partecipa: è simpaticissimo e molto preparato sia come cuoco dilettante sia come chimico professionista.
Per l'argomento del presente post, ti consiglio il blog http://www.scienceforpassion.com/ di Tania Tanfoglio: proprio in questi giorni, in vista del Carnevale della Chimica, sta pubblicando stupendi post tecnico/pratici.
Posso anche consigliarti questo post (non tecnico) http://www.lavorincasa.it/articoli/in/fai-da-te/detersivi-fatti-in-casa/ o questo http://www.stilenaturale.com/news/1284/Come-preparare-il-detersivo-per-la-lavatrice-in-casa-Guarda-i-video.html
Articolo interessante, come interessante è stato il commento del dentista di provincia (quello sul fluoro)...complimenti ad entrambi...veramente... :)
Eliminaperfida, nera e bruna vi bacerei tutte tre!
RispondiEliminaFinalmente ritrovo qualcuno/a che abbia il coraggio di dire la verità sui dentifrici.
Nel mio ambulatorio consiglio di spazzolarsi i denti all'inizio con solo acqua e alla fine, se proprio lo si desidera, usare il dentifricio. In questo modo si può percepire il cattivo odore che proviene dai residui alimentari rimossi. Se invece si sparge sullo spazzolino una crema profumata, dopo 2 secondi si avrà una sensazione di pulizia fallace. Si calcola che per una corretta igiene orale siano necessari due minuti di spazzolamento e poi l'uso del filo interdentale. Poiché quest'ultimo è molto scomodo, anch'io consiglio lo scovolino interdentale, nell'uso quotidiano.
Fin qui nulla di nuovo, ma ora ti racconto un aneddoto dei primi anni 70.
Ero appena laureato e specializzato e l'AMDI (che allora aveva degli attributi, che oggi ha perso) pubblicò una dichiarazione che il dentifricio era inutile per l'igiene orale. Immagina che quarantotto successe. I grandi produttori di dentifrici ottennero una smentita (un po' arrampicata sugli specchi), ma gli inserti pubblicitari sul giornaletto dell'associazione si moltiplicarono.
Considera che in Italia si vendono tonnellate di dentifricio e pochi spazzolini, per questo li fanno così lunghi, ci sta più pasta!
Ora basta, ché son sempre logorroico, ma se ti interessa ti scrivo anche quel che penso del fluoro.
Caro Dentista, ricambio il bacio (anzi, i 3 baci). Devi essere come la dentista che ho trovato qui, che mi ha insegnato appunto la faccenda dei due-tre minuti di spazzolino seguiti da quello interdentale. Il massaggio, mi ha raccomandato, deve essere fatto anche sulle gengive perché restino sane.
EliminaAnche qui gli spazzolini sono piuttosto lunghi, con gran rabbia di mio marito che li vorrebbe di 1,5 cm (la parte con le setole, ovvio). Fatto sta che noi usiamo circa tre tubetti di dentifricio all'anno a testa (ne basta mezzo centimetro per l'effetto di alito fresco), mentre nostri parenti venuti in visita sono riusciti a farsi fuori, in due, un tubetto alla settimana!
Ma è ovvio che le ditte produttrici mostrino sempre nelle pubblicità un nastro di dentifricio lunghissimo, più se ne mette più vendono! La stessa cosa la fanno i produttori di detersivo per lavatrice, io ne metto la metà di quanto consigliato, con temperatura di 40º o 50º al massimo, e la roba viene pulita (se è molto sporca, basta lasciarla in ammollo a lavatrice spenta per una oretta prima di ricominciare il ciclo di lavaggio...).
Sarò ben lieta di sapere da te, in qualità di esperto, il tuo parere sul fluoro.
Ma che post "igienico" completo di tutto! Ma da leggere tutto d'un fiato come un romanzo che racconta un po' di tutto a partire dai tempi di mia nonna.
RispondiEliminaAnch'io ho un vago ricordo di aver visto un mastello nel quale si versavano acqua e lisciva. Ad esso si appoggiava un'asse (non so il suo nome) e la lavandaia strizzava, "lavorava" e sciacquava i panni, per poi stenderli sui prati.
Essì ,è un fantastico romanzo gotico di vera-scienza.
EliminaImmaginatevi donne che all’ombra del castello lavano i panni nel tronco forato di un albero o in un gran pentolone sul fuoco. Cosa brucia nel fuoco, cosa ha portato l’acqua a bollire? Il sole. Sì il sole che ha fornito alle foglie degli alberi l’energia per far crescere il legno.
Poi c’è l’immagine più bella: i grandi teli bianchi stesi sul verde dell’erba a candeggiare. Perché è sempre lui l’artefice: il sole che ci inonda di piccolissime sfere di energia o di immense onde di materia. Mentre i suoi raggi riscaldano il bucato e ne fanno evaporare l’acqua, attraversano anche la trama della stoffa, arrivano dentro le cellule dell’erba e qui permettono che venga rubata all’aria l’anidride carbonica e si liberi l’ossigeno. E l’ossigeno compie il percorso opposto, vorrebbe tornare verso il sole, ma viene catturato delle fibre del tessuto e le sbianca, le ripulisce, le fa brillare come i capelli biondi di una bella lavandaia.
Gloria a te, Aton, signore dell’universo, padre dei fotoni!
Sei un gran lavandaio.
Scusa Bruna, è l'ora di andare a dormire e dopo cena si allentano i freni inibitori.
RispondiEliminaDomani ti dico perchè credo nel Fluoro.
Il mio ambulatorio lo aprì alla fine degli anni ‘50 mio fratello maggiore (molto maggiore!). Da allora qui si raccomanda l’uso delle pastigliette, già alla mamma in gravidanza.
RispondiEliminaUn pratico come me non può fare statistiche, ma non ho mai visto una carie in una persona che abbia avuto questa integrazione alimentare, perché così si deve considerare l’apporto di fluoro.
Infatti il fluoro è presente nell’acqua potabile nelle zone vulcaniche e meno in quelle di pianura e dove l’apporto naturale non è sufficiente si può integrare fruttuosamente e senza rischi, basta rispettare le dosi (unica precauzione controllare che l’apporto delle pastigliette assommandosi a quello naturale non raggiunga i livelli tossici o dannosi, che sono comunque molto alti).
E’ vero che la fluorosi può causare macchie e addirittura malformazioni dello smalto, ma le dosi devono essere state veramente molto elevate e per lunghi periodi. Ho visto un solo caso e in una ragazza nata nella costa meridionale del Mediterraneo.
Il fatto è che sono molti i fattori che possono determinare macchie dei denti. La più famosa è la somministrazione, nel periodo di formazione del dente, di tetracicline: ho visto parecchi denti a strisce (perché si scuriva solo il pezzo di smalto che si formava durante la somministrazione dell’antibiotico).
Ho usato l’imperfetto perché ormai nessuno prescrive più tetracicline soprattutto ai bambini.
Tuttavia molti, soprattutto i pediatri, attribuiscono qualsiasi discromia dentale al fluoro, nel caso sia stato somministrato, e ciò spiega le riserve sul suo uso.
C’è poi la storia del modo di somministrazione. Anni fa non c’era dentifricio che non fosse “al fluoro”.
Assolutamente inutili. Lo smalto integro è impermeabile, se si sono formate delle fessurazioni, queste si riempiono di germi e di placca già mentre si formano e il fluoro non arriva allo smalto.
Allora venne di moda la fluorizzazione per elettroforesi e alcuni colleghi mettevano in bocca ai ragazzi dei “cucchiai” pieni di soluzioni al fluoro collegati a un generatore di corrente continua e li tenevano lì una mezz’oretta con il catodo in mano. (o forse era l’anodo? Son dentista non elettricista.):-) Sistemi inutili e abbandonati.
Oggi a volte il fluoro nei dentifrici viene giustificato con una non dimostrata attività antibatterica.
Invece se un sufficiente livello di fluoro circola con il sangue, allora lo smalto dentale, mentre si forma nell’osso del bambino assume la forma chimica della fluoroapatite, invece della più comune idrossiapatite.
Il primo composto chimico è meno solubile dell’altro all’acidità della placca batterica. Tutto qui.
Il metabolismo dello smalto dentale ha un ricambio di circa 20 anni, questo è il motivo per cui le pastigliette non servono agli adulti
Oggi c’è anche la novità di una idrossiapatite micronizzata che è stata sintetizzata dal Laboratorio di strutturistica chimica biologica e ambientale dell’Università di Bologna.Viene usata in un nuovo dentifricio, ma la cosa mi lascia un po’ scettico per lo stesso motivo del fluoro, mi dispiace perché tanto tempo fa diedi il mio esame di chimica proprio al Ciamician, l’Istituto di Chimica dell’UNIBO.
Basta, se son stato troppo lungo bannami, ma comunque complimenti per il post.
Grazie per le informazioni esaurienti sul fluoro! io penso di non averne bisogno, qui bevo acqua di fonte (imbottigliata, lo confesso, quella del rubinetto sa di cloro!) delle pendici del Teide, vulcano spagnolo...
RispondiEliminaAi miei figli nei primi anni '70 davano alla Scuola Elementare (a questo mi riferivo nel testo) la pastiglietta di fluoro. Penso che ci volesse, vivevamo nella pianura lombarda.
Sapevo dell'effetto sullo smalto degli antibiotici, non sapevo che fossero le tetracicline in particolare.
Penso che le tue spiegazioni possano essere utili anche ai (non molti, ahimé) lettori di questo post, per cui ti ringrazio anche a nome loro.