Le piante purtroppo, a differenza degli animali, in particolare gli uomini, non hanno certe possibilità di difesa, non possono né prevenire gli attacchi né fuggire né procurarsi (se non limitatamente) l'acqua o le sostanze che sono loro necessarie: pur avendo in dotazione mezzi di difesa da certe malattie o parassiti, non sempre sono loro sufficienti per vincere la battaglia.
Per poter coltivare proficuamente sono allora indispensabili i fitofarmaci e i pesticidi: anticrittogamici, insetticidi. (Sul controllo degli insetti per mezzo di feromoni ho già parlato tempo fa nel post I feromoni e la patata... )
Ecco, anche per quel che riguarda i fitofarmaci tengo fede alle mie idee etiche sulla sperimentazione animale, però per lo meno, rispetto agli altri farmaci, i pericolosi effetti collaterali possono essere limitati, purché... ovvio, purché vengano utilizzati nei modi, tempi e dosaggi previsti.
Anni fa ho dovuto conseguire il “patentino” di Manipulador de productos fitosanitarios, obbligatorio per poter curare la mia vigna. Ricordo che parecchi dei compagni di corso, agricoltori di professione, dopo aver ascoltato l'insegnante che raccomandava di usare solo le dosi consigliate e non superarle, commentavano tra di loro che avevano sempre usato dosi superiori a quelle consigliate perché se una dose era efficace, una dose e mezza era ancor più efficace!
Ovviamente questo comportamento è altamente scorretto, perché oltre a provocare fitotossicità ovvero avvelenare letteralmente la pianta che si vorrebbe proteggere contribuisce al fenomeno della selezione di ceppi resistenti, esattamente come avviene con gli antibiotici usati male per gli animali, tra cui l'uomo.
Occorre poi sempre tener presente la tossicità sia per gli umani, che devono somministrare questi veleni proteggendosi bene con le apposite tute, mascherine e guanti, sia per gli animali: quelli domestici possiamo allontanarli dal pericolo, ma gli altri (uccelli, pesci -dove ci siano corsi d'acqua, conigli selvatici, soprattutto api...) rischiano gravi intossicazioni, fino alla morte.
Certo, il dosaggio corretto non viene facilitato dalle istruzioni stampate sulle etichette: forse a chi deve salvaguardare le coltivazioni di un'estensione di terreno di vari ettari, utilizzando all'upo macchinari pesanti, può risultare utile sapere che la dose corretta è di tot litri di principio attivo per ettaro, ma è già più difficile -lo insegna solo l'esperienza- calcolare quanti ettolitri di mistura principio attivo/acqua diluente saranno necessari per coprire tutta l'estensione.
Chi poi ha piccole estensioni (penso per esempio al mio vigneto, a tanti piccoli campi risultanti dalle divisioni ereditarie avvenute nei secoli, agli orti sia di campagna sia di città) avrà notevoli difficoltà nel calcolare il dosaggio. Se almeno le istruzioni indicassero quanti cc o grammi di prodotto occorrano per ogni 100 litri d'acqua, con un rapido calcolo si potrebbe determinare la dose giusta.
Questo benché lo strumento più usato per diffondere i fitofarmaci su piccole e medie estensioni sia lo zainetto da 16 litri, misura che complica leggermente il calcolo. Un qualche motivo per questa strana misura esisterà pure, vedo che qui, ad esempio, non si trovano le damigiane da 25 o 50 litri come in Italia, al contrario si usano damigianette da 16 litri nominali, quelle da 8 e bottiglioni da 4. Mah!
Ma torniamo a bomba. Volevo parlare dei fitofarmaci che occorrono principalmente per la vigna.
Le malattie principali che possono colpire la vite sono di tipo micotico e chiunque sa quanto sia difficile combatterle. Certamente ci sono anche i parassiti animali (basti pensare alla fillossera, che per fortuna in Canarias non è ancora arrivata, mentre invece impera la cocciniglia lanosa, “allevata” soprattutto in passato per produrre l'omonimo colorante naturale), ma qui dato il clima relativamente tiepido e abbastanza umido, soprattutto in certi anni le micosi la fanno da padrone.
Le micosi della vigna possono variare molto da un anno all'altro, perché per proliferare ciascuna ha bisogno di un determinato ambiente al momento in cui la pianta è a un determinato punto di sviluppo.
le cosiddette "macchie d'olio" |
Tradizionalmente contro l'oidio si usa la polvere di zolfo. Purtroppo però questa ha effetto molto limitato anche nel tempo: prima di tutto è efficace solo per contatto, ovvero solo per le foglie su cui viene aspersa, quelle che nascono successivamente non sono protette; inoltre può essere lavata via facilmente da una pioggia consistente. Comunque si degrada e perde efficacia dopo circa una settimana, per cui i trattamenti preventivi devono essere frequenti. Nell'orto ha il vantaggio di non richiedere particolari attenzioni perché è sufficiente il lavaggio per poter utilizzare subito gli ortaggi per l'alimentazione. Anche i problemi di tossicità per l'uomo sono particolarmente limitati, in pratica è solo irritante soprattutto per gli occhi.
Ma ci sono altri metodi più efficaci per proteggere la vigna (e le altre piante, chiaro). Ci sono per esempio i fitofarmaci con effetto penetrante: questi non si limitano a proteggere la superficie, ma passando da una lamina fogliare all'altra penetrano in profondità, per cui sono più efficaci anche in caso di pioggia. Nei primo stadi dell'attacco micotico sono anche curativi. Proteggono comunque solo le zone trattate direttamente e anche questi si degradano dopo pochi giorni perdendo efficacia.
L'efficacia maggiore l'hanno i prodotti sistemici che, assorbiti dagli strati superficiali, vengono poi portati attraverso la linfa in tutto l'organismo della pianta. Hanno effetto preventivo ma anche curativo durante i primi stadi dell'infestazione. Il loro effetto resiste alle piogge, e in genere dura più tempo. Tra questi principi attivi ricordo il tetraconazol C13H11Cl2F4N3O, il penconazol C13H15Cl2N3, il proquinazid C14H17IN202, ma ne sono stati ideati di molti tipi, possiamo dividerli in famiglie, a seconda del loro meccanismo di attacco: ce ne sono che agiscono inibendo la penetrazione del fungo nella pianta, altri ne impediscono invece lo sviluppo una volta penetrato, altri ne fanno seccare gli organi contaminanti... Ignoro molte delle loro formule, so che sono molto complesse, come potete vedere.
tipica forma a S del grappolo attaccato dalla peronospora |
Per avere invece un'attività sistemica con effetto anche curativo ci rivolgiamo invece a fitofarmaci di formula più complessa, per esempio il benalaxil C20H23NO3 [methyl N-(phenylacetyl)-N-(2,6-xylyl)-DL alaninate] o il metalaxil C15H21NO4.
Si presenta per ultima, attaccando direttamente gli acini -spesso approfittando di lesioni già procurate dalle altre micosi- la botrytis o muffa grigia, che produce sostanze tossiche per l'uomo (micotossine).
uva nera colpita da botrytis |
Ma non tutte le uve sopportano così stoicamente l'attacco: le uve nere in generale e la maggioranza delle bianche vengono attaccate in maniera più nociva, con rottura degli acini e perdita delle qualità organolettiche.
Pertanto è assolutamente necessario, nelle zone che presentano le condizioni climatiche di cui sopra, prevenire l'attacco della botrite per mezzo di appositi anticrittogamici, che dovranno essere somministrati in genere in 1-2 dosi, poiché a questo stato fenologico occorre preservare i grappoli dal rischio di arrivare a maturazione conservando ancora tracce di fitofarmaci. A seconda delle condizioni meteorologiche e del rischio d'infezione, si possono usare prodotti di contatto, da rinnovare dopo una pioggia come il folpet C9H4Cl3NO2S, o penetranti come il pirimetanil C12H13N3 (almeno 3-4 settimane prima della vendemmia) o anche il metiltiofanato C12H14N4O4S2 (1 sola volta! i suoi effetti durano 35 giorni almeno) o il ciprodinil C14H15N3.
È bene non dare più di 3 trattamenti penetranti o sistemici all'anno, per prevenire la selezione di ceppi resistenti, anzi è meglio variare di anno in anno il principio attivo utilizzato.
Bello! E quante cose!
RispondiEliminaIntanto il dosaggio: una volta da noi per i diserbanti per il mais si usava il quantitativo previsto per un ettaro in una giornata, vale a dire 2,6 volte di più. La consuetudine è caduta in disuso per i costi.
L'antiparassitario peggiore era quello per i pioppi (tarme, camole, non so se il nome è corretto): siccome veniva spruzzato a diversi metri da terra il vento lo diffondeva e veniva davvero da vomitare anche a notevoli distanze. Adesso la coltivazione di pioppi (legno molto tenero, compensato e carta) non è più conveniente, per fortuna.
Sì le rose come monitor per oidio si usano (o usavano, non sono aggiornato) anche nelle nostre zone (abbiamo vini che non temono confronti, in Piemonte, non da noi in pianura).