giovedì 21 novembre 2013

Chimica e letteratura


Prologo

La mia trattazione sarà, lo so, tutt'altro che esauriente, proprio solo un aperitivo per stimolare l'appetito a ricerche sull'argomento; me ne scuso con i tamburisti e gli eventuali lettori, purtroppo per vari motivi che Juhan conosce non ho  il tempo per sviscerare l'argomento, però non volevo rinunciare a parlare della scrittura: uno dei primi ricordi della mia infanzia, e sicuramente il più piacevole, è proprio quello di quando, imparando a leggere, mi si è aperto il mondo!

La scrittura

Lascio che altri parlino della chimica raccontata o citata  nella letteratura, molto più terra-terra voglio parlare del ruolo forse misconosciuto o meglio sottovalutato che la chimica ha nella stesura delle opere.

Non per niente la madre delle Muse era Mnemosine, la dea della memoria:  nei primordi la tragedia, la commedia, la poesia non avevano un supporto fisico, si tramandavano a voce (come in Farenheit 451, ricordate?) ma questo purtroppo portava alla perdita di molte parti di queste creazioni, così come alla paulatina trasformazione più o meno involontaria, quasi un gioco infantile del "telefono senza fili" ante litteram. Inoltre poche persone potevano aver accesso alle recite di queste opere, solo la trasposizione delle stesse su supporti più o meno duraturi poteva garantirne l'inalterabilità nel tempo e la diffusione culturale.




Non che la scrittura non esistesse, ma era per lo più riservata alla narrazione per così dire storica: fin da millenni prima dell'era cristiana l'uomo ha cercato di lasciar traccia dei principali avvenimenti della propria vita o di quella del gruppo etnico di appartenenza , usando vari supporti e vari mezzi di scrittura.
I primi modelli di scrittura erano pittogrammi (rappresentazioni grafiche della forma di un oggetto o animale o persona, penso che in tutto il mondo i vari popoli potessero comprenderli, una specie di primitivo esperanto) o ideogrammi (ovvero simboli convenzionali) poi nacque anche la necessità di creare particolari simboli che indicassero le quantità, insomma i progenitori dei numeri; col tempo questi ideogrammi vennero schematizzati nella scrittura cuneiforme, mentre la scrittura a geroglifici era piuttosto la trasformazione dei pittogrammi unita a fonogrammi (collegati alla pronuncia delle parole).


Come sempre mi limito ad accennare a grandi linee, l'argomento richiederebbe un'intera enciclopedia, vi rimando alla lettura  di chi sa spiegare meglio di me.

 Il supporto

Se all'inizio si trovò il modo di fissare nella memoria questi fatti (non sempre epici! anche solo l'annotazione della quantità del raccolto...) per mezzo dell'incisione su mezzi vari, pietra innanzi tutto ma poi anche tavolette d'argilla, metalli, cera su supporti di legno ecc. con l'andar del tempo nacque forse la necessità di minimizzare il volume occupato da queste "scritture".
Tutti noi abbiamo assistito con sgomento alla crescita inarrestabile del volume della nostra biblioteca e abbiamo accolto con gioia i nuovi supporti informatici, che ci permettono di conservare nello spazio di una scheda di memoria di pochi grammi una biblioteca intera.
Immaginate quindi quale potesse essere la situazione quando i "libri" erano tavole di pietra o piastre di metallo...


Sicuramente per questo motivo già gli antichi egizi si ingegnarono riuscendo a escogitare il papiro, supporto leggero, flessibile e poco ingombrante, ottenuto sovrapponendo più strati alternati orizzontalmente e verticalmente di foglie dell'omonima pianta.

Già questa invenzione permise la trascrizione da parte per esempio dei greci della loro letteratura, il che ci permette ora di godere di immortali pagine che altrimenti nei secoli si sarebbero perse (ahimé, molte si sono effettivamente perse nel famigerato incendio e successivi vandalismi della Biblioteca di Alessandria. )

Se il papiro ha preso nome da una pianta, la pergamena, ideata parecchi secoli dopo, ha preso il nome dalla città di Pergamo dove nacque, ed è costituita da pelli animali (ovine, bovine...) raschiate, macerate in acqua di calce e fatte asciugare sotto tensione per assottigliarle. Con il diffondersi della scrittura dall'area mediterranea a zone più nordiche rappresentò un modo per affrancarsi dalla dipendenza per l'approvvigionamento dai paesi dove cresce il papiro.

pergamena
Per qualche secolo papiro e pergamena (detta anche cartapecora) coesistettero, poi verso il III secolo d.C. la pergamena sostituirà completamente il papiro, per venire però a sua volta affiancata dapprima e sostituita poi completamente secoli dopo dalla carta, ricavata da un impasto di varie fibre vegetali.

La carta

La carta venne ideata dai Cinesi in epoca incerta, comunque non oltre l'inizio del secolo II, importata poi nel medio oriente e da lì all'Europa verso il XII secolo. Indipendentemente venne inventata, pare, anche dai Maya verso la metà del primo millennio, ma in realtà credo si sappia ancora poco delle migrazioni dei popoli dell'epoca, non escluderei che la tecnica fosse importata dall'estremo oriente (vabbè, per loro occidente...)
Dapprima veniva preparata con fibre di vario genere, riciclando anche tessuti, stracci, cascami. Però la diffusione della letteratura scritta richiedeva sempre maggior quantità di supporto fisico.

Con l'utilizzo della pasta di legno si fece un vero balzo in avanti, qualitativamente e quantitativamente, nella produzione della carta.
Coll'avvento dell'era industriale si iniziò a produrre carta in modo efficiente, partendo dalla pasta di legno liberata meccanicamente con mole di pietra per sfibrare tronchi d'albero. Aggiungendo colle animali si ottenne anche una certa impermeabilizzazione, per impedire che l'inchiostro imbibesse eccessivamente la carta, rendendo la scrittura poco leggibile.


Successivamente venne prodotta la pasta di legno chimica, ottenuta per cottura di tronchi di conifere con bisolfito di calcio Ca(HSO3)2. È composta principalmente di cellulosa, un polisaccaride, macromolecola formata da una lunga catena di monosaccaridi (C6H10O5)n. La sola cellulosa però renderebbe la carta troppo porosa, pertanto si aggiungono vari composti organici tra cui gelatina animale e colofonia (resina vegetale) e inorganici (caolino, solfati, carbonati...).

L'aggiunta per esempio di caolino o silicato idrato di alluminio Al4[(OH)8*Si4O10] o di talco silicato idrato di magnesio Mg3[(OH)2*Si4O10] produce carta patinata, abbastanza impermeabile per cui assorbe meno l'inchiostro rendendo i caratteri più nitidi.

L'inchiostro

Ovviamente le basi fisiche dal papiro in poi richiesero mezzi diversi di scrittura: non più oggetti appuntiti per lasciare traccia incisa sui materiali.

Ed ecco nascere l'inchiostro.
Già ai tempi dei Romani si usava un inchiostro composto da gallato di ferro, risultante dalla reazione fra un tannino (polimero complesso di origine vegetale, una delle sue formule possibili è C14H14O11) e solfato ferroso FeSO4 con aggiunta di gomma arabica come addensante.


Chiaramente vennero poi inventate moltissime diverse formule per l'inchiostro, più o meno denso, anche con colori diversi, contenenti percentuali varie di sostanze coloranti (5-25%), solventi (acqua o altro), collanti, resine, tensioattivi...

Attualmente ne esiste una gran varietà, preparati con coloranti solubili o con pigmenti sia organici -tratti generalmente da vegetali-  sia inorganici preparati con minerali vari, insolubili ma disperdibili in acqua o oleoresine, con aggiunta di numerosi additivi per ottenere le caratteristiche occorrenti.

Fin qui per la scrittura a mano.
Con l'avvento però della stampa, occorse un tipo di inchiostro adatto, non troppo assorbibile dalla carta, più viscoso, per esempio ottenuto da nerofumo (fuliggine), olio di semi di lino e trementina.

 La stampa

L'invenzione della stampa a caratteri mobili ideata in Europa (in Asia già esisteva da tempo, figuriamoci!) da Gutenberg nel XV secolo, unita alla produzione di carta da pasta di legno, permise di stampare finalmente i libri in innumerevoli copie.

 Nel XVI secolo iniziò ad apparire anche la stampa di notiziari informativi (gazzette, l'equivalente stampato degli acta diurna dei Romani, insomma i progenitori degli attuali quotidiani).



In cosa consistono i caratteri mobili? si tratta di blocchetti, incisi su matrici d'acciaio per mezzo di bulini di acciaio più duro, riportanti le varie lettere dell'alfabeto, i segni d'interpunzione e vari segni grafici. In queste matrici o stampi per ottenere i caratteri in positivo si cola una lega, formata da piombo, antimonio e stagno in percentuali variabili nel tempo e a seconda della zona di produzione, attualmente si preferisce il 60% di Pb con il 25% di Sb e il 15% di Sn.

Questi caratteri in lega metallica vengono affiancati l'uno all'altro nella composizione del testo (un tempo a mano, poi a macchina con la Linotype). Una volta preparata la pagina la si inchiostra per poi trasferire la scrittura sulla carta, reinchiostrando quando occorre. Alla fine della stampa la pagina viene smontata nelle sue componenti e i caratteri riutilizzati per altre composizioni.



Con la Linotype e le macchine rotative si sono potute raggiungere tirature di stampa notevoli e i libri e i giornali sono stati alla portata di tutti.


Questo post partecipa al  33º  Carnevale della Chimica presso unpodichimica  di  Margherita Spanedda

5 commenti:

  1. Si sente che questo è un argomento che ti appassiona.
    Post interessante (da approfondire in vari punti naturalmente) e piacevole da leggere nonostante la "consistenza". Grazie

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  2. Ci sono argomenti di cui non si vorrebbe parlare, come per esorcizzarli: il destino della nostra carta è tra questi. Contrariamente alla carta prodotta con mezzi meccanici fino a circa il 1850, la maggior parte di quella prodotta successivamente è stata ottenuta più economicamente con nuovi processi chimici; per questo conserva tracce di acidità che la renderanno fragile, e sempre più friabile. Già oggi molti libri del XX secolo sono in peggiori condizioni di quelli di due secoli fa. D'altra parte i supporti digitali hanno anche una maggiore caducità fisica, e durano pochi lustri al massimo...
    Immagino tu lo sapessi già, e volutamente non ne abbia parlato...

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    1. Sì, Piero, purtroppo i supporti digitali non sono eterni! una iscrizione latina incisa su pietra sarà ancora lì quando la quarta o quinta generazione di supporti digitali sarà ormai illeggibile (vuoi per la sua intrinseca natura vuoi perché non esisteranno più le macchine per leggerli).
      Ne ho parlato in un post sulle macchine da ufficio: le schede di cartoncino con banda magnetica su cui venivano memorizzati i calcoli degli stipendi nella mia scuola già non sono più leggibili (indipendentemente dall'essersi o no smagnetizzate).
      I film che abbiamo registrato su videocassette (non si trovano più in vendita i registratori/lettor), la musica che abbiamo immortalato (così credevamo) sui nastri del Gelosino e successivi, i documenti che abbiamo scandito per poi conservarli su un CD... tutto è sparito o sparirà a breve. L'unica cosa che possiamo fare è continuare a riversare tutto quanto sui nuovi supporti (già i floppy disk di dieci anni fa li ho copiati sui CD e DVD, da questi dovrò sicuramente presto copiare sulle minischede di memoria SD... e così via).
      Neppure la carta è eterna, giustamente hai notato il peggioramento nella sua produzione. Speriamo che gli ereader impediscano la sparizione di tanti importanti testi, poi a loro volta dovranno essere sostituiti...

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    2. Uh! Gelosino tre-faccine-di-Marco-qui!
      E che dire di noi poveri programmatori che hanno perso le roba di 30 anni fa, a meno di aver conservato le schede perforate.
      Poi sopravviverà chissà cosa, notizie spesso frammentarie e confuse. Esempio: l'Iliade e l'Odissea sono attribuite entrambe a Omero, cosa dubbiosa assai. Tra mille anni tutta la saga del Mondo Disco sarà dura considerarla tutta di Terry Pratchett. E Fabio Volo o LaTamarra Susanna: possibile che siano esistite persone capaci di condensare tante cazzate. per non parlare del Sommo Moccia.

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  3. Gran bel problema quello della durata dei dati digitali; problema ancora non risolto.
    Su Google+ un bel video di Piero Angela del 2011 ma ancora attuale.

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