sabato 16 novembre 2013

L'incorruttibile lega... (davvero?)


Nel nostro blog si parla spesso di musica, sia classica (soprattutto Leonardo, l'esperto) sia leggera (Juhan e io stessa siamo nostalgici delle canzoni della nostra gioventù...)
Quello di cui generalmente non si parla è dell'arte figurativa. Anzi, penso che d'ora in poi mi incaricheró io di parlarne, ogni volta che visiterò una mostra (la prossima sarà una di Sorolla).

Per questa volta invece tocca alla scultura. Ufficialmente, come le altre arti figurative, non ha una figura protettrice (ora si direbbe sponsor?) fra le classiche nove Muse, ma penso che meriti di averne una sua propria: voi chi consigliereste, tra i personaggi mitologici, per questo ruolo? Io so già per chi voterei, per Vulcano. Ovvio, è il più adatto ad avere a che fare con colate roventi di bronzo fuso...


Ho un debole particolare per la scultura, sia in marmo sia in bronzo, tra l'altro mio suocero (ahimé morto giovane) era uno scultore affermato, ho passato molto tempo nel suo studio e l'ho visto al lavoro per cui conosco abbastanza l'argomento, di prima mano.
Ma andiamo con ordine.

Il bronzo

Dire “bronzo” è riduttivo, in effetti ne esistono di varie composizioni, a seconda dell'uso cui sono destinati. La lega basica è di rame e stagno, ma in proporzioni variabili a seconda dell'uso: per esempio, per medaglie e monete si preferisce una percentuale tra il 3 e l'8% di Sn, per ottenere l'optimum tra coniabilità e resistenza all'usura.
Anche il rame può essere contenuto in quantità variabili, dal 50% fino a più del 95% , in modo da ottenere bronzi di colore diverso, da quelli di aspetto giallo chiaro o chiarisssimo (perfino bianco nel caso del 50%) fino a quello decisamente rossiccio delle leghe più ricche di Cu, passando attraverso le varie tonalità di giallo più o meno intense.
Un altro elemento usato nella lega soprattutto nell'antichità è il piombo, a parziale sostituzione dello stagno, dà una colorazione più scura alla lega. Altri metalli ancora: alluminio, nichel, zinco...

Come nasce una scultura in bronzo

Innanzitutto nasce la delineazione del progetto, con uno schizzo o disegno di massima. Nel caso la scultura vada inserita in un contesto architettonico, è il caso di preparare anche un disegno per tale inserimento.



Successivamente l'artista in genere prepara un bozzetto in plastilina dell'opera, che potrà poi essere modellata  a seconda del caso in dimensione ingrandita rispetto allo stesso, a volte mooolto ingrandita (la Via Crucis di mio suocero è composta di due fasce in altorilievo della lunghezza totale di 45,52 metri, alte 2 metri, con le figure in grandezza naturale, ovviamente realizzata in varie parti successivamente saldate dopo la fusione: all'epoca era la più grande Via Crucis realizzata, non so se a distanza di tanti anni mantenga il primato).

Piero Brolis - Via Crucis (1963-1971)
Tempio di Ognissanti - Cimitero di Bergamo

Inizia poi la preparazione del supporto: una scultura sia pur piccola di plastilina difficilmente potrebbe reggersi autonomamente, occorre un'anima (di fil di ferro ad esempio) su cui l'artista modellerà la plastilina. In alcuni casi (la Via Crucis suddetta) occorre anche un'intelaiatura, in quel caso di tubi di metallo, se ben ricordo.

La modellatura

Il materiale usato per modellare può essere svariato, dalla cera alla terracotta, ma in genere per poter poi “riversare” l'opera in bronzo si usa la plastilina, che è un composto grigiastro che tira un po' al verde, da non confondere con il Pongo o analoghi -ha consistenza un po' diversa- che può avere anch'esso varie componenti, in varie proporzioni, principalmente caolino o silicato basico di alluminio Al2Si2O5(OH)4, specie di argilla, con aggiunta di cere, lanolina, glicerina C3H8O3 (ricordate? è un sottoprodotto della preparazione del sapone), zolfo (ricordo l'odore), polvere di rocce calcaree.

È un materiale riutilizzabile più volte, di fatto qualche volta sono stata addetta a ripulirlo dalle tracce di gesso. Manipolandola con le mani il calore del corpo la rende più morbida.
La plastilina viene aggiunta alla statua a poco a poco e modellata con le dita e con attrezzi adatti.


Quando la scultura in plastilina è pronta, ovviamente non potrebbe essere conservata indefinitamente, occorre fissarla in una copia in gesso.

La formatura in gesso

Qui lascio la parola o meglio l'immagine a questo bellissimo filmato, spiega più di quanto potrei fare io con le parole. Da notare che in questa fase si perde l'originale modellato dallo scultore, la plastilina viene tolta dalla forma (o stampo o negativo) e riutilizzata. Notate anche quanto sia rischioso liberare il nuovo positivo (calco in gesso) con gli scalpelli, un minimo errore potrebbe rovinare l'opera.  



Nel filmato viene anche spiegata la “puntatura” per la trasposizione al marmo, ora però non ce ne occuperemo, mostro solo un confronto tra scultura in bronzo e scultura in marmo, dallo stesso gesso.


 P. Brolis  "Icaro"  1971- bronzo cm 50

                       P. Brolis  "Icaro" 1971 - marmo di Carrara cm 121
                                       Museo Elvetico dei Trasporti, Lucerna












Ottenuta la copia in gesso della scultura modellata, ed eventualmente ritoccata con gesso dall'autore, se si vuole renderla veramente duratura occorrerà trasformarla in bronzo. Occorrerà uscire dallo studio dell'artista dove si sono compiute le fasi precedenti, e trasferirci a una fonderia d'arte.

La fusione
Fonderia artistica Cigli e Carrai
Arrivata alla fonderia, la nostra statua, ora in gesso, dovrà essere sottoposta a una nuova copia con un ulteriore processo di positivo → negativo → positivo per ottenere una copia in cera.
Il gesso però non andrà perso e potrà essere riutilizzato come abbiamo visto sopra per scolpirne una copia in marmo, o conservato, volendo, in una gipsoteca e anche patinato per migliorarne la durata nel tempo.
La copia in cera, previa intelaiatura di tubetti di cera per la colata del bronzo, si coprirà con uno spesso strato resistente di materiale refrattario e si scioglierà e volatilizzerà al calore della fornace (cera persa) lasciando un nuovo calco di se stessa, che verrà successivamente riempito dal bronzo fuso attraverso i canalini o tubetti, detti colate.


Una volta raffreddato, il guscio di materiale refrattario verrà aperto, rivelando finalmente la statua in bronzo, che dovrà ancora essere liberata dai canalini di entrata della lega fusa.
Anche in questo caso lascio parlare le immagini, più eloquenti delle mie parole.



Il “cancro” del bronzo

Una volta  nata  la scultura in bronzo, occorre preservarla  dagli  agenti atmosferici, soprattutto se verrà esposta all'aperto. Infatti i “bronzi” (per metonimia si chiamano  così  le statue di questo  materiale, così  come avviene con   i “marmi”)  possono, a  causa dell'acidità  dell'ambiente, sviluppare il cosiddetto “cancro del bronzo” o nantokite o CuCl (si ritrova  soprattutto  nei manufatti  rimasti alcun tempo nel sottosuolo, esposti al  contatto con acidi, carbonati, cloruri di sodio o di rame ecc. che  reagiscono con  la lega, soprattutto  in presenza di umidità).  Si presenta come una polverina di colore azzurro-verde che si sfarina al tatto, e si estende corrodendo in profondità come suggerisce il nome.  


Si cerca di “curarlo” ovvero di trasformare il composto in altro sale più stabile neutralizzando i sali di cloro presenti, facendolo reagire con benzotriazolo C6H5N3, che si presenta come una polvere bianca che si scioglie in acqua pura per poi immergere l'oggetto “malato”. Il benzotriazolo è un composto altamente tossico e forse cancerogeno (per l'uomo, questa volta!).

La patinatura

Come protezione e impermeabilizzazione, ma anche per ottenere effetti speciali di colorazione non ottenuti direttamente con la lega, i bronzi vengono in genere sottoposti all'operazione di “patinatura”. In pratica si tratta di una reazione chimica voluta e controllata (in contrapposizione alla ossidazione incontrollata e corrosiva del già citato cancro del bronzo), che si ottiene per reazione con svariati composti. Quanto più la patina è sottile tanto più è pregiata perché non altera i contorni della scultura (soprattutto in un piccolo bronzo una patinatura spessa potrebbe rendere poco leggibili le forme).
La patina può anche essere il risultato di un processo naturale, dato dall'esposizione della lega all'ossigeno atmosferico, agli elementi inquinanti dell'aria e agli agenti atmosferici (la pioggia stessa favorisce processi di scambi di ioni).
La cuprite o ossido cuproso Cu2O, di colore rosso brunastro, si forma attraverso l'ossidazione del rame, componente principale del bronzo, in alcune condizioni si converte in tenorite o ossido cuprico CuO, di colore grigio nerastro.
Se il bronzo è rimasto parecchio tempo nel sottosuolo (il caso dei reperti archeologici), è facile che a contatto con carbonio e l'umidità abbia reagito formando azzurrite Cu3(CO3)2(OH)2 o malachite Cu2(CO3)(OH)2, dai bei colori: la prima azzurra come dice il nome, la seconda di un bel verde.

malachite
Il permangato di potassio KMnO4 dà una patina scura.
La calconatroniteNa2(CuCO3)23H2O
colora di blu/verde scuro
e altre sostanze ancora, con le quali in pratica si possono ottenere una moltitudine di colori.

Sulla stessa statua, con accorgimenti, si possono usare vari reagenti per dare una patina molto interessante. Guardate il bellissimo bronzo policromo “Arcimboldo” dello scultore Paul Suttman


Altre dello stesso autore:
Cadent/Expulsion from the Garden

The source

Ecco di seguito l'esempio di una statua esposta alle intemperie, la cui patina originaria si è alterata per effetto degli agenti atmosferici: come ho notato da vicino, nelle parti in cui la patinatura è stata consumata (forse anche dalle carezze di tante mani!) il bronzo appare di colore giallognolo (labbra, bordi del grembiule, bordo del secchio...) il che conferma che il color “bronzo” della scultura nuova era dato dalla patinatura. Inoltre gli agenti atmosferici hanno fatto la parte loro, reagendo con la patina esistente e qua e là producendone una verde (si noti l'acqua nel secchio, era appena piovuto quando ho scattato la foto, inoltre la statua è situata a pochi passi dal mare, con conseguente esposizione al salmastro). 
                    


"Pescadora" - Julio Nieto



Tranquilli! Non è cancro del bronzo, ho verificato grattando gentilmente con l'unghia, è una patina ben solida e non polverosa...
Insomma, penso di avervi dimostrato che il bronzo non è solo un materiale inerte, ma che può prendere vita e viverla autonomamente.

P.S. avete capito, vero, lo scherzoso gioco di parole del titolo?

Questo post partecipa al  33º  Carnevale della Chimica presso unpodichimica  di  Margherita Spanedda



7 commenti:

  1. Risposte
    1. Rasserenati, Juhan, non si tratta dei tuoi padani-mai-stati-leghisti! ;-)

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    2. Due robe:
      1) era pre-caffè e poi sai com'è nel giorno del Silvio... con moderati che ti raccomando;
      2) bello il post, bello l'argomento scultura; per dire sulla mia macchina c'era, copra al radiatore a forma di tempio greco una Nike (pron. naiki).

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    3. Peccato non si possano correggere i commenti, s/copra/sopra/ ovviamente.

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    4. Non ce l'hai più? peccato, allora non puoi portarmi a fare un giro quando verrò a trovarti! mi sarebbe piaciuto salire su una Rolls.

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  2. Tutto molto interessante; un signor post. Addirittura penso di rileggerlo per approfondire alcune delle fasi di cui hai scritto. E poi il tuo ex suocero... bellissima la via crucis.

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  3. Affascinante ho scoperto un sacco di cose! Grazie

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