giovedì 22 agosto 2013

CARGO CULT SCIENCE by Richard Feynman - Traduzione italiana


Questo è il testo del discorso inaugurale tenuto agli studenti del Caltech di Pasadena in occasione dell'apertura dell'Anno Accademico 1974-75 da Richard Feynman, premio Nobel per la Fisica nel 1965, studioso di indiscussa umanità e grande simpatia e senza dubbio uno dei maggiori fisici teorici di questo secolo. La traduzione in italiano di Sylvie Coyaud (liberamente modificata da Marco Anni sempre tenendo presente il testo originale) è ripresa dall'edizione italiana della biografia di Richard Feynman "Sta scherzando, Mr. Feynman" edita da Zanichelli.

[...] Più di una volta, parlando con miei ex-studenti (mesi od anni dopo che avevano sostenuto il mio esame di laboratorio), mi sono sentito dire che parte dei loro dati era stata modificata in modo che i risultati finali fossero più "accettabili". Questo mi ha fatto capire di non esser riuscito a insegnar loro una delle componenti fondamentali della ricerca scientifica, ossia l'onestà; per questo motivo, nell'ultima lezione, ho cominciato a distribuire in aula copie di questo testo: sperando che un'intelligenza superiore alla mia potesse meglio comunicare ai miei studenti questi concetti. [...]
Marco Anni 


Cargo Cult Science

by Richard Feynman

Nel corso del Medioevo si è creduto in numerose idee balzane, come quella secondo la quale un pezzo di corno di rinoceronte aumenterebbe la potenza sessuale. Poi però venne scoperto un metodo per selezionare le idee, che consisteva nel provare a farle funzionare: se esse non funzionavano, dovevano essere eliminate. Il metodo si affinò, divenne scienza, e come tale ebbe larga notorietà, a tal punto che l'era in cui oggi viviamo viene talvolta chiamata "era scientifica". La nostra è un'era talmente scientifica che ci è difficile oggi capire come possano mai avere avuto successo nel passato gli stregoni, dato che nulla di quanto essi hanno proposto, o quasi, ha funzionato. Eppure ancora oggi mi capita di incontrare gente che ad un certo momento porta la conversazione sugli ufo, sull'astrologia o su qualche forma di misticismo, di coscienza allargata, telepatia, parapsicologia e roba simile.
Io da questo ho concluso che non viviamo in un mondo realmente scientifico.

La gente crede, a volte, a cose talmente strane che ho voluto cercare di capire perché. E così quella che è stata definita la mia curiosità per la ricerca mi ha trascinato in mezzo a cumuli di idiozie tali che mi sono spesso trovato senza parole. Dapprima mi sono occupato di fenomeni mistici: sono entrato in cassoni di isolamento sensoriale ed ho provato ore ed ore di allucinazioni, esperienze su cui ora dispongo di molti dati. Poi mi sono recato ad Esalen, una roccaforte di questo tipo di pensiero parascientifico (un bellissimo posto; dovreste andarci anche voi, un giorno o l'altro). E mi sono veramente trovato senza parole: non sapevo che in quelle pseudodiscipline potesse rientrare così tanto.
Ad Esalen ci sono vasche, alimentate da fonti calde, a circa dieci metri sopra l'oceano. Una delle esperienze più gradevoli della mia vita è stato sedere in una di quelle vasche, guardare le onde che si frangevano sulle rocce in basso, ammirare il cielo azzurro sopra di me e studiare le belle ragazze nude che prendevano posto nella vasca accanto.

Un giorno ero al bagno, ad Esalen e vicino a me c'erano una stupenda ragazza ed un ragazzo; apparentemente non si conoscevano. Cercai subito un modo di far conversazione con la ragazza ma, mentre riflettevo, il ragazzo le chiese: "Senti, studio da massaggiatore: posso fare pratica su dite?" "Certo", rispose lei; uscirono dalla vasca e lei si sdraiò su di un tavolo da massaggio.
"Che approccio!" mi son detto, ammirato: "Io non ne avrei mai immaginato uno del genere."
Intanto lui le massaggiava un alluce: "Ora lo sento" fece il ragazzo, "sento un piccolo incavo, è la ghiandola pituitaria?" "Lei è ben lontano dalla ghiandola pituitaria, giovanotto!" sbuffai io. Mi guardarono inorriditi, mi ero tradito e lui chiarì offeso che era uno studioso di riflessologia.
Chiusi gli occhi e finsi una profonda meditazione.

Questo è un esempio di ciò che mi sconvolge. Mi sono occupato anche di percezione extrasensoriale e di fenomeni paranormali. All'epoca andava di moda un certo Uri Geller: era in grado, si diceva, di piegar le chiavi accarezzandole con le sue dita. Geller mi invitò nella sua stanza d'albergo, a seguire una dimostrazione di lettura del pensiero e piegatura di chiavi: nel pensiero non mi lesse niente, credo che con me non ci possa riuscire nessuno. Mio figlio gli diede una chiave e Geller la strofinò: non accadde nulla. Allora disse che funzionava meglio sott'acqua. Riuscite ad immaginarci, tutti in piedi nel bagno, con l'acqua che scorre sulla chiave, nel lavandino e Geller che invano la strofina con le dita? Non successe nulla e così non ho potuto studiare nemmeno questo fenomeno.

Volli così approfondire anche altre credenze e pensate come sarebbe stato facile indagare sugli stregoni, per scoprire che nessuno dei loro poteri realmente funzionava. Ma mi occupai invece di cose in cui un numero ancora maggiore di persone crede: ad esempio, della convinzione che abbiamo di conoscere il modo di educare i giovani.
Grandi scuole di pensiero propugnano stupendi metodi per insegnare la letteratura, la matematica e così via: ma se ci fate caso l'erudizione peggiora col tempo, o comunque non migliora; nonostante gli insegnanti, in tutti quei campi, continuino un giorno dopo l'altro ad impiegare questi metodi stupendi. Questo sì è un agire da stregone, un agire che non funziona! Andrebbe controllato; come fanno a stabilire che un metodo è realmente efficace?
Un altro esempio: il modo di trattare i delinquenti. È chiaro che in questo campo non è stato fatto alcun progresso; tanti metodi, ma niente progressi: altrimenti il numero di reati diminuirebbe. Eppure questi metodi sono detti scientifici. Li studiamo. E credo che esista molta gente di buon senso che si lascia purtroppo intimidire da queste pseudoscienze.

Una maestra che abbia buone (ma personali) idee su come insegnare a leggere è costretta dal sistema scolastico ad applicare altri metodi, se non addirittura a convincersi che il proprio metodo non può essere quello giusto. O la madre di un monellaccio: dopo averlo in qualche modo castigato, si sentirà magari colpevole per il resto della vita per non aver fatto quella che era la "cosa giusta" secondo gli esperti. Dovremmo davvero esaminare più a fondo le teorie che nella realtà non funzionano, le scienze che non sono scienze.

Gli studi pedagogici e psicologici che ho citato sono esempi di quelli che chiamerei una scienza da cargo cult.
Nei mari del Sud vive un popolo che pratica infatti il "culto dei cargo": durante la seconda guerra mondiale hanno visto atterrare aerei carichi di ogni ben di Dio ed ora vorrebbero che la cosa continuasse. Hanno tracciato sul terreno delle specie di piste; accendono fuochi ai loro lati. Hanno costruito una capannuccia in cui si siede un uomo con due pezzi di legno a mo' di cuffie e da cui sporgono dei bambù a mo' di antenne radio (l'uomo rappresenta il controllore di volo) ed aspettano che gli aerei atterrino. Fanno tutto correttamente; la forma è perfetta e rispetta quella originale: ma la cosa non funziona. Non atterra nessun aereo.

Così parlo di scienze da cargo cult:
sono scienze che seguono i precetti e le forme apparenti dell'indagine scientifica ma alle quali, però, manca un elemento essenziale, visto che gli aerei non atterrano.

A questo punto dovrei indicarvi l'elemento mancante. Sarebbe però altrettanto difficile dello spiegare agli isolani dei mari del Sud come procedere per far funzionare il loro sistema ed arrivare ad un certo benessere. Non si tratta di una cosa semplice, come dir loro di migliorare la forma delle cuffie. Ma c'è soprattutto una cosa che in genere manca nelle scienze da cargo cult: un'idea che tutti ci auguriamo abbiate imparato a scuola; non la esplicitiamo mai, speriamo che la scopriate da soli grazie a tutti gli esempi di indagine scientifica che avete studiato. Ora invece sarà interessante formularla apertamente.

Si tratta dell'integrità scientifica. Un principio del pensiero scientifico che corrisponde essenzialmente ad una totale onestà, ad una disponibilità totale. Per esempio, quando si effettua un esperimento bisogna riferire tutto ciò che potrebbe invalidarlo e non soltanto quello che sembra in accordo con le aspettative; le altre cause che potrebbero insomma originare gli stessi risultati. Bisogna riferire tutti i punti superati di precedenti esperimenti e spiegare cosa sia avvenuto di nuovo (e come); ed accertarsi che anche gli altri possano capire che sono stati davvero superati. Vanno dati i dettagli che potrebbero mettere in forse l'interpretazione, se vi sono noti. Dovete fare del vostro meglio per spiegare qualsiasi eventuale discordanza. Se elaborate una teoria, e la pubblicate, dovete pubblicare tutti i fatti che la contraddicono oltre a quelli che la sostengono.

Ma c'è un problema ancor più sottile. Quando avete sistemato le idee in una teoria completa e la riferite, dovete accertarvi che i fenomeni che la teoria spiega non siano proprio soltanto quelli che vi hanno fatto venire in mente l'idea originale: la teoria, una volta completata, deve quadrare con altri fenomeni ancora. Insomma, occorre fornire tutte le informazioni che aiuteranno gli altri a giudicare il valore del vostro contributo; non si possono dare solo quelle che orientano in una determinata direzione.
Questa idea sarà ancora più chiara se la si confronta, ad esempio, con la pubblicità.
Ieri sera ho sentito affermare che l'olio Wesson non impregna il cibo: beh, è vero. Non è uno slogan disonesto. Ma sto parlando di qualcosa di più: l'integrità scientifica si colloca ad un livello più alto della non-disonestà. Quello slogan pubblicitario avrebbe dovuto aggiungere che nessun olio impregna il cibo, se usato alla giusta temperatura. Ad una temperatura diversa, invece, tutti impregnano il cibo, compreso l'olio Wesson. In questo modo si fornisce un rapporto d'implicazione causa-effetto, non il semplice fatto (che in sé è vero). Questa è la differenza con la quale dobbiamo misurarci.

Sappiamo per esperienza che la verità finisce sempre col venire a galla. Altri scienziati ripeteranno il vostro esperimento e scopriranno se era corretto o no. I fenomeni della natura saranno o no in accordo con la vostra teoria. E magari otterrete una fama temporanea ma, se non avrete lavorato con accuratezza, la vostra reputazione di scienziato non sarà buona. Sono questa integrità, questa volontà di non autoingannarsi, che mancano alla ricerca delle scienze da cargo cult.
Gran parte delle difficoltà, per le scienze da cargo cult, dipendono dall'argomento, o meglio dalla inapplicabilità del metodo scientifico all'argomento. Ma non sono le uniche difficoltà; questi sono i motivi per cui gli aerei non atterrano, ma resta il fatto che non atterrano.

Abbiamo imparato molto, dall'esperienza su come evitare di autoingannarci. Faccio un esempio:
Millikan ha misurato la carica dell'elettrone con un esperimento in cui venivano studiate delle gocce di olio in caduta libera ed ha ottenuto una risposta che oggi noi sappiamo essere non del tutto corretta. Non lo è perché Millikan non aveva il valore esatto della viscosità dell'aria.
È interessante studiare la storia delle misure della carica dell'elettrone dopo Millikan: se riportaste quelle misure su una curva temporale, vi accorgereste che la prima è leggermente superiore a quella di Millikan, la successiva ancora di poco superiore e così via, fino a raggiungere un valore significativamente più grande.
Perché mai non si è trovata subito la cifra più alta? È una storia di cui gli scienziati di oggi si vergognano, eppure il motivo è chiaro. Ogni volta che uno scienziato otteneva un valore molto superiore a quello di Millikan pensava di avere sbagliato e cercava l'errore. Se la misura era vicina a quella di Millikan, non tentava così accuratamente di rintracciare degli errori e di conseguenza eliminava i valori troppo discordanti. Questo ci è servito da lezione e non soffriamo più di questa malattia.

Mi spiace però dire che, a quanto ne so, non esiste un corso universitario che comprenda la storia, la lunga storia di come si sia imparato ad evitare l'autoinganno. Forse contiamo sul fatto che gli studenti la imparino per osmosi. Il primo principio è: non ingannare se stessi. Ma la persona più facile da ingannare siamo proprio noi stessi, quindi occorre molta vigilanza. Se non ingannate voi stessi, sarà poi facile comportarvi in maniera corretta anche verso tutti gli altri scienziati: vi basterà per questo essere onesti nel senso convenzionale del termine.

Vorrei aggiungere una cosa assai meno sostanziale per la scienza, ma di cui sono personalmente convinto: non si deve nemmeno tentare di ingannare i non scienziati, quando si parla "da scienziato". Non vi sto dicendo di non mentire a vostra moglie o alla vostra fidanzata, cioè nella vita quotidiana, quando vi comportate come ogni altro essere umano; vedetevela per questo col vostro rabbino. Parlo di un'integrità ulteriore, specifica; parlo non solo del non mentire, ma del farsi in quattro per mettere in evidenza dove forse si è sbagliato: ciò fa parte dell'agire scientifico. E questa è la vostra responsabilità di scienziati, sia nei confronti dei colleghi sia, secondo me, verso tutti gli altri.

Ad esempio, sono rimasto sorpreso da una conversazione avuta con un amico che doveva parlare alla radio. Si occupa di cosmologia e di astronomia, e si chiedeva come spiegare le applicazioni pratiche delle sue ricerche. "Tanto", dissi io, "non ce ne sono." "Già, ma se dico così non finanzieranno mai più ricerche come la mia." Secondo me, questa era disonestà. Se vi presentate come uno scienziato, dovete spiegare quello che state veramente facendo. Se nessuno vorrà finanziarvi, dopo, beh. . . questa è una decisione che spetta a loro.

Un esempio pratico del principio che vi ho indicato è questo: se avete deciso di verificare una teoria o di spiegare qualche nuovo concetto dovete pubblicarne i risultati, qualsiasi essi siano. Se pubblichiamo soltanto risultati di un certo tipo possiamo far apparire valide le nostre argomentazioni; ma dobbiamo pubblicare anche i dati negativi.
La stessa rigorosa integrità va mantenuta anche quando degli enti governativi vi chiedono un parere. Immaginiamo che un senatore vi domandi se convenga cercar petrolio in una località della sua circoscrizione elettorale e che invece le vostre ricerche concludano che sia meglio farlo altrove. Se non pubblicate i vostri risultati, non avrete dato nessun parere scientifico; sarete stati usati. Se la vostra risposta sarà stata confacente agli interessi dei governanti o dei politici, questi la renderanno nota come argomento a loro favore; altrimenti non la divulgheranno di certo.
Beh, questa non la chiamerei di certo una consulenza scientifica.

Ci sono altri errori tipici di una scarsa scientificità. Quando insegnavo a Cornell parlavo spesso con quelli del Dipartimento di psicologia ed una studentessa un giorno mi descrisse un esperimento che intendeva effettuare. Era stato scoperto che nelle circostanze X i topi reagivano con un comportamento A. Lei si chiedeva se, cambiando le circostanze in Y, il comportamento sarebbe stato diverso e voleva appunto proporre un esperimento per studiare i topi nelle condizioni Y e controllare se la reazione sarebbe o no stata A. Le spiegai che occorreva innanzi tutto ripetere nel suo laboratorio il primo esperimento, per vedere se anche lei poteva ottenere il risultato A nelle condizioni X e solo allora avrebbe dovuto cambiare le condizioni in Y, per vedere se A mutava. Soltanto così avrebbe saputo che la differenza era dovuta alla variante scelta, invece che a qualche altro fattore di cui essa non aveva tenuto conto.
Entusiasta di questa idea, la studentessa andò a trovare il suo professore. "Giammai", disse lui: "la prima esperienza è già stata fatta; ripeterla sarebbe una perdita di tempo". Era il 1947, e la prassi corrente era di non ripetere gli esperimenti nel campo della psicologia, ma soltanto di modificarne le condizioni.

Oggi rischiamo di trovarci nella stessa situazione, persino nel glorioso campo della Fisica. Sono rimasto sbalordito quando mi hanno riferito di un esperimento, svolto con il grande acceleratore di particelle del National Accelerator Laboratory, in cui un ricercatore ha utilizzato dell'idrogeno pesante. Per paragonare i risultati da lui ottenuti a quelli che si sarebbero avuti usando invece l'idrogeno leggero, ha utilizzato i dati di un esperimento con l'idrogeno leggero eseguito da un altro ricercatore; ma con differenti metodi e differenti apparecchiature. Gli ho chiesto il perché ed egli ha spiegato che, col pretesto che tanto i dati ottenuti sarebbero stati per forza uguali a quelli già ricavati in precedenza, non gli avevano concesso l'uso delle apparecchiature (che sono costosissime, e non riescono a soddisfare tutte le richieste dei fisici) per ripetere l'esperimento usando l'idrogeno leggero. Insomma, i responsabili del programma del National Accelerator Laboratory sono tanto smaniosi di nuovi risultati e della conseguente pubblicità (che verrà poi usata per ottenere nuovi finanziamenti) da rischiare di distruggere essi stessi il valore degli esperimenti che pure sono l'unico scopo per cui esiste il laboratorio che essi dirigono.

È spesso difficile per i fisici sperimentali compiere il proprio lavoro nei modi che l'integrità scientifica esigerebbe. Non tutti gli esperimenti di psicologia, però, sono rafazzonati come quello di cui vi ho raccontato. Ad esempio, si sono fatti correre tantissime volte dei topi attraverso dei labirinti di ogni specie senza approdare a nulla di particolarmente significativo; ma nel 1937, però, un certo Young compì un esperimento assai interessante. Aveva costruito un lungo corridoio che aveva su di un lato delle porte da cui i topi entravano e sull'altro ancora delle porte: dietro ad una delle quali veniva posto del cibo. Young voleva
vedere se poteva riuscire ad insegnare ai topi a passare dalla terza porta a partire da quella da cui entravano, qualunque essa fosse. Invece no: i topi si precipitavano sempre direttamente verso la porta dietro la quale si trovava il cibo la volta precedente. Ma come facevano i topi a riconoscere proprio quella, in un corridoio costruito a regola d'arte in modo che ogni porta fosse identica alle altre?
Quella porta doveva avere qualcosa di particolare. Young le riverniciò e poi controllò che la superficie fosse, per tutte, sempre assolutamente identica. Eppure i topi coglievano una diferenza. Forse annusavano un odore di cibo? Young sparse dei prodotti chimici, che modificavano gli odori ad ogni passaggio. I topi continuavano a distinguere una qualche differenza. Suppose allora che i topi si orientassero secondo la luce esterna o regolandosi sull'aspetto del laboratorio sopra di loro, proprio come degli esseri umani avrebbero potuto fare e coprì completamente il corridoio. Niente da fare. Infine scoprì che i topi si orientavano sfruttando gli echi del rumore dei loro passi nel corridoio; e lo cosparse di sabbia finissima. Una dopo l'altra, aveva eliminato ogni possibilità di errori sistematici e poté ottenere infine che i topi passassero dalla terza porta. Ma se rendeva meno rigida una qualsiasi delle sue precauzioni, il comportamento dei topi cambiava.

Ora, dal punto di vista scientifico, l'esperimento di Young merita un 30 e lode; dà senso a tutti gli altri, perché scopre gli indizi seguiti davvero dai topi e non quelli immaginati invece dal ricercatore. Insomma ci indica esattamente le condizioni in cui operare e cosa fare in tutti gli esperimenti simili per renderli accurati ed averne sotto controllo ogni elemento.
Ho studiato gli sviluppi di questa ricerca. Nei resoconti degli esperimenti successivi non si accennava mai a Young. Nessuno faceva uso dei suoi criteri, né copriva di sabbia i corridoi nei quali i topi si muovevano. Continuavano a far correre i topi come prima, senza tener conto delle grandi scoperte di Young e senza citarne le pubblicazioni; e questo perché Young non aveva scoperto nulla di nuovo sui topi.
In realtà egli aveva invece scoperto come ci si deve comportare per sperimentare sui topi.
E trascurare ricerche come queste è tipico delle scienze da cargo cult.

Un ultimo esempio: gli esperimenti sulla percezione extrasensoriale recentemente condotti da Rhine ed altri. Le critiche (e le autocritiche) sono state assai numerose, le tecniche sperimentali sono migliorate e contemporaneamente sono diventati sempre meno clamorosi i risultati, fino a scomparire del tutto. Tutti i parapsicologi sono a caccia dell'esperimento che possa essere ripetuto in identiche condizioni e con identici risultati, così da ottenere dei dati statistici. Fanno correre un milione di topi. . . no, scusate, di persone, ed ottengono un certo risultato. Ma ripetendo l'esperimento non ottengono più un risultato compatibile col precedente. E quindi adesso sostengono che è irrilevante giungere ad un esperimento ripetibile. Ma, questa, è scienza?

Rhine parla anche di un nuovo modo di agire, nel discorso con cui si dimette dalla carica di direttore dell'Istituto di parapsicologia. Nel dire ai colleghi quello che devono fare, raccomanda loro di dedicarsi solo agli studenti che abbiano dimostrato la loro capacità di ottenere con regolarità dei risultati extrasensoriali soddisfacenti e di non perdere tempo invece con studenti magari ambiziosi e dediti, ma che invece ottengano raramente dei risultati.

È assai pericoloso insegnare agli studenti che ciò che si vuole da loro è l'ottenere un certo risultato, invece del modo per condurre un esperimento con integrità scientifica.
Vi auguro una cosa sola: la fortuna di trovarvi sempre in una situazione che vi consenta di mantenere liberamente l'integrità di cui ho parlato e di non sentirvi costretti a perderla per conservare il posto, trovare fondi o altro.
Possiate voi avere questa libertà.
Richard Feynman



PS:
Mi sono permesso di dare una sistematina all'impaginazione, a correggere qualche refuso e ad evidenziare alcuni passaggi; spero di non aver rovinato quella che potrebbe considerarsi un'opera d'arte della Comunicazione ed il più bell'invito mai fatto alla ricerca dell'onestà scientifica ma anche intellettuale in senso più generale.

Era il 1974... siamo nel 2013: cosa abbiamo imparato e messo davvero in pratica degli inviti e consigli di Dick?


7 commenti:

  1. Cosmico, anzi Kosmiko!
    Io mi pensavo, dal solo titolo che l'autore fosse Leonardo. E invece *sorpresa*.
    ☺ ☻ ☺ ☻ ☺ ☻ ☺ ☻ ☺ ☻ ☺ ☻ ☺ ☻ ☺ ☻

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  2. Fantastico questo passo del libro di Feynman! :)

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  3. @ Juhan e Leo

    Kosmiko Feynman! ☺ ☻ ☺

    Discorso assolutamente fantastico. Per quel po' che ho letto io in giro di Feynman, questo è il pezzo che più mi ha dato e che più mi ha emozionato. E non bisogna essere studenti/ricercatori/scienziati... per sentirsi chiamati in causa. L'integrità/onestà scientifica di cui parla è quella stessa onestà intellettuale "generica" a cui tutti noi dovremmo mirare, in tutti i campi; è chiaro che in quello scientifico la cosa acquisisce un rilievo ed un'importanza collettiva (se vogliamo) maggiore.

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  4. Grande Marco davvero un bel pezzo, da mettere in pratica e confrontare con la nostra onestà intellettuale. E non solo nella scienza o nello studio!

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    1. Sarebbe un'idea quella di farne un sunto sotto forma di "regole da ricordare", qualcosa da appendere poi sul frigo, sullo specchio del bagno, sul monitor del PC, in macchina ecc.
      Ma sarebbe una "bestemmia" scorporarne anche una sola parola lasciandone fuori altre

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    2. @Marco: forse sì, forse no. In realtà il libro contiene di tutto, come la vita. Per esempio io l'ho riletto più volte in 2 lingue e ogni volta trovo qualcosa di nuovo. Tempo fa ero alle prese con un paio di persone particolarmente rigide mentalmente (padagni) e trovavo irresistibili i racconti sulle casseforti dei militari: probabilmente padagni fuori sede, senza saperlo.
      E l'inglese dei prof brasiliani? è migliore a quello dei nostri (non tutti ma qualcuno che conosco, mi ci metto anch'io (che non sono prof, nèh!))?
      Sui brasiliani c'è anche la scuola a memoria, toh di nuovo...
      OK, smetto, oggi i commenti non mi vengono bene, nobbuoni.

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    3. @ Juhan
      Mi riferivo solo al discorso fatto agli studenti del Caltech di Pasadena.
      Però mi hai ricordato che è ora che lo compro il libro, anche perché ne ho letto diversi pezzi sul web senza quindi averne un'idea complessiva che solo il libro "completo" può dare.

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