Non bastarono i morti
a placar la tua voglia,
né le dita mozzate,
e gli arti perduti.
Solo può il rumore
colmare il nulla
della tua vita interiore,
affermare la tua esistenza
altrimenti superflua,
tamarro.
Passi che tu offenda
la pace del creato
nell'ora e data nefaste
a te riservate,
spaventando persone
e poveri animali,
tu bestia suprema,
imbecille campione,
peto maleolente
dell’umano.
Ma due giorni dopo,
nel torpore brumoso
di un pomeriggio
infreddolito,
il tuo petardo è infamia,
cifra di cronica stoltezza.
Che Atropo inevitabile
tagli il corto filo
della tua adolescente vita,
prontamente.
Come non condividere?
RispondiEliminaIl poeta sempre poeta é, c'è poco da fare!
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