lunedì 30 aprile 2012

Il bonsai gigante

Questo acero viene da una campagna promozionale (probabilmente qualcosa organizzato dai preti) che ti danno un qualcosa in cambio di un'offerta di 10 euri. E quando era piccolo era come quelli trovati da Bruna, qui.

Ma, avrà pensato la nonna (sarebbe la mia mamma ma adesso si chiama la nonna), perché costringerlo in un vaso così piccolo, ed è anche stato piantato storto. OK, detto fatto, messo in un vaso come si deve il vecchio è stato riciclato come posacenere, anche se in casa nessuno fuma.

L'alberello si è dimostrato felice e riconoscente. Presto si è dovuto rinvasarlo e infine mettere a dimora in piena terra dov'è tuttora e ha superato i due metri d'altezza: il bonsai più alto della Padagna!

Nonna, che nel frattempo ha capito cosa sono i bonsai, nega tutto: mai avrebbe fatto una cosa così!

Ma però --si può dire ma però? chissà se si può?
C'è sempre (quasi sempre, dai!) un però. È un fatto culturale: la piantina deve crescere e in quelle condizioni non può; diamole una possibilità.
Anche perché le piante vanno trattate come si deve. Prendi i gelsi: una volta --prima della guerra-- erano coltivati per le foglie, per i bachi da seta, poi per le more, ma non sono più così importanti. E il muré (gelso) dev'essere scapitozzato (questa parola non me lo sono inventata, guarda qua), ecco, così


Come pure i salici. Ce n'erano di due tipi: venghé per i venk (vimini) usati per legare e percé usati per le perce (pertiche). Le perce servivano per la pantalera, della quale racconto dopo, non fatemi perdere il filo. Trovare un sale non è stato facile ma eccolo


La pianta con la cupa (coppa, scapitozzatura) più bassa è la verna (l'ontano)


Poi ci sono casi particolari: questo ruhl (quercia) faceva ombra ai pannelli solari e allora via la punta




Ma vi starete tutti chiedendo: la pantalera cus'à l'é?
Non ho trovato granché sul Web, questa foto


che fa 'na frisa sgiai (un po' senso): le pannocchie non sono legate con un venk e c'è una retina a protezione dai piccioni, e forse dai topi. L'ho trovata qui.

Poi scopro che la pantalera la sanno fare anche da altre parti, guardate qua, molto lontano dalla Padagna. Capace che questi non parlano neanche piemuntèis.



Piove ma anche con questo tempaccio ho avuto un valido aiutante:



sabato 28 aprile 2012

Ancora fiori, ma non solo.


tagasaste

Dài, ancora qualcuno, non mi stancherei mai di guardarli!
I papaveri, ad esempio, si trovano di vari colori: rosso scuro, rosso chiaro, rosa, lilla, bianchi... Qui ne vedete di tre colori:





bocciolo  aprile 2012 e fiori secchi 2011

In questi giorni, dopo l'agognata pioggia, hanno iniziato a fiorire i claveles del aire ovvero i garofani dell'aria, strane piante che vivono apparentemente solo d'aria e di umidità... Chi visita le Canarie spesso se ne porta via un ciuffo, ma in genere non sopravvivono: hanno bisogno di stare all'aria aperta, dove però non geli mai, e in ambiente umido perlomeno di notte.


fiori giugno 2011


















Abbiamo visto recentemente che si sta diffondendo nei giardini a media altura il tajinaste blanco, mentre i tajinastes rojos prosperano più in alto, dentro l'immenso cratere del Teide.


















Ma non di soli fiori si beano gli occhi.

Questi sono i frutti di una schefflera: scommetto che pochi di voi li hanno mai visti.




E questa è la tenerissima, struggente immagine delle giovani foglie del mio nespolo che stanno per aprirsi: non vi fanno tenerezza?




Contestualizziamo


Forse non tutti sanno che Piobesi Torinese (Piubès)  non è completamente isolato dal mondo. Fa parte della West Padagna, detta anticamente Piemonte (Piemunt).

E benché si trovi in provincia di Torino e disti da questa meno di 20 km, tutti edificati lungo le strade e a Torino lavorino parecchi piobesini i nostri contadini (paisan) si sentono cuneesi. Intendendo per Cuneo la provincia (Pruvincia Granda), limitatamente alla parte pianegiante, fino alla città di Cuneo, esclusa.
E togliere anche i bricchi, quelli sono occitani e, diciamocelo, noi non siamo razzisti, ma quelli sono diversi. Ah, sì, togliamo anche le langhe, dopo Alba, quelli producono vino, buono per carità ma sapete com'è il vino...

Poi salta fuori che la Regione (quella che adesso è governata dal Cota per via che hanno fatto le elezioni, come dire, alla legaiola) pubblica il bollettino Agricoltura.

Bello. E sull'ultimo numero c'è una cartina illuminante, questa


Fa parte di un articolo che non ho capito, scritto in legalese per contadini suppongo. Però quello che m'interessa rimarcare si vede bene, se non ho misinterpretato la figura.
Piobesi l'ho colorato di bianco per evidenziarlo ma era rosso deciso. OK, rosso è anche Torino ma il grosso del rosso (ahemm...) è sotto; quella di cui si diceva all'inizio.


Poi, certo non si capisce tutto: quella macchia rossa sugli Appennini che ci dividono dai liguri cos'è? Heidi si è trasferita lì ed è pieno di caprette che fanno ciao? O c'è il fratello del consigliere regionale? O Heidi è diventata consigliere regionale? O è suo marito? Si sarà sposata ormai anche se onestamente non lo so. A me nessuno dice mai niente.



venerdì 27 aprile 2012

Quiz - la striscia misteriosa

Oggi, durante la passeggiata mi sono imbattuto in questa striscia molto regolare che attraversa tutto il campo.


Misteriosa vero? Qualche idea?
Dai martedì pubblico la soluzione ma sa qualcuno indovina vince ehmm la nostra ammirazione.


Le foto sono grosse grosse per facilitarvi l'indagine, ma non serve, siete fuori strada.
 
Astenersi Giacobbi & affini, non ci sono UFOs, zombies, presenze extraquello-che-volete.

L'inverno è stato tremendo

Un inverno così rigido non si vedeva da anni, tanti. E anche le piante hanno sofferto; alcune non l'hanno superato.

Molti rami secchi per i carpini. Li ho piantati io, hanno più di 40 anni
Nessun problema per questo giovanotto
Questo faceva fiori fucsia (l'ho detto, l'ho detto!) bellissimi
La magnolia cara a nonna, andata
Un noce, da abbattere
Un altro
Le acacie 7 su 12 non hanno neanche una fogliolina, le altre sono messe male
Sullo sfondo un'altra che non ce l'ha fatta
Mi accompagna anche Nuova; se volete potete chiamarmi Heidi
Questo è il nostro bonsai gigante, prima o poi ne racconto tutta la storia
Anche lui ha perso qualche ramo
Nessun problema per questo albero mysteriuoso
Uh! le palle di neve, con i miei aiutanti

giovedì 26 aprile 2012

John, Edward, Mariano, Sylvie, me et al.

Mariano Tomatis è affascinante! Intanto è tante cose: mago illusionista, indagatore di mysteri, e tante altre cose ancora. E blogger. Appunto, ieri ha postato Soyga: il libro che uccide.
Tutto da leggere, pieno di notizie anche recentissime, scritto come vorrei essere capace di fare io.


E mi fa anche incaz alterare un pochino. Sì perché l'Edward Kelley che prende per il cu raggira John Dee proprio non lo sopporto. A dire il vero era uno specialista, oggi farebbe il pubblicitario o il politico (il nuovo deve avanzare!).

E John crede a tutte le baggianate e le riporta nel diario.


Poi al solito da cosa nasce cosa e mi è tornato in mente una discussione di un decennio fa. Adesso ve la racconto.

Con un mio collega stavamo tornando a casa in treno da Milano. Era stata una buona giornata ma complice il giornale salta fuori che Nostradamus aveva previsto lo scazzo di Bush con Saddam Hussein. All'inizio ho pensato che scherzasse e invece no! E il treno ci mette più di un'ora per arrivare a Torino. Insomma avevo trovato un altro che credeva a Nostradamus.
A Torino sono in tanti. E ci sono quelli che credono in Rol, sul quale le leggende si sprecano.

Quando ero giovane una sera ho fatto litigare due fidanzati: tutto era partito da un'ispezione alla Gran Madre con riprese fotografiche degli allineamenti per trovare il Sacro Graal (lo sapete che è qui, vero?). La cosa andava per le lunghe e io brigavo per andare a cena nella piola lì vicino, come mi avevano detto, e stavo convincendo l'allora ragazzo dell'indagatrice. Ecco, a un certo punto questa ha mollato la compagnia. Credo di aver salvato un credulone, almeno per una sera, ma lui ha perso la fidanzata, non so se il bilancio è positivo.


In compenso allora andavano di moda gli UFO sul Musinè, monte magico all'imbocco della Val Susa. Adesso pare che non si usi più, forse perché poi i valsusini hanno dovuto affrontare altre invasioni: prima l'autostrada che da Rivoli al Fréjus non tocca (quasi) terra e poi la TAV.

Uh! la trasmutazione dei metalli: adesso ci facciamo un convegno.

Per queste cose c'è l'impareggiabile Sylvie.

No! non vogliamo produrre oro, di quello ne abbiamo abbastanza. Vogliamo l'acqua calda, o almeno tiepida.






mercoledì 25 aprile 2012

42 | ubuntu

Oggi il mio amico Juhan mi ha raccontato questa cosa:
Ieri sera leggevo una guida a Haskell e a un certo punto sono arrivato alla definizione del tipo Either. Mi sono chiesto come si dice in italiano perché non trovavo una parola sola per dire "questo o quello" o "in un modo o nell'altro". Non avevo voglia di accendere il 'puter solo per quello e il vocabolario chissà dov'è. Insomma mi sono sognato Either per tutta la notte. E al mattino ho scoperto che quella parola in italiano non c'è.

Vero, per quel che ne so. Ma ci sono anche altre parole che mancano. Una per tutte: ubuntu.
È una parola bantu (pare che non ci voglia l'accento, se del caso mettetecelo voi). Su un sito attendibile ho trova questa definizione:
We are who we are because of who we all are
che io tradurrei in
Noi siamo quello che siamo perché tutti noi siamo quello che siamo.

Poi, certo, esistono scuole diverse; ecco cosa ne pensa l'amico Santiago
Ubuntu è una antica parola distillata senza zuccheri aggiuntivi che se non sbaglio significa io potrei essere come sono grazie a Nicolas Cage.
E in un commento al suo post c'è questa chiosa, intrigante, assay!
Antica parola africana che significa: Debian è troppo difficile da installare.


martedì 24 aprile 2012

Carciofo, fiore di spine...




Qualche anno fa mia sorella mi inviò dalla Liguria alcuni “ovoli” di carciofo violetto ligure (è una varietà spinosa ma tenerissima). Li piantammo, ma della dozzina che erano riuscimmo ad avere solo 3 piantine, di cui poi due morirono, e la terza non se la passava proprio bene. Allora la trapiantai in un posto ottimale, la cui terra era stata con gli anni creata da noi (e dai lombrichi ecc.) come risultante dell'accumulo di materiale vegetale vario, ovvero erbacce strappate, monde di verdura, bucce di frutta...
Nella nuova posizione il carciofo prosperò, e in pochi mesi ci fece la sorpresa del primo fiore (come sapete, il carciofo che si mangia è un bocciolo di fiore).


Da allora sono passati alcuni anni, da quella pianta superstite abbiamo ricavato altre piante seminandone gli ovoli. Ora siamo perfettamente autosufficienti, anche se abbiamo una produzione che varia a seconda dell'anno: l'anno scorso ne abbiamo congelati (puliti e tagliati in quarti, li uso poi aggiungendoli a uno spezzatino con patate) una buona quantità, mentre quest'anno la produzione è stata più parca, ma sempre sufficiente per variare un po'.
Quando li raccolgo lascio lo stelo il più lungo possibile, così posso conservarli qualche giorno come qualsiasi fiore, in un vasetto con acqua.


Qualche giorno fa su Facebook Dario Bressanini chiedeva agli amici come si riconoscesse il punto in cui fermarsi nello sfogliare i carciofi. Non gli ho risposto perché ho pensato che l'avessero già fatto i suoi esperti commentatori. Ma a voi racconto come procedo io.




Inizio a sfogliare il carciofo tirando verso il basso ogni foglia (o petalo che sia) in senso radiale rispetto al carciofo stesso, finché arrivo alla prima foglia che non si rompe staccandosene una parte ma viene via tutta intera, fino alla carnosa base bianca; allora continuo con altre due foglie, non di più, e procedo al taglio della parte spinosa; dopo di che tornisco con un coltellino la base del carciofo, togliendo le parti verdi rimaste attaccate.




A questo punto il carciofo è pronto per essere tagliato, ripulito delle eventuali piccole “barbe” interne (ma se si coglie giovane non ne avrà), e tuffato in acqua, cui si può aggiungere qualche goccia di limone, perché non annerisca in attesa di essere cucinato. Infatti il carciofo contiene abbastanza ferro, che a contatto con l'ossigeno dell'aria si ossida, scurendolo con effetto poco estetico.


Poiché sono così teneri (li raccolgo abbastanza presto) posso sbizzarrirmi con preparazioni rapide, che lascino il sapore e la consistenza il più possibile invariati; anzi, a volte li mangiamo addirittura crudi in insalata.


A volte li preparo a fettine, con olio e succo di limone, cottura 3 minuti.



Oppure una bella salsa per gli spaghetti.




Qui i carciofi si trovano molto poco in vendita, e solo del tipo senza spine ma a foglie piuttosto coriacee: quando avevamo nostalgia di carciofo, prima che li coltivassimo noi, ne compravo a volte, ma allora la preparazione era più elaborata e prolungata, per esempio, con ripieno di pangrattato-prezzemolo-aglio, in forno.