lunedì 29 febbraio 2016

Dice il Mante su Zuck

Qui si parla di Facebook che per qualcuno coincide con il Web.

Alle volte il bello del Web [1] è ancora più bello perché permette di dire eccolo là [2] e ti risparmia di dover digitare e prima pensare cosa digitare. Sapendo [3] che c'è chi sa farlo molto meglio di me.

Oggi vi segnalo 'na roba del Mante.
Per esempio adesso Massimo (per usare, una tantum, il nome con cui lo chiama la mamma) riporta la notizia della lunga intervista che Mark Zuckenberg ha rilasciato a Mathias Döpfner di Die Welt --no, nope, niente panico è tradotta.

E al solito, dice sempre il Mante ma lo stesso dico anch'io [4] e lo pensano in tanti, la Repubblica ci mette del suo [5].

A momenti dimenticavo, è tutto qui: Il punto di vista di Mark.



[1] i link.
[2] à la Punta il Dito, una volta con Carlo Conti, adesso con Fabrizio Frizzi; panico preventivo in attesa del successore.
[3] questo almeno per me.
[4] spesso, a rischio di sembrare ripetitivo.
[5] l'Eugenio è contagioso.

domenica 28 febbraio 2016

RATTI E SABINE

IL PRIMO RE DI ROMA FURONO DUE

La Roma Quadrata, o circa…

Quando gli ultimi dardi di Apollo barbagliano dietro le creste dei monti Sabazi e Vulsini e i falò sacrali delle Parilia cominciano a spegnersi in dense volute di fumo appetitoso, Romolo è forse lì sullo sperone più alto del Palatium a godersi il primo tramonto della nuova Città, piuttosto che alla piccola capanna che gli fa da provvisoria e simbolica Regia, nell’angolo opposto di quel dado spaccato che era il Palatino.
Poco prima ha chiuso il tracciato delle mura alzando per l’ultima volta l’aratro nel segnare la Porta Romanula, poco lì sotto, da dove si distaccano i due sentieri che diventeranno il clivus Victoriae e il clivus Palatinus. L’ha fatto altre due volte, nel corso di quella faticosa giornata, per lasciare intonsa la soglia delle altre Porte, la Ruminalis* vicino alle Scale di Caco e la Mugonia a mezza costa della bassa Velia, che sarebbero state consacrate diversamente.
Il terreno gli è stato ovviamente accuratamente preparato, che invero dietro a lui seguivano già tutti gli uomini abili del Septimontium con zappe, pale e picconi, ad allargare il solco e a porre le fondamenta del muro, e del resto il terreno dal sacello di Larunda al sacello degli Argei era sì in lieve ma inutile discesa verso il Velabro, però colmo di sassi e cocci pallantei che intralciavano il puntone bronzeo del vomere e frenavano la placida coppia bianca, il toro all’esterno del solco e la vacca all’interno, che trainava l’aratro rituale.
Ma Romolo sapeva bene cosa aspettarsi: oltre il sacello degli Argei, verso l’imbocco delle Scale di Caco dove aveva alzato per qualche metro una prima volta il vomere, la pista stessa adeguatamente predisposta aveva guidato i bovini sacri lungo la base del Germalo per la valle Murcia, in una terra molto più morbida, quasi quanto quella della lieve salita dopo la sepolta ara di Conso che aveva portato bovi sacri, aratro sacro e Re sacro attaccato a tutto ciò, più che conducente di tutto ciò, in cima alla Velia. Qui si era rischiato un incidente rituale, perché i poveri animali, ormai assetati, avevano mostrato propensione più per la china che portava al pantano dove sarebbe poi sorto il Colosseo che per la Via Sacra, appena accennata come tratturo fra i radi cipressi che punteggiavano il da poco dismesso sepolcreto dell’antico Septimontium.
Però Romolo era riuscito a non perdere il controllo del puntone e dover fare una Porta dove non la voleva, a costo di farsi scivolare dal capo il cinto gabino a suon di urla, e due secchi d’acqua avevano ricondotto bovi e sacramentario tutto di nuovo verso il sacello di Larunda, e infine al sacrificio dei sudati bovi sacri sulla Porta Romanula, a chiudere il cerchio quadrato.
Un paio di migliaia di metri, una sorta di quadrato sbilenco, che le mura si incaricheranno poi di tracciare almeno dritto, ma c’era voluto quasi tutto il giorno. E questo ci porta a pensare che la lunghezza effettiva della originaria cinta di mura della Roma Quadrata dovesse essere di uno iugero lineare, osservato dal punto di vista dei Sabini, che con Tito Tazio seguivano tutto quel formicolio dal Quirinale.

Romolo accelera il passo

Formicolio che cominciò subito a farsi frenetico fin dai primi giorni successivi, perché Romolo aveva avuto tutto il tempo, fra un imbonimento e l’altro di tutti gli imbonitori del Septimontium e circondario Etrusco o Greco o Latino che fossero, di redigere un piano per un Progetto assieme ai suoi, ai sodali che aveva via via trovato lungo la sua breve ma già lunghissima strada.
Il problema più impellente era su come effettivamente popolare la Città, ma non era il preminente, per Romolo e per chi più strettamente gli stava attorno. Sì, vabbè le donne, ma non era procurarsi le donne il punto per i prischi Romani. Erano le loro doti, il Punto, e le loro doti erano terre coltivate, che avrebbero continuato a coltivare i loro padri finché un giorno chissà. E ai loro fratelli tutto ciò non sarebbe piaciuto per niente, ovviamente.
Quello era il Punto, perché se il Septimontium voleva una cittadella di guerrieri a sua scorta e garanzia, doveva mettere quei guerrieri nelle condizioni di sostenersi, dovendo costoro occuparsi di altro che della cura dei propri campi, o meglio di quelli delle proprie mogli e quindi suoceri e cognati e altre genti variamente imparentate.
Era una logica che, nonostante tutti gli strappi alle tradizioni che provocava, gli Anziani del Volcanal non potevano in coscienza confutare, ma che a fratelli, cognati e cugini, considerate le pretese dei Romani, pareva di latrocinio.
Latrocinio che avrebbero anche mandato giù pur fra mille brontolii, se proprio nel giorno dei Consualia i Sabini non avessero improvvisamente alzato la scusa che fece da primo casus belli della Storia di Roma.




Ratti e Sabine nella Valle Murcia

Per millenni la valle Murcia aveva fatto da cassa d’espansione del Tevere, che piena dopo piena ne aveva fatto una valle alluvionale palustre, trovando comunque più comodo passare attorno all’Aventino piuttosto che incunearsi nel pertugio fra questo e il Celio. Poi, quando piena dopo piena anche l’ansa superiore allargata e dragata dall’isola Tiberina si riempì di sassi allargandosi come un embolo su entrambe le ripe e creando il Guado, gli abitanti del Septimontium avevano cominciato a drenarla e bonificarla per un unico motivo con due ragioni.
Pianta attuale del centro di Roma: per seguire un poco il racconto, la Vallis Murcia, tra Aventino e Palatino, è ora nota per il Circo Massimo costruitovi sopra, il torrente Spinon si trovava tra il Quirinale e l'Esquilino
Il motivo era l’aumentare anno dopo anno, generazione dopo generazione, della transumanza di piccole ma numerose mandrie bovine dirette verso lo stagno su cui sarebbe poi sorto il Colosseo, o direttamente verso la via Campana come le sempre più numerose piccole carovane di muli dei mercanti, le ragioni erano mantenere rotabile anche dai carri quella pista calpestata da tanti zoccoli, e coltivare ortaggi e allevare maiali per rifornire quelle carovane, alla fine o all’inizio o a metà delle loro strade.
Non erano grandi mandrie, spesso un capo solo, ma sempre maestoso: allora come ora gli allevatori si scambiavano il sangue ancor prima che l’animale in sé, la genetica da rimonta per il continuo rinforzo di razze non solo da lavoro, ma anche sacrali.
E non erano grandi commerci: il principale era il sale dalle saline poste – purtroppo – a ovest della foce del Tevere. Attraversato il fiume su piccole chiatte mentre i bovini, nei dedicati periodi dell’anno determinati dalle secche stagionali, riuscivano a passarlo con l’acqua appena sotto al gorgio, i muli degli acquirenti Sabini imbastiti di sacchi di sale grezzamente macinato sbarcavano sul Velabro per indirizzarsi subito verso la piana palustre del Campo Marzio e incamminarsi sul primo tratto della via Salaria sotto al Pincio, per poi cominciare a distribuirsi nei vari diverticoli montani già alla vallata dell’Aniene.
Però, da cinque o sei generazioni, forse qualcuna in più, c’era da sud a nord anche un sempre più fiorente commercio di coppe, vasi, anfore, quando prima non si erano visti più che utensili di metalli sempre migliori, condotti su muli più che su carri quanto più delicate le merci fossero, ma comunque il problema delle piste carrabili cominciava a farsi impellente, e lo sarebbe rimasto per secoli.
I mercanti di stoviglie erano quasi tutti Greci, che si erano fatti un quartierino a modo loro sulle pendici meridionali dell’Aventino prospicienti il Tevere con un proprio piccolo approdo, quelli di utensili prevalentemente Etruschi anche da prima di definirsi Tirreni, e gli piaceva ritrovarsi nelle taberne della valle dello Spinon a monte del Velabro, scavate nelle grotte ai piedi dei due Colli.
Gli esuberanti bovari invece si fermavano nella spianata puzzolente creata dallo sfociare dello Spinon fra Campidoglio e Palatino, attorno all’Ara di Ercole – un gigantesco masso crollato da tempi immemorabili dalla rupe soprastante il Lupercale – a offrire i capi migliori, quando non unici, e a ostentarne i pregi.
La valle dello Spinon – in cui al tempo di Romolo non c’era ancora forse il Vicus Tuscus, che forse però si stava già formando – i bovari la trovavano stretta e incombente, per non parlare della gente spocchiosa che si trovava oltre, nella angusta vallecola sfondata verso quegli artigli spelacchiati costantemente fumanti dei pomposamente definiti Monti del Septimontium.
Ma subito oltre l’Ara di Ercole e il sacello degli Argei, la valle Murcia offriva, lungo le due piste ben battute che divergevano ad arco di cerchio pur procedendo parallele per i piedi del Palatino e dell’Aventino, per poi separarsi dopo un migliaio di passi, ogni povero ma allegro divertimento che i tempi e i luoghi garantissero.
Però, considerando giuste le rimostranze di chi gli faceva osservare come ogni rifornimento di ortaggi, formaggi, carni e salumi poteva arrivare alle bancarelle della valle Murcia dal Septimontium meglio che da quei quattro orti e quattro porci rimasti là, Romolo aveva sgombrato tutti, rimesso decisamente mano ai drenaggi e alla bonifica dell’acqua Murcia – il ruscello fangoso che ricomparve poi nel Medioevo – per ottenere una enorme arena naturale di prati intervallati da alberi, boschetti, laghetti, in cui celebrare i principali ludi campestri comuni al Septimontium, a cominciare dai Consualia, terzi nel tempo del suo regno.
I Consualia erano i ludi rituali Latini e Italici di chiusura della trebbiatura, quando veniva fatto censo al Dio Conso del sunto effettivo della raccolta. Allora, nella atavica cerimonia di spartizione secondo Diritto Divino, si stabilivano pure matrimoni e doti. Soprattutto doti.
Maritare le donne del Septimontium con i più o meno nerboruti seguaci di Romolo aveva significato per le rispettive famiglie, comunque prescelte da quel destino rio, aspri litigi e notti insonni, sotto ogni punto di vista. Però si doveva fare, e in qualche modo s’era fatto, con molte urla e notti insonni anche fra i consiglieri più o meno richiesti di Romolo.
Le confarreatio erano state sottoscritte, aspettavano solo che i Sacerdoti riuniti si riunissero e fissassero il giorno della Festa giusta per essere depositate presso l’Arx Capitolina, dove gli Etruschi col loro ben noto senso pratico stavano allestendo un archivio pubblico per tutto il Septimontium.
Nelle intenzioni di Romolo, le Consualia di quel terzo anno di Roma sarebbero state un enorme matrimonio di massa, il giorno in cui il Punto si sarebbe fatto Momento, e i Romani sarebbero stati Cittadini con un loro Ager privatus, ossia Pieni Cittadini, i Cittadini Patrizi della neonata Urbe.
Senonché, i Sabini che se n’erano stati stizzosamente silenti fino ad allora, avevano scelto proprio quel giorno per saltar su e dire che la garanzia dell’Arx per loro era nulla, e che era meglio rimandare ad altra data per stabilire altri garanti che gli Etruschi.
Era ovvio a chiunque chi avesse innescato la rissa, e perché. Se per le sue intenzioni fosse andata troppo in là, fu la prima cosa che Romolo e Tito Tazio dovettero chiarirsi svaporato tutto il caos provocato dal Ratto delle Sabine, circa un anno dopo.

Latini Padri di Roma, Sabini Madri?

Ai Sabini non piaceva per niente la piega che avevan preso le cose con Roma. Avevano gettato il loro pugno di terra simbolico nel pozzo sacrale presso la Regia di Romolo il giorno della fondazione assieme ai Latini e tutti gli altri, gli riconoscevano una preminenza teorica nella formazione di una amministrazione civica militaresca del Septimontium – dal quale, millantavano spesso, si potevano astrarre quando volevano, se necessario – ma non volevano certo farsene comandare. Però comprendevano che con uno come Romolo sarebbe stato inevitabile.
Tito Tazio soprattutto lo comprendeva, e comprendeva pure come Romolo non avesse bisogno tanto di briglie, quanto di gorgiera. Senza la provocazione delle Consualia i Romani avrebbero messo le mani a macchia di fegato praticamente su tutto il Septimontium, e le macchie di fegato fanno presto ad addensarsi nell’oscuro accartapecorarsi della pelle, notava Tito Tazio e notavano i suoi consiglieri.
Questo dal punto di vista di Cures e dei suoi Anziani, naturalmente, che data la distanza poco partecipavano alle riunioni nel Volcanal, dove Romolo ogni nundina di mercato spiegava a chiunque con la sua innegabile facondia i suoi mirabolanti piani, e negli intervalli si agitava per applicarli.
Il più personale punto di vista di Tito Tazio era su come manovrare, comunque utilizzare quella potenzialità, sottraendola ai Latini. O almeno bilanciandoli.
Era chiaro come nessun bilanciamento fosse stato previsto per i poteri di Romolo, anche perché non era stato previsto ne avesse alcuno. I Padri volcanali avevano davvero ingenuamente pensato che il comandante di una cittadella fortificata a controllo del Guado si accontentasse dell’insignamento di Rex Sacrorum e poco più? Romolo poi?
Il Potere di Romolo finché non stabilirà lui stesso i delimitatori del suo potere, è illimitato.
Ed è a questo Potere Illimitato che Tito Tazio reagisce, prima con la provocazione del Ratto, poi sinceramente spaventato dalle conseguenze – Romolo da Amntennatae a Ceninum a Crustumerium passa di casa in casa dei promessi suoceri a far valere i contratti di confarreatio seguito da un vero piccolo esercito, e quando Acrone scende fino a Roma con i suoi fabbri e maniscalchi per farlo smettere una volta per tutte, gli rifila una lezione che il povero Acrone può ormai solo discutere per l’eternità con Giove Feretrio, dove Romolo appende le sue armi e panoplie – con tutta la forza che i Sabini possono mettere in campo.
Ma non per attaccare il Palatino, bensì per occupare il Campidoglio.

Il Destino bino

Tarpea o meno, Tito Tazio occupa il Campidoglio non solo con soldati ma anche di sacerdoti addetti agli svariati sacrari che gli abitanti del Septimontium nel corso delle generazioni hanno installato lì, cacciando più o meno cortesemente quelli che già ci sono: se gli viene riconosciuta come prassi una qualsiasi egemonia, l’intero Monte Capitolino, indispensabile simbolo sacrale dell’apertura a chiunque voglia diventare Romano, lì dove c’è l’Asylum dove Romolo ha svernato appena giunto al Septimontium e dove intende creare l’accoglienza per chiunque voglia essere Romano, diviene Sabino, e il culto di Quirino preminente su qualsiasi altro.
Là sotto nel Volcanal, i Padri del Septimontium strillano come pazzi, improvvisamente consci – o forse no, ma avran strepitato comunque – di cosa abbiano combinato portando a termine il compito assegnatogli dagli avi, forse picchiando il capo contro il plinto basaltico del Lapis Niger che sostiene l’antico simulacro del Genius Loci aborigeno.
I Romani sfociano dalla Porta Romanula, sfidano i Sabini a scendere dal Campidoglio. I Sabini scorrono saltellando fra i cespugli del Clivo Capitolino come dalla via Biberatica, si affrontano dalle parti di quel laghetto che poi diverrà il Lacus Curtius, e i Romani si prendono quella suonata di legnate che si meritano, urla belluine di Romolo o meno per farli rifluire verso la Porta Mugonia, dato che era stato tanto bravo a tenere infisso il puntale quel giorno fatale là da non fare una Porta in cima alla Velia.
Ma Tito Tazio non vuole umiliare Romolo, e non gli interessa niente se da Cures gli si chiede – non da tutti, dalla maggioranza – di giustiziare tutti i Romani e di stabilire sul Palatino come sul Campidoglio un presidio Sabino. E poi una cosa è bastonare Romolo e i Romani, altra conquistare Roma ai Latini: facile per assedio, ardua per assalto.
Così, prima in camuffa e poi con grande risalto, Romolo Fondatore e Tito Tazio Tutore si accordano, raccontano e fanno raccontare le cose a modo loro, e prendono a governare assieme, con gran sollievo dei padri del Septimontium e con gran scorno dei Rasna Etruschi, che comunque continuano imperterriti a tramare sottotraccia.
Non regneranno in completa concordia, certo, tanto che dopo la morte di Tito Tazio oscuramente avvenuta a Lavinium cinque o sei anni dopo, Romolo riuscirà a rifilargli la prima damnatio memoriae della Storia di Roma, prendendosene qualsiasi merito, eccetto quello di avergli rifilato una bella suonata.
Che indubbiamente gli era servita, ma non rimase segreta come sperava lui.



*Il nome della terza porta della Roma Quadrata ci è sconosciuto. Io ho ipotizzato che essendo vicino al piede della Scale di Caco e quindi vicino al Lupercal, potesse esserle stato dato un nome riferito al Fico Sacro. Nulla osta, diciamo...

Attenti al frigo

La vita moderna è piena di pericoli, non sempre conosciuti per cui a volte manco lo sappiamo. E non possiamo prendere provvedimenti.
Non è sempre stato così; quando io ero piccolo per esempio il frigorifero non c'era e quindi neanche i pericoli e le preoccupazioni di cui --tra poco-- vado ad allertarvi.

C'era, ma poco pratica, la ghiacciaia. Da me si usava solo in casi particolari, la scomodità era provvedere il ghiaccio, credo quotidianamente. Era, ricordo perfettamente, uguale-uguale. precisa-precisa a questa molto più antica: Antica ghiacciaia Rex.

Poi i tempi sono cambiati. L'evoluzione, bisogna farsene una ragione. Ah! non c'era neanche Internet. E neanche il 'puter. Ma sono andato fuori tema, mi ricompongo.

Uno che non usasse Twitter, o se anche lo usasse non seguisse le persone giuste non verrebbe mai a sapere di questa roba qua:


Adesso mi verrebbe voglia di partire con contro l'uso del tedesco che sarà anche una lingua bellissima (tutto da vedere, per me no) ma che --insomma-- se cinguettate anche per me cortesia vorrebbe (vorresse? no, quasi sicuro che quell'altra) che traduceste (traducerrebbesti?).
Per fortuna c'è Google Traduttore, ecco:


Che non è che poi ne sappia tanto più di prima, un paio di parole le sapevo --Internet e kühl (no, non è quello che verresse verrebbe da pensare, mai fidarsi delle assonanze).
Ma il bello del Web sono i link, parti da uno e viaggi, navighi dicono i saputi. E allora arrivo qui:


Qui Google ce la mette tutta ma --come dire-- la mia amica prof che insegna tedesco ai bambini italiani finiti là mica gliela darebbe buona:
I? Io descrivono? Sono studente. Faccio le cose. Anche con i computer. Mi piace Python su Java. E ho bisogno di un sacco di sonno.
Insomma il mystero permane. Intanto state lontani dal frigo, quando siete online (collegati, i nerd dicono così). E mai che ci sia Dirk quando serve!

Ah! momenti mi dismenticavo, il link è questo, da JS_CEO.

Dai è domenica; e poi posso smettere quando voglio; davvero.

sabato 27 febbraio 2016

Suggerimenti - 150


Si c’est l’AI qui le dit

It's Time To Kill the $100 Bill, Says Larry Summers

Sono su twitter perchè nella real life mi hanno defollowato

Ubi Petrus, ibi Ecclesia

Leggo romanzi storici mentre sorseggio caffè

Il ritorno della ormai celeberrima "ira di Renzi"


Come l’Accademia della Crusca risponde a un bimbo che ha inventato una nuova parola

ormai lo saprete ma per la storia...

Diacritics
i 'mericani lo sanno; lo fanno sapendo di farlo

Quindi sarà il miliardario #Trump il candidato repubblicano

Ti ho già messo tre mi piace

Big Test Coming Up For Kilogram Redefinition

Noi abbiamo provato con Leopardi


Quando l'antivirus dice "Nessuna minaccia nell'App Twitter"

I hope this is the beginning of the end for the current GOP
Massimo Pigliucci, nèh!

#UltimOra L’Accademia della Crusca approva l’aggettivo “Bertolaso”

#Boschi: "Inaccettabili le intercettazioni degli #USA"

Speciale Umberto Eco

A world where everyone has a robot: why 2040 could blow your mind
voi giovani ne vedrete delle belle!


How To Recognize Famous Painters

Spiare Berlusconi

Ma questo è #petaloso?

Turn it upside down.. don’t always believe people who say ‘I’m fine’

Accademia della Crusca: #petaloso : pieno di petali ; #renzoso

Sea levels are rising at the fastest rate for 28 centuries – what does this mean for cities?


Come fanno i servizi le Iene: il caso dei lupi della Valtaro

HTTP Status Cats

Human Technopole, la scienza all'Expo e la favola del pifferaio

Forgotten Stairs, now a waterfall

The Milky Way, as you've never seen it before

Cresce l’Italia che diserta le chiese: più facile perdere la fede a 55 anni
dalla politica non si direbbe; ma forse per voi giovani c'è speranza (l'articolo è scritto davvero male)


Felicita' The Chemtrails Band

prendi un remo e cammina fino a quando non verrà scambiato per una pala
RAmen ☺

The Rosy Maple moth is the prettiest moth in all the land

#petaloso #crusca

Incommentabile


A flock of starlings take flight in what is known as a murmuration

Non tutti sanno che l'origano nasce liscio

Swedish Scientist Suggests That There Is Only One Earth

Curb Antibiotic Use in Farm Animals

#Torino raccontata per immagini dai follower di @twitorino


Prima gli SMS, dopo i WhatsApp, adesso registri un messaggio vocale e l'altro registra la risposta

Guardando la vicinanza tra Renzi e Verdini

I love how happy the scientists are to have a new penguin assistant

Che fine ha fatto Planet Nine?

Libertà di parola, mi sa che state prendendo un granchio
lungo ma da leggere, secondo me


venerdì 26 febbraio 2016

Cose da provare


Una segnalazione veloce-veloce, su una roba mia ma la segnalazione mia (questa) non viene da me, me l'hanno appena detto di dirvelo che potrebbe interessare voi tutti lettori del Tamburo.

Se volete, senza imegno, nèh, qui: MathStudio e Texter.


Pista! arrivo!!!

cioè no, parto appena la finiscono.


Oggi una bella notizia, ma che dico bella, brillante!
inaspettata e quindi ancora più brillante, questa: Il futuro del #turismo è #green e con #bici con il progetto #VenTo!

Anche se sono vecchio e malridotto la bici ce l'ho, proprio come quella di Alfred dell'immagine sopra. Invece del cappello, sapete la sicurezza, bisogna mettere il casco, io pensavo, per ragioni religiose, allo scolapasta, se non fa troppo Bastian contrario.
E anche se il progetto si chiama VenTo io partirei dal fondo, ToVen, ragioni logistiche.

Strada facendo, è lunga, assay, passo vicino a 'mici dei social-cosi (qualcuno anche no, nel senso non Web), mi fermo a trovarli. E alla fine trovo Dario, Dario, Anna, Sergio (se lascia almeno temporaneamente Torino e torna, temporaneamente, là), Marzia (beh, qui è più impegnativo), Mina Lorena (può accordarsi con Sergio, chissà se si conoscono?), Flavio e tanti altri. Insomma sono in attesa, mi preparo, anzi adesso mi faccio un giretto di allenamento.

mercoledì 24 febbraio 2016

SINECISMI E DINTORNI


IL LITUO DI ROMOLO

Gli Argivi pastori di Evandro e il povero Pallante

È un’altra alba, verso la fine di Marzo – il mese dedicato a Marte, l’inizio della stagione atta alla guerra oltre che l’inizio del nuovo anno stesso, la ripresa di ogni cosa dopo la stasi dell’inverno – quando Romolo dichiara guerra ai legittimi possessori del Palatino, per impossessarsene ritualmente.
Di legittimi possessori, in effetti, non ce n’è, se non metafisici e da affrontare metaforicamente, quindi appunto ritualmente. Il Palatino è infatti un monte cruciale, intersezione di troppi interessi, per cui coperto da una sorta di maledizione alimentante una voluta superstizione.
I suoi legittimi possessori dovrebbero essere Argivi, discendenti degli esuli Greci che avevano seguito Evandro subito prima della Guerra di Troia. Dopo aver accolto, consigliato e supportato Enea, Evandro morì lasciando una enclave di Arcàdi spocchiosi, che non confondendosi con gli Aborigeni italici dei Rutuli  o altri parenti di Turno, si erano pian piano estinti senza partecipare al sinecismo con cui si coagulava Roma attraverso il Septimontium.
Inizialmente, gli Argivi di Evandro erano parsi alteri pusillanimi, pacifici pastori dai lenti pensieri, e le scaramucce al fianco di Enea del disgraziato giovane Pallante contro l’altrettanto disgraziato rutulo Turno non erano servite gran che a cambiare il punto di vista degli ancora radi abitanti dei Colli sul Guado. Pochi, spocchiosi, autosufficienti nella loro lurida Pallantia, la città un tempo di Evandro ma quando mai di Pallante, se non per cuore di padre?
Sedici o diciotto generazioni a ingropparsi fra di loro, esclusivamente fra di loro – poche decine piuttosto che poche centinaia, fra maschi e femmine – quando non con le povere pecore che con le capre non conviene, avevano portato i Pallantei a divenire prima sozzi, impuri, estranei pazzi, intoccabili paria mostruosi da buttare a fiume quando li si trovava fuori dal loro recinto, infine Lemuri sempre più rari, popolanti ancora, forse, il Pallantino.
Il compito di Romolo, in quella ancora gelida alba di passaggio fra inverno e primavera, mentre si palleggia il giavellotto di corniolo fra le mani per riscaldarsi, è appunto di farlo divenire Palatino, purificandolo con una guerra simbolica ai fantasmi, prima di poterlo far divenire Roma.

Pian d’un pas e ragioniamo: Sinecismo, che è?

Ma fermiamoci e riassumiamo, prima di inoltrarci nelle misteriche ore che precedettero la fondazione di Roma vera e propria, che si prolungarono per giorni, probabilmente per tutto il mese che precedette le Parilia di quell'anno.
Le piccole tribù transumanti per la penisola diecimila anni fa, dopo cinquemila si erano definitivamente stanziate in giro per l’Appennino, e assorbendo le continue piccole invasioni che l’inquieto Mondo Mediterraneo spediva per terra e per mare, divenivano piccoli Popoli e per gemmazione poi piccole Nazioni.
Da tempo immemorabile si era scoperto che in determinati periodi dell’anno – in piena estate in genere, o in inverni eccezionalmente freddi o secchi – a valle di una certa isola nel Tevere si apriva un largo e basso guado, atto a far passare i primi commerci bovini, salini, utensili, da nord a sud e da sud a nord.
Nel decimo secolo prima dell’Era Volgare, sui colli che sovrastavano il guado i piccoli Popoli erano divenuti abbastanza popolosi da avere lì parecchi villaggi, sempre più popolati, che però essendo sempre più contigui e di converso mal collegati con le piccole capitali montane cui teoricamente dovevano seguire le istruzioni, generazione dopo generazione si sentivano sempre più solidali fra loro piuttosto che con i reverendi Padri dei loro Popoli di discendenza.
Chi più chi meno, naturalmente.
I Sabini sono i più incombenti perché i più uniti: occupano una vasta zona fra il Guado e l’Umbria, ben innervata dalle piste del sale che si diramano dalla valle del Tevere fino al crinale con la costa adriatica, e questo li mette in condizione di mantenere stretti rapporti tribali coloniali con i villaggi sul Guado.
I Latini sono i più numerosi, anche se proverbialmente litigiosi fra di loro e con tutti: più pastori-cacciatori che cacciatori-pastori come gli originari Sabini (che affermavano di discendere dagli Spartani, e perciò allestivano le loro città senza uso di mura), i Latini hanno una forte identità religiosa centrata sui Monti Albani e la potenza di un santuario ben organizzato, aperto ad ogni influsso per quanto vagliato dai Sacerdoti Re di Alba Longa.
I villaggi Sabini occupano interamente il Quirinale con l’escrescenza del Pincio che domina il ramo ripario della antica Salaria e buona parte del Viminale, quelli Latini scendono dalle vie Tuscolane fino sul Celio e l’Esquilino, salgono da quelle Pontine fino all’Aventino e alla Velia.
In mezzo, fra il Viminale e l’Esquilino, qualche sparuto villaggio di Equi, di Marsi, di Ernici che si chiedono cosa stanno a far lì e lo chiedono più o meno rassegnatamente ai piccoli concili di anziani che governano le loro comunità di sempre più lasca appartenenza, lassù fra le montagne e in mezzo alle valli.
Generazione dopo generazione, ogni villaggio di quelle escrescenze sempre meno boscose e sempre più affollate – poche centinaia di anime ognuno, poche decine per colle, sette o più come li si vuol contare fra Colli e Monti – cerca di correlarsi con gli altri attorno piuttosto che continuare a pestarsi i comuni confini.
Sinecismo è il suo nome: la convergenza verso un interesse comune che crea una Comunità, e quindi poi per comodità di tutti, una Città.
Il Septimontium è il sinecismo di Roma: il punto di incontro più vicino per tutti è sotto al colle cornuto che infatti si chiama Capitolium, presso una fonte sulfurea denominata Volcanal, presso il più antico dei loro sepolcreti ancestrali comuni, vicino al corso dello Spinon, che raddrizzato dalle sue anse – una delle quali sarebbe diventata i Comitia – dovrà divenire Cloaca Massima (a cielo aperto) solo con i Re Etruschi.
Ma appunto gli Etruschi sono il problema principale degli Anziani che si riuniscono nel Volcanal già da qualche generazione, al tempo di Romolo.
Gli Etruschi erano arrivati proprio più o meno quando si stavano rassodando gli interessi Sabini e Latini attorno al Guado. Prima dell’anno Mille ante Era Volgare le popolazioni oltre la ripa settentrionale del Tevere erano ancora sostanzialmente Aborigene, solo con gli Umbri si aveva una contaminazione orientale attraverso i Piceni, vicini al mare e quindi grecizzanti.
Gente pacifica gli Aborigeni, placidi allevatori piuttosto che tignosi commercianti, pittorescamente esoterici, finché non erano arrivati i Tirreni, che nel corso di un paio o due di generazioni, avevano svuotato di uomini con la forza o con il miraggio di una miglior vita tutta la Foresta Sacra dal lago Vulsino alla costa su cui avevano fondato le città ferriere, e nel corso delle seguenti si erano messi in espansione, giungendo fin quasi ai Colli Gianicolensi al di là del Tevere: da qualche decennio infatti, forse un paio di generazioni, a monte del Guado sul Tevere, meno di una dozzina di miglia sull’altra sponda, era sorta Veio.
Tutti i Patres del Septimontium, da quel momento, avevano saputo che il loro compito era costituire una analoga città da quella parte del Guado, e da un paio o più di generazioni si discuteva sul come farlo.
C’erano quei tre montarozzi a sovrastare il Guado, a monte e a valle: il Campidoglio, il Palatino e l’Aventino.
Il Campidoglio sarebbe il locus più adatto a una fortezza munita di guarnigione per il controllo del Guado, ma non per una vera e propria città, spezzato in due corni – uno acuto più alto, l’Arx, e uno piatto e leggermente più basso, il Capitolium – dalla profonda incassatura dell’Asylum; l’Aventino sarebbe il locus più consono a una vera e propria acropoli di una città che volesse estendersi a valle del Guado, volgendo però le spalle al Septimontium: solo il Palatino racchiude coi suoi due mammelloni del Pallatium e del Germalus entrambe le esigenze.
E siccome per esigenza di cose il Campidoglio era divenuto il monte sacro per tutti gli abitanti del Septimontium come degli abituali traversatori del Guado, piccolo santuario speculare del Monte Albano latino come del più indistinto Soratte sabino, sede pure da qualche tempo di un Auguratorium Aruspice etrusco sulla cuspide più alta dell’Arx, la scelta per il nucleo fondatore della città che per compiere il sinecismo avrebbe dovuto compattare tutto il Septimontium era forzatamente fra Palatino e Aventino.
Ma per l’appunto, l’Aventino era un Colle destinato a voltare le spalle al Septimontium, e i maggiorenti del Septimontium avevano già voltato le spalle a Remo quando era stata inscenata la presa di auspici dei due Gemelli qualche giorno prima.

Tirem innanz…

Romolo non ha più pensieri né per gli auspici presi quel giorno né di quelli appena presi al tramonto e all’alba, mentre palleggia quell’asta di corniolo fra una mano e l’altra per riscaldarsi, mentre l’aria si fa sempre più chiara, mentre attende che il primo raggio di sole scocchi dal sacro Monte Albano.
Si trova sul più basso sperone dell’Aventino, dominante la valle Murcia, una distesa paludosa di fossi che da generazioni drenavano la terra per gli orti che rifornivano di ortaggi le taberne e gli ostelli per i bovari, i pecorai e i mercanti di passaggio sul Guado, e quindi fornita di un tratturo per carri tutto attorno per quanto era lunga.
Si trova a un centinaio di metri dalla base delle Scale di Caco, un sentiero che invece di assecondare le pieghe delle rupi del Palatino, le aggredisce dove necessario con gradini scavati alti nel tufo pur di arrivare dritta sulla cima del Germalo.
Si trova, in effetti, a pochi passi dalla grotta lupercale dove è stato allevato diciannove anni prima, e a pochi altri in salita verso la capanna di Faustolo dove è cresciuto fino a che non s’è illuso di potersi gestire da solo la propria vita, assieme al gemello Remo e agli altri figli di Nessuno in cerca di una propria Itaca, dopo aver messo a sacco quella Troia di Alba Longa.
Ma i mesi passati presso Numitore e quelli poi venuti al Septimontium, hanno convinto ormai Romolo di essere erede di Enea, piuttosto che di Ulisse come invece aveva continuato a voler credere fino alla fine Remo. Perciò Remo era caduto come Turno, o almeno così si doveva far credere e pensare.
Tutto ciò ha poca importanza, ora.
L’asta di corniolo è uno strumento più di gioco sacro che da guerra: legno di pruno leggero, vola lontano ma non si conficca facilmente, sta nella lavorazione del bilanciamento e dell’affilatura della punta che si trova il dono segreto dell’Arte divina.
E l’asta di corniolo di Romolo vola ben lontano quando il fatidico primo raggio di sole si scaglia dal Monte Albano, mentre le tube e i corni raccolti in attesa dell’alba si intonano cacofonicamente per tutto il Septimontium a celebrare il Tubilustrium, o meglio i Tubilustria, alla ricerca di un accordo comune.

Fiorì il corniolo?

Certamente non era miracolosamente fiorita, l’asta di corniolo, quando Romolo e tutto il seguito sacerdotale e popolare che doveva sicuramente seguirlo la raggiunsero, nei pressi – pressi quanto? boh, abbastanza: quel tanto che bastava – della capanna di Faustolo, ma probabilmente era in piedi ben conficcata dovunque fosse, e magari bilanciata dai rametti che Romolo le aveva lasciato con le foglie adeguate, poi si adeguò politicamente il miracolo, ovviamente.
La vecchia capanna del povero Faustolo doveva fungere da prima Regia per la futura Roma, e come tale venne conservata finché la venerazione per Roma rimase tal quale, ma la disposizione della futura Città Quadrata ne doveva essere indipendente.
Essendo stata indicata dai Latini la data delle Parilia come fausta per l’evento, avendo i Sabini accettato che la Città avesse mura – ma basse, non in alto – Romolo non aveva molto altro da fare in quel mese se non assuefarsi alle istruzioni metodiche etrusche e alle metodiche lamentele di chi gli doveva preparare il terreno per tracciare il solco del fatidico pomerio. Come fosse abitabile il Palatino, da quando era bambino lo sapeva già: una affascinante distesa di sterpi giallastri e cespugli di mirto divorati dalle capre, intervallata da querce e squarciata da un vallone boscoso che s’allargava sulla valle Murcia.
In questo periodo Romolo è un Re senza effettivo regno, perché il territorio di sua competenza non è ancora stato delimitato. Il mandato conferitogli dal sinecistico consiglio del Volcanal è di dare un perno a una organizzazione del Septimontium che gli permetta di contrastare efficacemente la già più potente Veio.
La stessa Veio è frutto di un sinecismo di villaggi un tempo Falisci, ora pienamente Etruschi, ma gli Aruspici che istruiscono Romolo sono probabilmente di un altro ramo Rasna, tarquiniense se non vulcino, che pare difficile Veio conferisse alla erigenda rivale i suoi segreti sacrali.
Che sono complicatissimi comunque, dovendo in più integrarsi con le esigenze sacrali Latine di coincidenza con i Sacri Laziali, oltre che alle prescrizioni notturne Sabine.

Il lituo di Romolo

Prima della terza alba cruciale di questa storia, Romolo esce dalla piccola capanna che ha sostituito quella eccessivamente grande e fatiscente di Faustolo il Porcaro, e si porta in quella contigua maggiore, doppia, dove poggiano i simulacri di Marte e di Ops, la Dea dell’Opulenza. Sacrifica, poi s’inerpica verso il pianoro soprastante, verso l’auguratorium sullo sperone più alto fra Palatium e Germalus dove per il primo raggio di sole proveniente da Albano doveva esser pronto a fissare il templum celeste, da cui sarebbero stati fissati i primi confini tellurici dell’Urbe.
Il lituo a quello serve. Il lituo, non solo quello Etrusco, giustifica con le sue volute una geometria celeste ben definita, e a questa funzione può aggiungere quella di emettere un afflato sacro se modellato in forma di flauto.
Così, probabilmente, era il lituo di Romolo: un flauto dalla lunga e stretta impugnatura di legno cavo a becco d’anatra o di qualche uccello sacro avesse il becco confacente, innestato in un breve manico bronzeo che si assottigliava e si appiattiva in una falce ritorta a chiocciola, cava e bucherellata a sua volta.
Quel 21 Aprile, mentre l'alba prende a punteggiarsi dei primi fuochi dei falò delle Parilia attraverso i quali i pastori balzeranno fino a sera, le spirali del lituo di Romolo probabilmente tangevano alcune stelle – un’ultima Venere, un basso Marte, un tardivo Giove, chissà – mentre il cielo si tingeva di rosa, e quando i raggi dell’Apollo retrostante lo Zeus Latino sorsero dietro il Monte Albano a cancellare tutto, Romolo vide chiaramente i punti attorno al Palatino dove avrebbero dovuto sorgere le porte, ancor prima che le mura.
E allora portò il lituo alle labbra, e sussurrò nel flauto il Nome Segreto di Roma. Che è, notoriamente, Amor. Ma forse no: Diva Angerona punisce i profanatori del Nome Segreto, che segreto non è.
È rimasto gentilmente nascosto per generazioni e generazioni successive, finché Roma è stata la Roma di Romolo, in un gioco per bambini, per farli star zitti e andare a letto: la Diva Angerona e la Roma-Amor.
E il segreto del Nome Segreto di Roma, che è Roma, ma solo insufflato nel lituo di Romolo potrà produrre il suono esatto, la esatta pronuncia del suo essere, Amor.

E il lituo di Romolo, chissà dove è finito…

OK, ho capito che può essere non tanto bene


Finora quando qualcuno (sono parecchi, legione) mi diceva "fai attenzione che il Web è pieno di bufale" io ribattevo "basta saper scegliere". Non ne sono più tanto sicuro, adesso vi conto.
Ieri sera --ero già stanco altrimenti avrei reagito-- vedo questo cinguettio: .@theRominaPower Dovrebbero aumentarle.
Salvo, MedBunker è un grande e cosa tenta di dire con quest'ironica ironia che tira in ballo addirittura i chackra?
Da indagare --mai che ci sia Dirk Gently nei paraggi quando serve; Dirk ti sto cercando!!!-- e allora chi è quella @theRominaPower?


Sarà mica lei, quella responsabile dell'introduzione di due nomi 'taliani? Da indagare --OOPS! già detto.

Ebbene sì! È lei, quella di Al Bano, quella vera.
E la sua pagina Twitter è come dire... --OK, andateci se e solo se siete vaccinati (nèh!).

Ovvio che non poteva mancare la Dr.Vandana, quella antiGM, ecco un post, uno dei tanti. Notare che ha 42800 seguitori followandone solo 72. Una twitstar, teh: ★

Poi una roba perso, mia perso, anzi di Bepun (a rigore in piemontese si dovrebbe scrivere Bepon ma poi dovrei dire come si legge e Bepon (pron. bepun) è il primo a non saperlo), ne avevo parlato qui.

Ecco adesso Romina (la vera Romina, l'originale; vi ho mai raccontato che ogni volta che agli orali dovevo lottare con me stesso tutte le volte che dovevo esaminare una Romina e --peggio ancora un'Ylenia (o Ilenia)? però mai bocciata nessuna, dai! complimenti a me ☀) diffonde al mondo intero --o almeno a una porzione della Tweetsphere una cosa di cui faremmo bene a preoccuparci.
Se seguite il link in fondo trovate un link che vi manda alla source e trovate

uh! 'na cosa seria. Aveva ragione Bepun (bepon)!

Naturalmente Stefano sapeva già tutto, qui: Le scie chimiche di Romina Power e altre bufale adorate dai vip.

Romina lo sapeva da tempo, Bepun anche, ora me lo segno che devo ricordarmelo anch'io. E voi?

martedì 23 febbraio 2016

Suggerimenti - 149


If you don’t believe in God, then why have you written at such great length about religion?

NASA's Search For Astronauts Yields a Deluge of Applicants

Quelli che non conosci se non tramite libro
concordo; da poco dopo il 1964 per Eco

Umberto Eco: 'Come prepararsi serenamente alla morte. Sommesse istruzioni a un eventuale discepolo'

Perseguita un suo alunno e incita i compagni a picchiarlo, prof sospesa a Viterbo
rivoglio la Gelmini!

Ricercatore rifiutato dal Politecnico, il dipartimento tira dritto e getta ombre sul bando
rivoglio la Gelmini!


Tutti che si chiedono come fare a dimezzare la criminalità per le strade

Umberto Eco, il 1977 e il Dams

the vortex tube

Un ricordo di Umberto Eco

Gravitational Waves Exist: The Inside Story of How Scientists Finally Found Them
sempre bellissimo il New Yorker, come l'Atlantic, l'Edge e l'Eco Parrocchiale di Piobesi

Geniale


Bene

Piccolo compendio filosofico

Hug an engineer today! It's National Engineers Week

Keep calm and?
mica tanto ☹

Gl intellettuali che non abbiamo più

The Jastrow illusion blows my damn mind


Ci vuole una certa faccia tosta

Umberto Eco
.mau.

NASA Moves Forward With Mission Using Spy Satellite Telescope

Anche Gasparri onora la memoria di Eco

No, this isn't a GIF. It's the rapid movements of your eyes betraying you


Ciao @ale_dibattista,ci fai il disegnino di Airola che abbraccia Calderoli sotto lo sguardo schifato della #Cirinnà?

In gioco c’è l’accessibilità del sapere scientifico

In certi momenti corre tutto troppo in fretta

Xylella: il nodo della comunicazione

The moment of truth: We must stop Trump
vediamo se i 'mericani sono più sgamati di noi; e se arriverà Joe Cricket

The most frightening thing, is that it actually existed. The Titanoboa


Haha you know this made this puppy doggie feel like a real badass!

Logics

Sorridere alle avversità e tacere quando non c'è niente da dire

All'improvviso

Alt-Med Scamming for Dummies

occhio al segnale stradale


La grandinata di numeri

No, Scientists Didn’t Disprove Conspiracy Theories with Math

Così la Nsa spiava il governo di Silvio Berlusconi: "Le parole non bastano più"

Street Art by Peter Fischli in NYC

Why You Should Write

#HappyBirthday to Svetlana Gerasimenko, co-discover of Comet 67-P back in 1969


C'è sempre qualcosa che si può imparare


Oggi apro G+ e trovo quell'immagine lì. Bella vero? È di Kazimir, un matematico davvero tosto, lo conosco (via Web) da quando ci sono i social-cosi, peccato non abbia più tempo per il blog, ma si sa, si cresce. E poi lo trovate su G+, questa è qui.
Ma se ci andate ne trovate già altre (adesso una ma è presto).

Ora c'è una cosa personale, mia di me e forse di qualche altro piemontese. Il Lamium purpureum dice la Wiki che in italiano è conosciuto come falsa ortica purpurea --uh! come in portoghese (sempre dal post di Kazimir, nei commenti-- e non urtica, è gentile e passa spesso inosservato anche se certi terreni tra un po' ne sono pieni.

Ecco tra un po', diciamo all'inizio della Primavera (come la contiamo noi, basta andare in Svizzera e già cambia, loro sono più avanti, ci sono già; anche i cinesi, certo) sarà la loro stagione.
E all'inizio della primavera capita --per i preti ma in fondo per tutti-- San Giuseppe. Per cui da noi, per chi ancora parla dialetto, la piantina, per va della forma dei fiorellini, è conosciuta come scapin ëd san Giusep (pron. scapin 'd san giüsèp), che sarebbe come dire il calzino di san Giuseppe.

OK, giornata positiva, so una cosa in più, grazie a Kazimir. E siccome è quasi ora auguri a tutti i Giuseppe! ❤
Ma sì, dai, anche al buffone arruffagrullini (solo questa volta, nèh!). 

domenica 21 febbraio 2016

Toki, me e la confessione del furto

 Recentemente ho confermato la teoria di Warhol, è arrivato il mio momento di celebrità, quindici (scarsi per adesso ma non dispero) di condivisioni su Facebook invece dei quindici minuti di celebrità.
Che poi celebrità cosa vuol dire? Prendi quella volta che una di Piobesi è andata a Punta il Dito e a me fregacaz io manco ci ho fatto caso. Anche se --diversamente dal solito-- lo sapevo, me l'avevano detto, più volte. Si vede che era davvero importante. Per loro, io continuo a rimanere nella mia 'gruransa encicloskopika, non so nemmeno il nome, se mi capitasse d'incontrarla per strada non ci farei nemmeno caso, non me ne accorgerei.

Invece con l'eroe che suona il campanello del covo della sede locale dei Testimoni di Geova è piaciuto, assay ☺.
Ma non è farina del mio sacco, adesso provo a rimediare.
Di solito quando trovo qualcosa sul mio social-coso preferito, Twitter, segnalo il cinguettio. Così c'è l'attribuzione, a me resta la soddisfazione del piccolo contributo alla diffusione della Conoscenza e al raggiungimento della Verità. Uh! tra le altre cose ecco qui una conferma che il Web non è solo quello che si dice, c'è del buono dentro; dipende da quello che scegli, da chi frquenti, asinus asinum strofignat (cit.).
Nel caso in oggetto però mi si sono ingarbugliate le dita, ho salvato l'URL per diffonderlo ma ho salvato anche l'immagine, troppo pheegassay ☺
Accortomi del doppione, siccome ero di fretta (lo so che non è una giustificazione) ho cancellato la dritta e lasciato l'immagine. E questa l'ho pure diffusa su Facebook. Successo strepitoso: ho avuto condivisioni di gente davvero OK, chissà se qualcuno di loro mi chiederà la 'micissia? Io non lo faccio più perché Fèissbukk lo uso molto poco, ma un po' sì, mica posso frequentare solo i padagni indigeni locali di qui che sono un cicinin monocordi e poi gli sto anche sulle cosidette per via delle mie carenze in Mistica Salvinica.


Insomma il merito di tutto è di Toki, followatelo se siete tweeps, io l'ho appena fatto --e merita: Toki rockz!
Per dire proprio adesso ha ritwittato questo: Cosa desideri di più?

sabato 20 febbraio 2016

Serendipity

Ieri, approfittando di un momento in cui non diluviava (sta diluviando da giovedì, fa freddo e sulle alture -e non solo- sta nevicando) ci siamo avventurati a uscire per andare a comprare un PLC in sostituzione di quello che si è rotto l'altro giorno.


Un PLC (in realtà sono 2, uno emittente e uno ricevente, intercambiabili) è un apparato che consente di trasmettere il segnale da un router fino a dove si vuole in casa, attraverso i cavi elettrici). Poiché il mio PC è al piano di sopra e quello di mio marito al piano di sotto, e nessuno dei due ha il wifi, abbiamo trovato questo sistema per collegarci entrambi. 

Abbiamo scelto il TP-LINK TL-PA8010P, con velocità di trasmissione fino a 1.200 Mbps.

Nel centro commerciale però, prima di andare a comprare, vista l'ora abbiamo voluto prenderci il nostro cortado leche-leche  di mezza mattina. Di solito quando siamo lì lo prendiamo al bar dell'Alcampo (Auchan), ma abbiamo visto che c'era troppo da aspettare e abbiamo preferito prenderlo nel bar "di mezzo", quello che si vede in foto, tutto di legno.

in primo piano un punto di informazioni, circolare, sull'altro lato del bar una zona di esposizione
Così, per casualità, abbiamo notato che l'esposizione di questi giorni era d'arte. Ci siamo soffermati a guardare e ammirare le opere, e alla fine abbiamo deciso di comprane due (non erano affatto care, abbiamo speso di più per il PLC che per le due opere).
Questa è quella che ho scelto per me, mio marito ha preferito un pesce nei toni del malva.  L'autore, presentando le opere in Instagram, ha la bella abitudine di fotografarle insieme al mezzo usato per realizzarle, sia il pennello, sia la matita, siano penne...


C'erano pastelli e disegni realizzati su carta con varie tecniche. Tra l'altro, sul tavolo dove l'autore esponeva anche segnalibri e gadget vari con le immagini delle sue opere, c'era un quaderno, di pagine color grezzo, con stupendi disegni apparentemente a penna, che mi hanno fatto innamorare. 



Purtroppo solo le prime pagine erano disegnate, sono convinta che avessi chiesto di comprarlo avrei avuto un rifiuto perché l'artista lo usa per disegnare a mano a mano quel che gli suggerisce l'ispirazione.



Tornata a casa ho cercato, come no, in Internet notizie del giovane, sia nel suo blog sia nella sua pagina Facebook, sia in Instagram.
Così ho anche scoperto (nel web una cosa tira l'altra, si sa...) una pagina  di giovani disegnatori di comics, tra cui lo stesso Samuel Hernández, che sono sicura piacerebbe ad alcuni amici di Facebook. Vi invito a visitarla.

Insomma, una corsa al centro commerciale tra un diluvio e l'altro mi ha aperto nuove conoscenze, quando si dice il caso...



Suggerimenti - 148


Xylella e la “banalità” di fermare un contagio

E anche questa storia che respiri ossigeno ma espiri anidride carbonica

Non si può contare sulla lealtà dei 5 stelle?

America

Lighting a match


Se un grillino trova amici a casa per il suo compleanno


Detto, fatto...

#omeopatia #ottimismo

Stargazing

Il M5S è un partito fallito
Russia’s New Ballistic Missiles to be Tested on Asteroids


Bonjour

Stop Jupiter

Padre Pio: 4 cose che forse non sapevate (o preferivate non sapere)

The area of solar panels that it would take to power the world

An artist wraps a white sheet around the trunk of a tree and then paints

difference


Io e Gasparri siamo intercambiabili


Olimpiadi a Roma: io lo so

Le onde gravitazionali e la fame nel mondo
eh, sì, bravo Emanuele!

Lega: a Pontida "padroni a casa nostra" diventa "ladroni"

Lech Walesa era un informatore dei servizi segreti durante il comunismo
beh, era cattolico, si sarà poi confessato, dai!

Ho sempre desiderato farlo


The Pacific Ocean is probably bigger than you thought

nel deserto ogni mezz'ora passa un cammello

Sounds legit

Place perspective on everything you look at

Quite frankly, I’m wondering if the pope is actually Christian

The rise of Sanders


Non cediamo ai profeti di sventura alla Zio Vania

La religione non è tuttoIvo lo seguo da quando era studente a Milano

I Mysteri di Tupinamba! 20 – SpaceCricetOdissey!

Things you have probably not seen coming…

Toasts
wow ☺ ☻ ☺


Quel puntino? E' una bella foto di gruppo scattata dalla sonda #Cassini...a tutti noi!

40 years of wearing the EXACT same outfit every year. Dale Irby, 63 has the yearbook photos to prove it

La prossima volta che leggo "le ali invisibili della poesia" divento adepto della logica formale

Russian Photographer Captures The Most Adorable Squirrel Photo Session Ever!

Economia, Renzi rivendica un altro successo: “Con noi Pil decuplicato dallo 0,7 allo 0,70%”

Quando parte la corriera