lunedì 8 febbraio 2016
Giustizia è fatta!
No, ma fatemi capire.
Un tizio, come tutti (sicuramente tutti gli uomini, ma anche una grande percentuale di donne... io stessa, lo ammetto), ha dovuto, costretto dalle circostanze, svuotare la vescica in luogo appartato e senza testimoni... così credeva, perché invece la solerte Benemerita magari non vede uno scippo che avviene sotto il suo naso, ma in una provincia bacchettona come Bergamo coglie al volo il grave assalto alla moralità pubblica, il reato di atti osceni in luogo pubblico...
Come sapete, ora risulta che l'aver pagato una multa non è stato sufficiente. A quanto pare, il reato è stato iscritto nella fedina penale del povero ragazzo, ma con tale e tanta lentezza da pervenire fuori tempo massimo.
Infatti il ragazzo, ormai divenuto uomo, avendo vinto un concorso è stato assunto dall'Amministrazione Pubblica.
Al momento dell'assunzione ha dovuto presentare tutta una serie di documenti, tra cui il certificato del Casellario Giudiziale dal quale risultava: NULLA. In buona fede quindi ha firmato una dichiarazione in cui tra l'altro attestava di non avere precedenti penali. Ma si vede che nel tempo (pochi mesi, caso più unico che raro) intercorso tra questa firma e il controllo da parte dell'autorità preposta il grave reato è stato iscritto nei precedenti giudiziari. Risultato: la sua firma è un reato di dichiarazione mendace.
Non sono certo un'esperta in queste cose, ma mi pare che in genere la normativa distingua tra atti commessi in buona fede e quelli commessi con dolo ovvero intenzionali.
"Viene poi espressamente punita anche l’esibizione di un atto falso. Il decreto prevede infatti che l'esibizione di un atto contenente dati non rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso. In questo caso il reato viene commesso se c’è consapevolezza che quanto è dichiarato nell’autocertificazione non corrisponde al vero."
"Se i reati ... sono commessi per ottenere la nomina ad un pubblico ufficio o l'autorizzazione all'esercizio di una professione o arte, il giudice, nei casi più gravi, può applicare l'interdizione temporanea dai pubblici uffici o dalla professione e arte."
Ma nella fattispecie, ferma restando l'inesistenza del dolo, si applica la normativa "per i casi più gravi"? anzi peggio, perché qui si tratta di licenziamento e radiazione dalle graduatorie, a quanto pare in via definitiva, non temporanea.
So di un altro caso, sempre riferito a Bergamo, in cui invece i fatti erano molto più gravi, ma l'interessato anzi gli interessati (chi aveva creato il documento falso e chi l'aveva presentato) non hanno subito alcuna sanzione.
Si tratta di questo.
Nella lontana estate del 1989, ci fu un concorso per titoli per il reclutamento (all'epoca in ruolo, so che ora i contratti sono a tempo indeterminato) di docenti tecnico-pratici, insomma quelli di laboratorio. I titoli valutabili erano il voto del diploma abilitante e i periodi di servizio come supplente valutabili.
Al momento dell'uscita delle graduatorie regionali ci fu una certa sorpresa tra i docenti precari di una determinata classe di concorso, nell'istituto in cui lavoravo. Infatti, un docente XY che si sapeva avere il voto minimo di diploma e insufficienti titoli di servizio in quella specifica classe di concorso risultò tra i primi in graduatoria e infatti ottenne il posto. Poiché però proveniva da altra regione, i docenti che ottennero punteggio appena inferiore e rimasero esclusi dall'assunzione non presentarono ricorso né alla graduatoria né a questa assunzione, pensando che magari i titoli di servizio comprendessero anche periodi di insegnamento precedenti.
Ma a me la cosa puzzava. Infatti in quell'estate, periodo di ferie del segretario, essendo la più anziana (sia per servizio sia d'età) toccava a me firmare al posto del segretario tutti i certificati di servizio (al posto del preside, anche lui in ferie, firmava uno dei collaboratori, docente di religione, che non avendo la minima nozione di burocrazia firmava tutto quello che gli ponevano davanti e che avesse un minimo di apparenza "burocratica"!).
Ora, pur avendo compilato personalmente e firmato decine di certificati di servizio per tutti gli aspiranti all'immissione nelle varie classi di concorso, sia tra quelli in servizio nell'istituto al momento sia quelli che avevano svolto servizio in anni scolastici precedenti, mi risultò strano che il certificato del docente XY non mi fosse stato richiesto: la probabilità che aveva di ottenere subito il ruolo era minima per la classe di concorso del suo insegnamento attuale, ma avrebbe potuto inserirsi in graduatoria per il futuro.
Cercai traccia di un certificato recente rilasciato dal segretario prima di andare in ferie, ma nel registro numerato in cui si appuntano non ce n'era traccia. Trovai solo, cosa insolita, uno dei numeri "prenotato" da un collega W, ma senza il nome del docente cui si riferiva.
Ancora più strano mi parve quando ricordai di aver visto il collega W un giorno dell'estate confabulare insieme al docente XY e a un altro collega Z: questo collega Z era teoricamente in ferie fino alla fine del mese, ma rientrò in servizio, senza avvisare nessuno (del resto il segretario era assente), timbrando il cartellino per quel solo giorno e dal giorno dopo si assentò nuovamente.
Ovviamente mi chiesi perché mai fosse rientrato quell'unico giorno, poi pensando al collega W (notoriamente un po'...diciamo birichino) e al docente XY appena assunto in ruolo, feci 2+2 e andai a cercare nuovamente nel registro dei certificati: come supponevo, nel numero "prenotato" risultava ora il nome del docente XY.
Sapendo di non aver esteso io il certificato e che qualunque firma fatta quel giorno non da me a nome del segretario era un falso, cercai la copia del certificato stesso nel fascicolo personale del docente, ma non esisteva.
Avrei indagato più a fondo, ne acccennai brevemente solo col segretario nel frattempo rientrato, ma ottenni l'assegnazione provvisoria a Milano e dovetti andarmene dall'istituto bergamasco, senza proseguire le indagini.
Nell'anno scolastico successivo, finita l'assegnazione provvisoria, rientrai nell'istituto bergamasco.
Nel frattempo tutti i docenti immessi in ruolo con il concorso, superato il periodo di prova, erano stati confermati in ruolo, compreso XY.
Sono caparbia, per cui ricominciai la ricerca. Ora sì trovai nel fascicolo personale il famoso certificato, firmato per il segretario dal collega Z al posto mio (un reato, forse non grave ma sempre un reato).
I dati riportati dal certificato però risultavano corretti, il servizio prestato presso il nostro istituto era attribuito alla giusta classe di concorso, quella dei docenti tecnico-pratici di Fisica.
Però XY aveva ottenuto il ruolo come docente tecnico-pratico di Informatica... una classe di concorso differente!
Al momento dell'assunzione in ruolo il personale statale deve, tra gli altri documenti, presentare una dichiarazione di tutti i servizi svolti (anche ai fini previdenziali pensionistici) sia presso lo Stato sia presso qualunque altro datore di lavoro.
Sorpresa! nella dichiarazione di XY non risultavano, come prima ipotizzato, supplenze svolte precedentemente in altre regioni...
Come mai quindi, con pochissimo servizio di Laboratorio di Informatica svolto in altro istituto della provincia e con il voto minimo del titolo di studio, era riuscito a superare in graduatoria chi aveva ben più titoli?
Evidentemente esistevano due copie dello stesso certificato, una con la classe di concorso giusta (che risultava agli atti della scuola) e l'altra con quella che non spettava. Erano stati presentati contemporaneamente alle due diverse commissioni valutatrici regionali che operavano a Milano (per ogni classe di concorso c'era una commissione diversa, e a quanto pare non avevano contatti fra loro).
Non avevo in mano alcuna prova, per cui non potevo denunciare il fatto, ne parlai solo con alcuni colleghi. Venni allora a sapere che il docente in questione era protetto in alto loco nell'ambiente del Provveditorato, per cui mi rassegnai.
Però quell'anno assunse servizio a tempo determinato il docente AB della stessa materia, il primo della graduatoria rimasto non nominato (nel frattempo altri che lo precedevano erano stati assunti in altra provincia della stessa regione).
A lui spiegai tutta la faccenda, consigliandogli di fare ricerche e ricorso. Così fece e in effetti risultò che la nomina di XY era irregolare. Però l'amministrazione (non so se il Provveditorato o la Regione Lombardia che aveva gestito le commissioni) non volle prendere altri provvedimenti a parte nominare AB in ruolo sull'unico "spezzone" di ore disponibile, a quanto AB mi disse in virtù della facoltà di autotutela dell'amministrazione.
Il docente XY rimase di ruolo, non ebbe neppure una censura, e l'anno dopo si trasferì nella regione da cui proveniva.
Né W né Z ebbero conseguenze, anzi per quanto ne so (nel frattempo mi ero trasferita definitivamente a Milano) W partecipò a un concorso per segretario, vincendolo... di Z non seppi più nulla.
Insomma, un falso in atto pubblico doloso, intenzionale, da parte sia di chi compilò e firmò il certificato sia di chi lo presentò non venne neppure censurato, non parliamo di punito con il licenziamento!
A quanto pare la Giustizia sa essere alquanto elastica.
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Avrei pubblicato volentieri copia del racconto di Dino Buzzati intitolato "Il sacrilegio" (tratto dalla raccolta "I sette messaggeri"), che in qualche modo sembra anticipare i fatti qui descritti.
RispondiEliminaNon l'ho trovato in digitale nemmeno sul mulo, e quello che è uscito googleando "il sacrilegio buzzati sinossi" è così lontano dallo stato emotivo che riesce a trasmettere l'Autore che mi astengo dall'incollare qui, invitandovi invece a visitare una biblioteca e prelevare il volume nella versione cartacea originale.
Pochi giorni fa, giusto per il piacere di citare me stesso, ho pubblicato sul Libro delle Facce questo commento:
"Un ventennio di attacchi alla Magistratura ha finito per costringere i Giudici a rinunciare a quei margini di discrezionalità che dovrebbero caratterizzare la loro professione.
Posso capire che un Magistrato, magari attivo in qualche procedimento che coinvolge politici o altri personaggi di spicco, sia costretto ad applicare in modo rigoroso la Norma anche in casi in cui il comune buonsenso consiglierebbe di sorvolare.
Basta poco per diventare un bersaglio degli avvocati degli inquisiti, una toga rossa che aiuta gli amici comunisti, macchiandosi di omissione d'atti d'ufficio o peggio, per poi vedere se stessi rimossi dall'incarico ed i pesci grossi fuori dalla rete. Meno male che Silvio c'è."
Mi piace aggiungere qualcosa che da tempo mi rode dentro (cit. Nanni Loy), ovvero che sempre più spesso a fronte di qualsiasi comportamento illegale per quanto involontario (eppur un tempo Ignorantia legis non excusat!) viene spontaneo cercare, non da parte del "colpevole" che ne avrebbe motivo ma da qualsiasi "comune cittadino", esempi di casi asssimilabili ma di gran lunga peggiori in cui gli autori dei fattacci l'hanno passata liscia, come giustificazione sociale e assoluzione ad ampio spettro di chi ha commesso l'atto illegale involontario.
Questo atteggiamento sbagliatissimo del "ma altri hanno fatto ben di peggio" sta diventando un elemento fondante della nostra cultura, ribaltando concetti un tempo considerati punti fermi, cosicché un moderno Gesù, anziché Luca 6:41 "Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo?" direbbe "Perché ti preoccupi della pagliuzza che è nel tuo occhio, quando riconosci la trave che è in quello del tuo fratello?"
Come si può educare un figlio, quando sono state spuntate le armi verbali per controbattere i "non l'ho fatto apposta", i "lo fanno tutti", i "gli altri hanno fatto peggio"?
Da piccolo, ricordo, fioccavano i "non conta chi è stato meno bravo di te, devi guardare a chi è andato meglio!", oggi una frase di tal genere si perde nell'ossessivo desiderio di autoassoluzione che ormai, temo irreversibilmente, permea la nostra società.
Concordo al 100% e do la colpa all'età.
EliminaNon è che anche te stai invecchiando?