20 febbraio. Continuo a ricevere lettere di Santeddu in cui mi annuncia risultati sensazionali; la cosa mi preoccupa, il tono generale oscilla tra il fanatismo e il trionfalismo più becero. Si scaglia contro la fisica e contro il teorema di conservazione dell'energia, colpevole di violare la libertà dell'uomo. Unisce frasi prese a prestito da Quarotti e insulti del tipo: "... lei non ha capito nulla delle mie scoperte e morirà senza aver capito nulla..." Nono mancano avvertimenti in stile mafioso (mi ricorderò di lei al momento opportuno...). Spero solo che davvero si metta a fare la macchina, si troverà in compagnia di Zamina e di tutti i matti che da secoli si sono rotti le corna a costruirla.
3 marzo. Ho incontrato Quarotti nei corridoi dell'università; mi ha salutato freddamente, deve rendersi conto che lo considero un buffone e per giunta noioso. Mi ha fatto uno strano discorso in cui mi ha invitato a prestare maggiore attenzione a Santeddu, sul tono irritante del filosofo saggio che la sa lunga sulle cose del mondo. Che ci sia un legame tra Quarotti e Santeddu? Sono insospettito. Nelle sue lettere, Santeddu, che in fondo è un ex pastore sardo, ex meccanico della Fiat e ora proprietario di una pizzeria in via Madama Cristina, cita continuamente Hegel e Heidegger. Comincio a pensare che sia stato Quarotti a montargli la testa.
15 marzo. La "Gazzetta Sera" è uscita con un'intervista in cui Santeddu si dichiara in possesso del moto perpetuo. Mi sono davvero seccato, ho portato il giornale in Istituto e l'ho mostrato ai colleghi. Abbiamo deciso di scrivere una lettera al direttore per invitarlo a non cadere in trappole così ovvie.
20 marzo. Il direttore di "Gazzetta Sera" ci ha risposto con una lettera redatta in termini generici, in cui, pur con modi soavi, ci accusa di non essere abbastanza aperti verso le nuove idee; in sostanza saremmo accademici avulsi dalla realtà, se traduco bene. Mentre commentiamo delusi la lettera, arriva Bonazzola con la "Gazzetta". Quarotti ha scritto un lungo articolo in terza pagina lamentando l'ostracismo della scienza ufficiale verso gli "intoccabili" (citando a sproposito Santeddu e Galois). Manchiamo di umiltà. I riferimenti al mio caso personale sono trasparenti, gli amici cercano di calmarmi e di consolarmi. In realtà sono furioso, lavoro da trent'anni e pensavo di avere diritto a una maggior considerazione.
21 marzo. Vezzoli, un giornalista di "Gazzetta Sera" mi telefona invitandomi a una dimostrazione pubblica del moto perpetuo di Santeddu. Rispondo che non mi presto a certe pagliacciate, ma Vezzoli insiste e mi promette che le mie dichiarazioni saranno riportate fedelmente. Gli propongo di invitare Quarotti; è uno sbaglio. Quarotti ha già accettato e farà una introduzione filosofica all'invenzione. Dico comunque di no e appendo. Dopo appena dieci minuti mi telefona il rettore pregandomi di andare alla dimostrazione. Sono trasecolato; il rettore è chiaramente imbarazzato e il suo linguaggio prudentissimo ed ellittico mi fa capire che i militari sono interessati alla "scoperta". Mi ricordo improvvisamente che il fratello di Quarotti è generale dell'aeronautica. Cedo alle pressioni: se i militari vogliono fare una brutta figura sono faccende loro; andrò alla dimostrazione ma dovrò stare attento.
24 marzo. Sono affranto. La dimostrazione di Santeddu è stata un disastro. Tutto si è svolto in uno stanzone della TRP (la televisione di "Gazzetta Sera") presenti un nugolo di giornalisti, fotografi, poliziotti e militari in borghese e in divisa, nonché una splendida presentatrice (bionda). Tutti sudavano sotto la luce di potenti lampade. La "macchina" di Santeddu, coperta da un telo, si trovava su di un piccolo palcoscenico al centro della sala. Tricomi era con me, l'ho portato perché vede subito i trucchi. Quarotti ha parlato per mezz'ora preconizzando una nuova era della scienza: si trattava di un "evento storico". Santeddu trionfante si è messo a scimmiottare Quarotti, usando parole di cui non sapeva il significato e tantomeno la pronuncia.
Stavo per andarmene, stufo della buffonata, quando Santeddu ha sciolto un nodo, il telo è venuto giù scoprendo una macchina da Archimede Pitagorico, una ruota complicatissima armata di pioli con in cima pesanti biglie metalliche, il tutto snodabile. Santeddu le ha dato una spinta e l'aggeggio infernale si è messo in moto con un rumore assordante accelerando fino al punto in cui credevo si sfasciasse. Sono rimasto allibito, e i fotografi presenti e hanno approfittato per ritrarmi con una espressione imbarazzata sul viso.
Il generale Quarotti è rimasto impassibile. Tricomi, approfittando della confusione, si è messo a curiosare attorno alla macchina guardando sotto il piedistallo e toccando i cavi che correvano sul pavimento. Improvvisamente uno di questi si è guastato scoccando scintille e siamo piombati nel buio. Santeddu ha incominciato a urlare al sabotaggio, Quarotti, urtato da un poliziotto, è caduto contro la macchina. Quando finalmente si sono riaccese le luci Quarotti giaceva al suolo con un livido vistoso ma la macchina continuava ad andare avanti con un fracasso indescrivibile. Mentre cercavo di rispondere a un giornalista Santeddu mi ha aggredito, trattenuto a stento da un carabiniere; Tricomi era già sparito. Me la sono battuta anch'io velocemente.
25 marzo. I giornali sono usciti con articoli inneggianti alla scoperta di Santeddu. Non manca il solito polpettone storico-filosofico di Quarotti; adesso ha tirato fuori anche lo psichismo della materia. Io appaio ritratto con gli occhi sbarrati, la bocca aperta per lo stupore. Sotto c'è scritto: "La fisica è finita, umiliati gli scienziati nucleari, verrà chiuso il CERN?" Mi appendo al telefono e chiamo Jack Rebbi, l'illusionista, in questi giorni a Roma, scovandolo mediante certe amicizie che ho all'ambasciata americana. Non sa nulla del moto perpetuo. Gli spiego che dovrebbe venire a Torino per smascherare un truffatore, ma non pare molto convinto. Insisto che deve farlo per la cultura, la verità, ecc. Mi risponde che verrebbe solo se fossero in gioco fenomeni paranormali, ma che il moto perpetuo è fuori del suo campo. Non riesco a smuoverlo.
27 marzo. Tricomi viene nel mio ufficio con una serie di foto scattate di nascosto durante l'esibizione televisiva. I dettagli della ruota appaiono nitidissimi. Chiamo Tencone, il capo officina, e gli chiedo di costruire in fretta e furia un facsmimile, costi quel che costi. Me lo promette in pochi giorni.
29 marzo. Sono nervosissimo in attesa che Tencone finisca il lavoro. Per ragioni tecniche il nostro esemplare sarà più pesante, Dopo la dimostrazione i militari hanno ordinato la censura completa sul moto perpetuo. Mi telefonano dalla questura per mettermi in guardia contro fughe di notizie, già si parla di spie russe che offrono cifre favolose per avere una foto della macchina, inoltre emissari arabi già tenterebbero, per ovvie ragioni, di sabotare l'impresa che minaccia il loro monopolio energetico. Mi metto a ridere e rispondo alla questura che stiano tranquilli, magari i russi comprassero, si dimostrerebbe che anche i fenomeni come Santeddu servono a fare denaro. Una cosa mi consola, Santeddu è ora tenuto sotto chiave dai militari, con varie scuse.
30 marzo. Continuo a esaminare le foto della macchina di Santeddu. Si tratta di idee ben note che hanno il solo difetto di non funzionare. I pioli snodabili continuano a muoversi e a cadere in modo da portare un numero di pesi a sinistra che eccede quello di destra; la ruota dovrebbe mettersi in moto , dico dovrebbe, perché immancabilmente quando il piolo si piega esercita una reazione sulla ruota che annulla l'effetto. È solo questione di pazienza e anche la variante di Santedu si rivelerà fasulla. Sono sicuro che Santeddu ha nascosto un motore elettrico da qualche parte.
1° aprile. Vado in Istituto finalmente rassegnato dopo giorni di frustazioni. Troveremo il trucco di Santeddu. Tencone mi telefona per dirmi che la macchina è allestita nel seminterrato.Vado sotto, sono appena entrato e Tencone mi viene incontro pallidissimo cercando di dirmi qualche cosa, ma è subito interrotto da un ronzio altissimo che sale fino al rumore di tuono. Con uno schianto un grosso pezzo di piombo vola attraverso l'officina sfondando un armadio e ferendo seriamente Tricomi. Per un paio di minuti rimango senza parole, senza pensieri coerenti, non riesco a connettere, e non presto neppure soccorso a Tricomi, che geme al suolo. Tencone si trova in uno stato confusionale e guarda la macchina semidistrutta che sembra agitarsi ancora come se fosse viva. Gli chiedo se l'aveva collegata a un motore elettrico. Alla fine, riavutosi, comincia a pigliarsela con me, colpevole di avergli messo in mano senza avvertirlo una macchina pericolosa.
La macchina di Santeddu dunque funziona? La realizzazione del fatto mi colpisce come una martellata. Lagrange, Newton, Einstein, Galileo avevano tutti torto? Scappo via, dovevo avere una faccia terribile.
5 aprile. Da giorni non vado in Istituto, non ne sono capace. Tricomi sta meglio, se la caverà. La censura militare si è rivelata inutile, qualcuno ha venduto i piani a "gruppi interessati". La città è piena di giornalisti stranieri. Santeddu, liberato a furor di popolo (e di giornali), rilascia interviste trionfanti, chiede il premio Nobel e la mia cattedra a Torino. Cretino! Non sa che sono inamovibile. Non riesco ad aprire la TV e smetto di leggere i giornali.
15 aprile. Ormai l'invenzione di Santeddu è di dominio generale e la Fiat già pensa di impiantarla sulle sue automobili. Tedeschi e polacchi litigano tra di loro e con Santeddu per la priorità, qualcuno sostiene che la macchina del moto perpetuo è identica a quella di Orffyreus, un inventore tedesco o polacco del Settecento, la cui opera, creduta distrutta per ordine del Duca di Hesse, pare sia invece sopravvissuta. Che sia stato Quarotti a scoprire gli originali di Orffyreus e a passarli a Santeddu? Anche se così fosse non ne traggo motivo di consolazione, mi sento un pensionato inutile e patetico. Santeddu sostiene di essere il più grande scienziato del ventesimo secolo, e di avere superato Einstein e Jean Charon. Vuole la chiusura del CERN o perlomeno la sua conversione in centro studi sul moto perpetuo e sullo psichismo della materia.
Vado a spasso al Valentino e cerco un po' di solitudine; incontro invece Giuseppe, un bidello ora in pensione, che attacca subito discorso. Mi chiede se sono contento della nuova invenzione; esito a rispondere. Uno spettacolo improvviso ci interrompe. Dai prati del parco si leva, lanciata da uno stuolo di bambini, una nuvola multicolore di aeroplanini che emettono uno strano ronzio. Uno di essi sbatte contro un albero e cade in terra agitandosi. Lo raccolgo e sento un sapore amaro in bocca: al posto dell'elica ha una versione in miniatura della ruota di Santeddu, stampata in plastica in modo molto ingegnoso. Giuseppe vede la mia faccia e mi chiede se sto bene, a malapena riesco ad allontanarmi mentre una signora commenta estatica lo spettacolo. È davvero la fine.
solo un particolare nèh! |
OK, non è mio (ovvio vero?). Anzi indovinate l'autore, prima che ve lo dica io.
E un'altra cosa ancora: se sto violando diritti e mi viene detto rimuovo tutto prima di subito.
Aggiornamento: volete sapere chi è l'autore? e altro ancora? c'è tutto qui