giovedì 30 aprile 2015

Il procione, questo sconosciuto

Adesso alla sera sto rileggendo un romanzo davvero fantabuloso. Anzi, no lo sto leggendo per la prima volta, anche se so già la storia, quasi tutta. E quando me la ricordo un po diversa tra come è e come me la ricordo non sempre è colpa mia; anzi lo giudico un merito.

OK, forse è meglio se tiro il fiato, 7 respiri, e riparto.
Il Libro in questione è quello del titolo sopra, di Giancarlo Niccolai. Ne ho parlato a settembre (qui e qui) perché con Enrico ho partecipato alla correzione delle bozze.
Per questo avevo scritto che lo stavo rileggendo. Ma quella di adesso è una cosa completamente diversa, secondo me.

Leggere per andare a caccia di errori di battitura (qual'è il prulare di ciliegia? e di camicia? e di curriculum? e di mouse --uh! questo lo so: mice!) al 'puter per essere pronto a compilare la lista delle correzioni proposte è una cosa, leggere qualche pagina a letto tutt'altro.

E poi c'è che il Giancarlo mica si è fermato, anzi. Rispetto alle due bozze ha ancora limato, aggiustato qui e là, cose che non stravolgono l'impianto ma che limano e precisano il carattere dei personaggi.
Sì perché a me stupisce quanto sia pieno, quante cose è riuscito a metterci dentro.
Prendi, per dire, Midori-san. Tosta. OK, ne sono innamorato ma non ditelo a nessuno. E poi con una così mica è facile relazionarsi (si dirà, boh!). Fin da subito mi ero chiesto: "Ma quando dice `brutto procione` a qualcuno cosa vuol dire esattamente?". A suo tempo l'avevo chiesto a Giancarlo ma sapete che la mia memoria è quella che è e ho dovuto controllare tutta la serie di mail (visto come si fa quando non si sa il plurale? fortunati i giapponesi che non ce l'hanno!) e siccome nel libro non è scritto riporto qui la risposta:
Procione 野郎 << ya-rou -- il primo ideogramma è “campagna” (‘no’), o terre selvagge, e il secondo è procione (‘tanuki’) -- animale dispettoso e fastidioso -- insieme si pronunciano ‘alla cinese’ (on-yomi) “yarou”. MA “yarou” è foneticamente identico all’imperativo di fare (yaru -> yarou), e uno degli usi di “fare” in senso volgare, significa fottere (yaru ka? -- lo facciamo? -- si tromba?) -- quindi, il “procione selvatico” è una di quelle offese “antiche”, che equiparano gli uomini ad animali infimi, tipo “figlio di un cane”, che si diceva persino in latino -- e allo stesso tempo, veniva usato con un senso simile al “motherfucker” americano moderno, ossia, nel caso giapponese, fottitore, “buono solo a fottere”.
Chiaro? OK, secondo me sono uscito fuori tema ma --sempre secondo me-- il libro dovreste leggerlo. Lo trovate qui.

E te --pensa te-- il procione è un personaggio davvero importante, guardate qui: あらいぐまラスカル(STEREO) 主題歌 大杉久美子

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