domenica 10 febbraio 2013

Intervista a Karl Marx. Terza e ultima parte.

Cari lettori del tamburo e cari collaboratori del medesimo, è il vostro Karl che vi parla. Lo so, sarei dovuto essere da voi per l'ennesima intervista, ma, sarà stato il pranzo di oggi, sono affetto da una forma acuta di dissenteria e non mi posso permettere di lasciare il bagno neanche per un secondo. Anzi, è proprio dal suddetto luogo che vi sto pensando e scrivendo. Qui l'atmosfera non è delle migliori ma mi sforzerò, in senso lato ovvio, di essere chiaro e conciso in quella che sarà la mia esposizione (sempre in senso lato).

 Oggi, nonostante il meteorismo incalzante, vi voglio parlare della rivoluzione comunista e del mio fallimento.

 Si, posso dire, parafrasando Gaber, che anche la mia generazione ha perso...e più avanti, nella lettera, capirete anche il perchè. Prima però devo fare un breve accenno a quella che è la mia concezione del lavoro. 

Cos'è il lavoro per me? Immaginate un programmatore cui viene commissionato un lavoro: deve realizzare un programma che gestisca la contabilità di una nota azienda.
 Bene, per prima cosa il programmatore butterà un urlo di gioia, finalmente un progetto da realizzare. Poi andrà dall'imprenditore per discutere i dettagli, verrà stabilito il suo salario e via dicendo. Inizia così la fase operativa. Il programmatore trascorrerà una parte sostanziale del suo tempo a scrivere righe di codice. Dopo un paio di mesi circa, il lavoro è completato. Può sembrare che non sia successo nulla di strano, ma non è così. Una parte esistenziale del lavoratore viene trasferita nella sua opera, nel programma. L'opera del programmatore non è qualcosa di asettico...per lui è qualcosa di vivo. Infatti l'autore gli dà un'anima. La sua. Ma nello stesso tempo anche il programma (la merce) ha dato qualcosa al programmatore (lavoratore): Gli ha permesso di fare più esperienza, gli ha dato gratificazione, soddisfazione, realizzazione; in breve, lo ha reso più uomo. Possiamo quindi dire che esiste un rapporto dialettico tra mano e spirito.
 Ora pensate ad un operaio che lavora in una fabbrica dove si producono auto. A parte il fatto che il nostro dipendente non crea un prodotto finito, ma una parte di esso, va inoltre a realizzare  qualcosa che non gli appartiene. Il lavoratore così diventa estraneo al suo lavoro, quindi a se stesso. Perde una parte della sua umanità. Si aliena. Per farla breve, in una società capitalistica il lavoratore cede alla borghesia non solo la forza lavoro, ma anche parte della sua esistenza.
 
Da quanto detto si evince chiaramente che il lavoratore andrà a produrre un valore maggiore rispetto al salario percepito. Questo valore superiore al salario percepito lo chiamo plus-valore. Cosa ne fa il capitalista del plusvalore? Una parte di esso, ad esempio,  lo investe per modernizzare l'azienda in modo da poter produrre più merci a un minor prezzo. Compra così nuovi macchinari che, guarda caso, vanno a sostituire pian piano il lavoro degli operai. Aumenta così la sua capacità di concorrenza, ma diminuisce il numero degli operai impiegati. A questo punto avviene qualcosa di inaccettabile: Aumenta la disoccupazione e, con essa, dimininuisce il potere di acquisto delle famiglie (a dire il vero diminuiscono pure le famiglie). E ora che si fa? A questo punto gli operai si incazzano (si dovrebbero incazzare) e si appropriano (si dovrebbero appropriare) dei mezzi di produzione. Avviene la rivoluzione, ecco.
La rivoluzione consta di due fasi: nella prima nascerà quella che chiamo la dittatura del proletariato in cui l'economia funzionerà secondo il modello capitalistico, ma anzichè arricchire i privati, porterà beneficio a tutta la società. Nella seconda fase il proletariato rinuncerà spontaneamente al potere e avremo così una società senza classi, costituita da uomini liberi in cui ognuno potrà ricevere secondo i propri bisogni e produrre secondo le proprie capacità.

Mi duole doverlo ammettere, ma le cose non sono andate affatto così. La seconda fase della rivoluzione non si è mai realizzata e, spesso, il mio sistema si è trasformato in ciò che volevo evitare, o forse in qualcosa di peggio: Uno strumento di oppressione!! Dove ho sbagliato? Come dice una cara persona molto vicina all'amico Bit3Lux, sono gli uomini che devono cambiare. A me è mancato Freud. Ecco! Se non cambia l'uomo, ogni sforzo per cambiare la società risulterà vano.


E' arrivato così il momento di salutarci...E' stato bello potermi raccontare, dire la mia... Un abbraccio a tutti.

Con Affetto, il vostro caro Karl. O meglio, il vostro caro Karletto. :)

Prima parte dell'intervista.
Seconda parte dell'intervista.

9 commenti:

  1. Ah, sono lieto che Carletto apprezzi Claudio Lolli! Probabilmente l'ascolto di "Come un vecchio incensiere all'alba di un villaggio deserto" lo aiuta a... concentrarsi ... ;-)

    Scherzi a parte, Bit, complimenti, bellissima intervista.

    RispondiElimina
  2. Carissimo Bit3Lux attendiamo le prossime interviste. Sperando che gli intervistati non facciano come Karl. Ma anche tu ribellati, non farti esautorare!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bisogna venire incontro alla gente...e ieri il caro Karletto aveva impellenti bisogni fisiologici... ;)

      Elimina
  3. Caro Karl, auguri. Prova magari con l'Imodium.
    Ora spero che tu stia meglio, perchè vorrei porti qualche obiezione, che il tuo intervistatore ha dimenticato o tralasciato.
    Oggi ci hai ricordato la parte più romantica ed accattivante del comunismo, ma non hai accennato ai motivi per cui era condannato a fallire.
    Tu e i tuoi amici avete fondato il marxismo o comunismo o come lo hai definito il socialismo scientifico. Ma come ha evidenziato Popper nè la tua dottrina, nè la psicoanalisi che ha influenzato il tuo pensiero, possono definirsi scientifici, perché non falsificabili. I lettori di questo blog, molto attenti alle questioni scientifiche, dovrebbero essere sensibili a questa obiezione, anche se i tuoi epigoni l'hanno maldestramente confutata.
    A mio modestissimo parere inoltre il marxismo, nato opponendosi all'idealismo, era destinato per la sua struttura a diventare ed è effettivamenti diventato un'ideologia, incapace come tale di quel continuo adattamento alla storia necessario ad ogni dottrina sociale, economica e politica.
    Caro Karl, non sei direttamente responsabile degli orrori che sono stati commessi in tuo nome, ma se fossi stato più attento e meno estremista avresti dato un contributo più grande e meno violento al progresso dell'umanità.
    Grazie comunque per averci provato.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La tua obiezione è fondata e ti ringrazio per averla condivisa con tutti noi. Il mio intento su questo blog non era tanto di esporre in modo pedissequo il pensiero di Marx, quanto piuttosto quella parlare del Marx uomo. Io personalmente ho paura dei miti. Parlando di un mito ci sfugge l'umanità della persona, in questo caso di Marx. E senza una base umana, si rischia di fare del suo pensiero una fede (come purtroppo è successo). Marx era un uomo e, come tutti gli uomini, aveva anche problemi di natura gastrointestinali...questo per dire che aveva i suoi limiti strutturali. Tuttavia, se per alcuni versi il suo sistema è stato fallimentare, dobbiamo riconoscergli il contributo sostanziale alla creazione dello stato sociale. Se da noi, ad esempio, non si parla solo di uguaglianza formale (come avrebbe voluto il liberismo più becero), ma anche di quella sostanziale, lo dobbiamo al caro e buon Marx. :)

      Elimina
  4. Be', era evidente che fosse destinato a fallire: l'applicazione pratica è stata tentata in varie naazioni, ma senza mai tener conto della natura umana: gli uomini non nascono buoni, con buona pace di Rousseau, l'uomo è forse il più egoista degli animali, incapace di organizzare società sul tipo di quelle delle formiche, dove tutti hanno il loro compito, alla pari, e tutti la loro ricompensa, alla pari. Se si dividessero oggi tutti i beni della Terra equamente tra tutti gli uomini, non credo che passerebbero più di due anni per riavere una situazione come quella attuale, con i "furbi" arricchiti e al potere (che consente loro di arricchirsi sempre più) e gli ingenui e gli idealisti con le pezze al sedere... Il comunismo può funzionare solo se gli uomini mettono da parte il proprio egoismo innato e lavorano non per sé ma per la società.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bruna, mi sa che farò un altro post su Marx, dove parlerò dell'applicazione pratica del suo pensiero... ma solo per intavolare un dibattito sull'argomento che trovo molto interessante. :)

      Elimina
  5. Amici miei, il liberismo, anche il più becero, non ha prodotto milioni di vittime nei gulag. Tuttavia spesso anche la parola liberismo, come quella comunismo, serve a coprire nefandezze che hanno tutt'altra origine.
    Bruna, sei certa che si arrichiscano solo i più furbi? Io personalmente non sono nè furbo nè ricco, ma guardandomi attorno vedo molte persone che guadagnano cifre pazzesche solo per le loro particolari capacità. Apple, Microsoft eccetera non ti dicono nulla? Oppure prendi i calciatori, lo sport sarà pure una sovrastuttura e bla bla bla, però milioni di proletari spendono i loro soldi per vedere individui -a volte per niente furbi nè intelligenti- gettare una palla in una rete: i calciatori hanno questa dote rara e vengono profumatamente pagati per questa. Sono soldi dei proletari, ma prova a togliergli il calcio!
    Comunque non essere così pessimista: il mondo non è solo homo hominis lupus, recenti studi evoluzionistici hanno dimostrato che la solidarietà dà un vantaggio al gruppo sociale e quindi agli individui che lo compongono.
    In ogni caso non vorrei essere una formica. E tu?
    Bit3Lux. Sono d'accordo con te: bisogna valorizzare l'individuo (e questo è quanto ci sia di più lontano dal marxismo). Ad esempio personalmente nel caso della divulgazione scientifica preferisco si dia risalto alle persone assieme ai risultati che hanno raggiunto.
    Però su Marx come uomo c'è ben altro da raccontare, lo sai bene!

    RispondiElimina