lunedì 9 marzo 2015

Perché è così difficile credere alla scienza!


Antefatto:
+Valentina Corriga segnala su Google+ questo articolo, e io: "Wow! Articolone. Varrebbe la pena tradurlo in italiano per dare modo a tutti di leggerlo.".
Di come uno prende impegni che poi non può mantenere (tempo, tempo, tempo).
Fortuna che poi ci son gli amici: "vorresti farlo tu?", chiedo al buon +Juhan
Detto fatto, me lo ritrovo in mail.

Perché:
Perché impiegare del tempo per tradurre un articolo? Non è un capolavoro, non è illuminante, non scopre niente di nuovo però... però stimola la riflessione. Si può o meno essere d'accordo con quello che scrive Joel Achenbach, di certo non si può non soffermarsi ed interrogarsi su diversi dei passaggi del suo articolo, soffermarsi e chiedersi: "Ma allora se è così! E io..." 


E allora eccovelo:

Perché è così difficile credere alla scienza!



C'è una scena nel Dottor Stranamore, capolavoro di Stanley Kubrick in cui Jack D. Ripper, un generale americano ribellatosi che ha ordinato un attacco nucleare all'Unione Sovietica, rivela la sua visone paranoica del mondo e la spiegazione per cui beve "solo acqua distillata, o piovana, e solo puro alcool di grano" a Lionel mandrake, un confuso e ansioso capitano della Royal Air Force.


Ripper: "Hai mai sentito della fluorizzazione? Fluorizzazione dell'acqua?"
Mandrake: "Ah!, sì, ne ho sentito parlare, Jack, sì, sì".
Ripper: "Bene, allora sai di cosa si tratta?"
Mandrake: "No, No, non so cos'è, no".
Ripper: "Ti rendi conto che la fluorizzazione è il più mostruoso concepito e pericoloso complotto comunista che abbiamo mai dovuto affrontare?"



Il film uscì nel 1964, tempo nel quale i benefici alla salute della fluorizzazione erano ormai ampiamente accertati e le teorie cospirative anti-fluorizzazione potevano essere il soggetto di una commedia. Ora, mezzo secolo dopo, la fluorizzazione continua a alimentare paura e paranoia.
Nel 2013 i cittadini di Portland (Oregon), una delle poche grandi città americane che non fluorizzano, hanno bloccato il progetto di fluorizzare. Gli opponenti non accettano l'idea che le istituzioni aggiungano "agenti chimici" alla loro acqua. Affermano che il floruro può essere pericoloso per la salute umana.

In realtà il floruro è un minerale naturale che, usato in piccole dosi nella rete idrica, rinforza lo smalto dei denti e previene la carie, un modo economico per migliorare la salute dentaria di tutti, ricchi e poveri, sia che si lavino coscienziosamente i denti o no.
Questa è l'opinione generale di scienziati e medici, cosa alla quale diversi cittadini di Portland, facendo eco ad attivisti anti-fluorizzazione sparsi per il mondo, replicano: "Noi non ci crediamo".


Stiamo vivendo un' epoca in cui tutte le forme di conoscenza scientifica, dalla sicurezza del flururo e vaccini, alla realtà del cambiamento climatico, si scontrano con opposizioni organizzate e spesso furiose.

Supportate da loro fonti di informazione e da loro interpretazioni di ricerche, i "dubbiosi" hanno dichiarato guerra al consenso degli esperti. Ci sono così tante di queste polemiche in questi giorni, che si potrebbe pensare che un'agenzia diabolica ha di proposito messo qualcosa nell'acqua per creare polemiche.

Il dubbio riguardo la scienza è diventato un meme della cultura popolare.
Nel recente film Interstellar, ambientato in una futuristica e oppressa America in cui la NASA è stata costretta a nascondersi, i libri di testo scolastici dicono che gli allunaggi Apollo sulla luna sono finti.
In un certo senso non è sorprendente.



Le nostre vite sono permeate da scienza e tecnologia come mai prima.
Per molti di noi questo nuovo mondo è meraviglioso, confortevole e ripagante, ma anche più complicato e a volte snervante. Stiamo affrontando rischi che non sappiamo analizzare facilmente.
Ci viene detto, per esempio, di accettare che è sicuro mangiare cibi contenenti organismi geneticamente modificati (OGM) perché, gli esperti dicono: "non c'è evidenza e ragione di credere che alterando con precisione geni in laboratorio sia più dannoso che alterarli all'ingrosso con l'allevamento tradizionale".
Ma per alcuni la sola idea di trasferire geni tra le specie evoca frenetici scienziati pazzi, così che, due secoli dopo che Mary Shelley scrisse Frankenstein, parlano di "frankencibo".

Il mondo pullula di rischi reali e immaginari, e distinguere gli uni dagli altri non è facile.
Dobbiamo temere che il virus Ebola che si trasmette solo attraverso contatti di fluidi umani muterà in una super-peste aerea? Il consenso scientifico dice che è estremamente improbabile: "nessun virus è mai stato osservato cambiare completamente il modo di trasmissione umana, e non c'è alcuna evidenza che l'ultima evoluzione di Ebola sia diversa".
Ma cerca con Google "airborne Ebola" e entri in un mondo parallelo dove il virus ha quasi poteri supernaturali, inclusa la capacità di ucciderci tutti.



In questo mondo sconcertante dobbiamo decidere a cosa credere e come agire di conseguenza. Questo è il principio per cui c'è la scienza: "La scienza non è un corpo di fatti" dice Marcia McNutt, già capo dell'U.S. Geological Survey, e adesso redattore di Science, la prestigiosa rivista.
"La scienza è un metodo per decidere se ciò che scegliamo di credere ha una base nelle leggi di natura o no".
Il metodo scientifico ci porta a verità che sono scarsamente autoevidenti, spesso sconcertanti e a volte difficili da digerire.




Nel XVII secolo, quando Galileo dichiarò che la Terra ruota sul suo asse e orbita attorno al Sole, non stava solo negando la dottrina della chiesa; stava chiedendo alla gente di credere a qualcosa che sfida il senso comune, perché sembra davvero che il Sole giri intorno alla terra e che questa non ruoti. Galileo venne processato e costretto a ritrattare. Due secoli dopo, Charles Darwin sfuggì questo destino, ma la sua idea che tutta la vita sulla Terra sia evoluta da un antenato primordiale, che noi umani siamo cugini lontani di scimmie, balene e perfino molluschi delle profondità marine, è tuttora una grande domanda ed una cosa difficile da credere (e accettare) per parecchia gente.

Se accettiamo questi precetti della scienza nel subconscio ci aggrappiamo alle nostre intuizioni; è quello che i ricercatori chiamano "credenze naif".




Una ricerca di Andrew Shtulman di Occidental College mostra come anche gli studenti con un'elevata educazione scientifica hanno difficoltà nel loro percorso quando gli viene chiesto di confermare o negare che gli umani discendono da animali marini e che la Terra gira attorno al Sole. Entrambe le verità sono controintuitive. Gli studenti, anche quelli che correttamente hanno segnato "vero", risultano più lenti a rispondere a queste domande rispetto a questioni circa il se gli umani discendano da creature arboricole (vero anche questo ma più facile da accettare) e se la Luna giri attorno alla Terra (vero ma intuitivo).
La ricerca di Shtulman indica che quando diventiamo scientificamente alfabetizzati, reprimiamo le nostre credenze ingenue ma non le eliminiamo mai interamente. Sono annidate nei nostri cervelli e ci "cinguettano all'orecchio" mentre tentiamo di dare un senso al mondo.

Molti di noi si basano su esperienze personali e aneddoti, su storie invece che statistiche. 
Possiamo fare un test antigenico per la prostata, anche pensando che non è generalmente raccomandato, perché un nostro amico ha avuto il cancro, e facciamo meno attenzione all'evidenza statistica, faticosamente compilata attraverso più studi, mostrante che il test raramente salva vite ma scatena diverse operazioni non necessarie.
Oppure sentiamo di un gruppo di casi di cancro in una città con una discarica "azzardata", e deduciamo che l'inquinamento abbia causato i cancri. Ovviamente, solo perché due cose capitano assieme non significa che una causi l'altra, e solo perché gli eventi sono raggruppati non significa che non siano casuali.
Ancora abbiamo difficoltà a accettare la casualità; i nostri cervelli cercano modelli e significati.




Anche per gli scienziati, il metodo scientifico è una dura disciplina.
Anche loro, sono vulnerabili a pregiudizi e spesso la tendenza a cercare e vedere solo evidenze che confermino quello che già crediamo. Ma diversamente dal resto di noi, sottomettono le loro idee a revisioni di loro pari (peer review) prima di pubblicarle. Una volta che i risultati sono pubblicati, se sono sufficientemente importanti, altri scienziati tenteranno di riprodurli e, essendo per natura scettici e competitivi, saranno felicissimi di annunciare che non reggono.


I risultati scientifici sono sempre provvisori, suscettibili ad essere ribaltati da qualche esperimento o osservazione futura. Gli scienziati raramente proclamano una verità assoluta o una certezza assoluta. L'incertezza è inevitabile alle frontiere del sapere.


La qualità provvisoria della scienza è un'altra cosa che causa dubbi a parecchia gente.
Per qualche scettico sul cambiamento climatico, per esempio, il fatto che alcuni scienziati nel 1970 erano preoccupati (ragionevolmente, sembrava a quel tempo) circa la possibilità dell'arrivo di un'era glaciale, è abbastanza per screditare quello che adesso è il consenso del mondo scientifico: "la temperatura superficiale del pianeta si è innalzata di 2.7 °C (1.5 °F) nei 130 anni passati, e le azioni umane, inclusa la combustione di combustibili fossili, sono estremamente probabili di esserne la causa dominante da metà del XX secolo".
È chiaro che organizzazioni finanziate in parte dall'industria dei combustibili fossili ha deliberatamente tentato di ostacolare la comprensione da parte del pubblico del consenso scientifico promuovendo pochi scettici. I mezzi di comunicazione danno abbondante attenzione a questi eccentrici, negazionisti, controversisti professionali rovesciatori di tavoli.

I media sanno anche farci credere che la scienza è piena di eclatanti scoperte fatte da geni solitari.
Per niente. La (noiosa) verità è che la scienza usualmente avanza in modo incrementale, attraverso il costante accumulo di dati e approfondimenti raccolti da parecchia gente in parecchi anni.
Come per il cambiamento climatico che non è una cosa che salta fuori con la prossima lettura del termometro.
Ma le pubbliche relazioni dell'industria, benché fuorvianti, non bastano a spiegare perché tanta gente rifiuta il consenso scientifico sul riscaldamento globale.




Il "problema di comunicare la scienza", come viene blandamente chiamato dagli scienziati che lo studiano, ha generato abbondanti nuove ricerche su cosa la gente decide di credere e perché così spesso non accetta il parere degli esperti. "Non è che non lo afferrino", secondo Dan Kahan dell'Università Yale. Per uno studio ha chiesto a 1540 americani, un campione rappresentativo, di valutare il rischio del cambiamento climatico su una scala da 0 a 10. Ha quindi correlato questo con l'alfabetizzazione scientifica dei soggetti trovando che un'elevata alfabetizzazione era associata a una visione più forte ad entrambi gli estremi dello spettro.

La conoscenza scientifica promuove la polarizzazione, non il consenso.
Secondo Kahan, questo perché la gente tende a usare la conoscenza scientifica per rinforzare la propria visione del mondo.
Gli americani ricadono in due campi tipici, dice Kahan: quelli con una mentalità più "ugualitaria" e "comunitaria" sono generalmente sospettosi dell'industria e propensi a credere che ci sia qualcosa di dannoso che richieda una regolamentazione governativa;  sono propensi a vedere i rischi del cambiamento climatico. In contrasto, gente con una mentalità "gerarchica" e "individualista" rispettano i leader dell'industria e non amano le interferenze del governo nei loro affari; sono propensi a rigettare gli avvertimenti sul cambiamento climatico, perche sanno che accettandolo ciò li condurrà a qualche tipo di tassa o regolamento che ne limiti le emissioni.
Negli stati Uniti il cambiamento climatico è diventato "la prova del nove" che identifica se appartieni all'una o all'altra di queste due tribù antagoniste.
"Quando discutiamo di questo", dice Kahan, "stiamo in realtà discutendo su chi siamo, qual'è la nostra setta".




La scienza fa appello ai nostri cervelli razionali, ma le nostre credenze sono largamente motivate da emozioni, e la motivazione prevalente è quella di rimanere collegati con i nostri pari. "Siamo stati al liceo. Non abbiamo mai lasciato il liceo", dice Marcia McNutt. "La gente ha ancora bisogno di adattarsi, e questo bisogno è così forte che valori e opinioni locali vincono sempre sulla scienza. E continuano a battere la scienza, specie quando non c'è un chiaro svantaggio ad ignorarla".

Nel frattempo internet rende facile come non mai, per chi dubita della scienza, trovare le "proprie" informazioni e i "propri" esperti. È finito il tempo in cui poche e potenti istituzioni, le università principali, le enciclopedie e le fonti principali di notizie, servivano da portieri dell'informazione scientifica. Internet ha democraticizzato questo; è una buona cosa? Ma!
Come per la TV il web ha altresì reso possibile vivere in una "bolla filtro" che lascia entrare solo l'informazione che già ci piace.
Come penetrare nella bolla? Come convertire gli scettici della scienza? Fornire più dati non aiuta. 
Liz Neeley, che aiuta gli scienziati a migliorare la comunicazione in un organizzazione chiamata Compass, dice che la gente ha bisogno di sentire "da credenti" di cui si fida, che condividono i loro valori fondamentali. Lei ha una personale esperienza su ciò. suo padre è uno scettico del cambiamento climatico e s'informa prevalentemente da fonti conservatrici. Esasperata lei gli ha chiesto: "Credi a loro o a me?" Lei gli ha detto che crede agli scienziati che fanno ricerca sul cambiamento climatico e che conosce personalmente parecchi di loro. "Se tu credi che sbagli", gli ha detto, "allora devi dirmi che non credi in me". La posizione di suo padre sull'argomento si è ammorbidita. Ma non sono stati certo i fatti a far ciò.
Se sei un razionale, c'è un qualcosa di deprimente in tutto questo. 

Nella descrizione di Kahan su come decidiamo cosa credere, a volte, cosa decidiamo risulta pressoché accidentale. Quelli di noi che operano nel settore della comunicazione scientifica sono tribali come ogni altro, credetemi. Crediamo nelle idee scientifiche non perché abbiamo per davvero valutato tutte le evidenze ma perché sentiamo un'affinità verso la comunità scientifica. Quando ho detto a Kahan che accetto pienamente l'evoluzione, lei mi ha risposto: "Credere nell'evoluzione è solamente una nostra descrizione. Non è un resoconto di come ragioni".
Forse, anche se l'evoluzione è qualcosa di reale. La biologia è incomprensibile senza di lei.
Non ci sono sempre due "strade" per tutti i problemi. 


Il cambiamento climatico sta avvenendo. I Vaccini salvano vite. Essere corretti importa eccome, e la tribù della scienza ha una lunga storia di risoluzioni di cose nel modo corretto.
La società moderna è costruita sulle cose che la scienza ha risolto.


Dubitare della scienza ha anche conseguenze gravi, come si è visto nelle recenti settimane con l'epidemia di morbillo che è sorta in California. Le persone che credono che i vaccini causino l'autismo, peraltro spesso istruiti e benestanti, stanno minando la "immunità del gruppo" contribuendo ad incrementare malanni come pertosse e morbillo. Il movimento antivaccini è diventato forte da quando una prestigiosa rivista britannica, The Lancet ha pubblicato uno studio nel 1998 collegante il vaccino comune all'autismo. La rivista ha successivamente ritirato lo studio che era stato screditato  e a fondo. Ma la nozione di una connessione vaccino-autismo è stata propagandata da celebrità e rafforzata attraverso gli usuali filtri su internet. (L'attivista antivaccini e attrice Jenny McCarthy proclamò nel "The Oprah Winfrey Show", "L'Università di Google è dove mi sono laureata").




Nel dibattito sul clima, le conseguenze sui dubbi sono suscettibili di essere globali e durature. 
Gli scettici del cambiamento climatico negli Stati Uniti hanno raggiunto il loro obiettivo fondamentale di fermare l'azione legislativa volta a combattere il riscaldamento globale. Non hanno dovuto vincere il dibattito per meriti; hanno soltanto dovuto creare abbastanza confusione sufficiente a impedire le leggi concernenti il contenimento delle emissioni di gas a effetto serra.
Qualche attivista ambientale vorrebbe che gli scienziati uscissero dalle loro torri d'avorio e s'impegnassero maggiormente nelle battaglie politiche. Ogni scienziato che pensa di prendere questa strada deve farlo con attenzione, dice Liz Neeley. "La linea tra la comunicazione scientifica e il patrocinio è difficilissima da riattraversare", dice. Nel Dibattito sul cambiamento climatico, l'asserzione principale degli scettici è che la scienza non dice il vero e una seria minaccia è politicamente sfumata, condotta da un attivismo ambientale e non da dati certi. Questo non è vero e calunnia gli scienziati onesti. Ma la richiesta diventa più facile a essere vista come plausibile se gli scienziati vanno oltre i loro campi d'esperienza e iniziano a sostenere politiche particolari.


È il suo distacco, quello che si può chiamare il sangue freddo della scienza, che la rende l'arma vincente. 


È in questo modo che la scienza ci dice la verità invece di cosa pensiamo che la verità sia. 
Gli scienziati possono essere dogmatici come tutti gli altri, ma il loro dogma è sempre avvizzente nel caldo bagliore di nuove ricerche.
Nella scienza non è peccato cambiare opinione quando l'evidenza lo richiede.
Per certa gente, la tribù è più importante della verità; per gli scienziati migliori, la verità è più importante della tribù.

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