domenica 11 marzo 2012

Chimica salvavita?


Sono sempre stata molto critica e scettica sulla “ricerca” o “sperimentazione” in campo farmaceutico.
Mi spiego.

Da quanto vedo e leggo, la metodologia applicata è grosso modo la seguente: il protocollo prevede che si inizi con un procedimento computerizzato (High Throughput Screening) di modelli per individuare, sintetizzare e selezionare le molecole da sperimentare, tra quelle che potenzialmente possano influire sulla malattia studiata, o perlomeno sui suoi sintomi. Possono essere anche molecole già utilizzate per altre ricerche, e scartate in quelle perché non utili all'uopo, o sostanze naturali (moltissimi sono i principi attivi che da secoli si estraggono dalle piante e sempre nuovi se ne scoprono), a volte scoperte casualmente.

A questo livello si possono studiare, sempre in modo teorico ovviamente, attraverso simulazioni, le possibili interazioni tra le molecole in studio e l'utente finale.
Questa prima fase è molto importante perché serve a scartare a priori molte sostanze, limitando così nel tempo (e nel costo) la ricerca.

Poi si passa all'applicazione pratica, sperimentando gli effetti su cellule isolate (procedimento in vitro) o più frequentemente, per poter vedere gli effetti su un organismo nella sua complessa integrità, su un certo numero di animali sani di varie specie (insisto su sani, come mi ha fatto notare un fautore di questa tecnica sperimentale non devono preesistere infermità, per non falsare i risultati).

Questi animali (criceti, scimmie, cani, topi o rane che siano) vengono trattati, a seconda dei casi, con esposizione a infezioni batteriologiche o virali, o a radiazioni o avvelenamenti o altro, affinché presentino i sintomi apparenti della malattia sulla cui cura si vuole indagare. In alcuni rari casi la patologia indotta è simile a quella umana, ed ha eziologia simile.

A questo punto, con gli animali artificiosamente fatti ammalare, si procede abbastanza a tentoni applicando ad una ad una le varie sostanze evidenziate nella precedente fase, finché i sintomi stessi o almeno alcuni siano spariti o mitigati. A volte appare utile mescolare alcune di queste sostanze. 
Ovviamente, se sulla specie oggetto dell'esperimento il farmaco da studiare non ha gli effetti voluti, si passa a sperimentare su animali di altra specie.
Contemporaneamente si annota e corregge l'eventuale tossicità connessa con queste cure, e si calcolano i dosaggi in modo da avere il minor numero possibile di effetti avversi, nonché si determina la composizione chimica esatta per avere la dovuta stabilità ed efficacia.


Dopo un sufficiente numero di prove e riprove, ogni volta partendo ovviamente da animali precedentemente sani, si procede alla fase della sperimentazione clinica, su umani volontari, dapprima sui sani per testare la tollerabilità del nuovo farmaco e verificare la presenza di effetti collaterali, successivamente sui pazienti affetti dalla malattia che si vuol curare, per verificare la reale efficacia. In questa fase vengono condotti gli esperimenti in cieco o in doppio cieco (in cui né il paziente né il medico sanno se si sta usando il principio attivo o un placebo, ad evitare effetti psicologici fuorvianti).

I farmaci vengono seguiti anche negli anni successivi alla loro prima commercializzazione, tanto è vero che è relativamente frequente il ritiro dal commercio di uno di essi, spesso per motivi connessi con la tossicità o gli effetti collaterali a lungo termine, quando non addirittura la mancanza di efficacia sufficiente (non dimentichiamo che il primo test generalmente viene fatto su malattia indotta in un animale, diversa da quella spontanea dell'uomo, e che ogni specie può reagire al principio attivo o in generale a una sostanza chimica in modo differente: si pensi alla diossina, cosi tossica per l'uomo e praticamente innocua per i criceti).
Vengono in genere sostituiti, dopo un'ulteriore trafila di sperimentazione, con farmaci simili per composizione, spesso con lo stesso principio attivo in concentrazione differente, o con differente presentazione (liquido in fiale anziché compresse...) o con differenti eccipienti. In questo modo riparte da zero il periodo di validità del brevetto.
Quando poi i brevetti con gli anni inevitabilmente scadono, i principi attivi possono venir utilizzati anche da altre case farmaceutiche, per i cosiddetti farmaci generici, più correttamente chiamati farmaci equivalenti, più economici per l'utente e per le casse dell'Assistenza Sanitaria pubblica.


Indipendentemente dalle modalità, più o meno crudeli nei loro confronti, della sperimentazione su animali, sono e resto contraria per il motivo basilare che non è un metodo sicuro per l'uomo, a causa delle diversità tra le specie, e perché si percorre il cammino inverso a quello logico: si parte dal sintomo di una malattia, e si cerca di eliminarlo, mentre la logica vorrebbe che si studiasse l'origine della malattia attraverso uno studio fisiologico (cioè studiando la chimica degli organismi viventi: dal come e il perché vengono secrete da un corpo certe sostanze, alle interazioni tra di esse, agli squilibri che possono aversi per cause esterne o interne) e/o microbiologico, per prevenirla o almeno curarla alla base.

Faccio un esempio pratico. Non ho praticamente mai usato medicinali, ogni tanto prendo un'aspirina (l'acido salicilico da cui deriva continua dopo millenni dalla sua scoperta  ad essere un principio attivo valido, malgrado l'assenza all'epoca di protocolli di sperimentazione, addirittura si scopre clinicamente di tanto in tanto una nuova proprietà benefica dell'acido acetilsalicilico o aspirina).
Purtroppo però sono stata colpita da una malattia, perfettamente curata chirurgicamente :), per cui ho però un certo rischio di recidiva. Pertanto mi hanno ricettato un farmaco che, malgrado la notevole quantità di effetti secondari indesiderati che noto, per ora accetto. Tale medicina sarà sicuramente stata prodotta, per legge, secondo la trafila prima descritta, ma ne ho sufficiente fiducia non per questo ma perché è il risultato innanzi tutto di uno studio fisiologico: si è notato che il tipo di tumore estirpatomi ha una stretta correlazione con la presenza di estrogeni. Questi, anche dopo la menopausa, vengono prodotti da un enzima chiamato aromatasi, che trasforma in estrogeno gli ormoni androgeni derivati dal colesterolo (sempre presente nel corpo umano) della corteccia surrenale. Con l'anastrozolo, inibitore dell'aromatasi, si taglia il rifornimento di estrogeno al tumore. 
Anastrozolo
Ecco, mi piacerebbe che l'approccio ad ogni patologia seguisse questo filo logico.
Non si avrebbero così, per esempio, le “cure” per l'ipertensione che si limitano a reprimere il sintomo misurabile ma senza eliminarne le cause. Chiaramente nessuna casa farmaceutica mai indagherebbe in questo senso, i farmaci contro i sintomi dell'ipertensione sono una vera miniera d'oro! ;) e poiché non curano nulla (basta smettere di assumere il farmaco e i sintomi riappaiono) sono anche una miniera inesauribile!


Sia chiaro, sono come tutti grata alla ricerca farmaceutica che mi consente di avere una certa speranza di vita per il futuro (compatibilmente con la mia età! ;) ) e che in caso di necessità può permettermi di reprimere sintomi di dolore o febbrili o altro, però innanzi tutto preferirei che come ho detto l'approccio alla malattia partisse sempre dalla causa e non preponderantemente dall'effetto, e in secondo luogo che si cercassero vie alternative alla fallace sperimentazione su animali, tanto uguali a noi nella sofferenza ma tanto diversi nella fisiologia!

Con questo non chiedo di tornare ai tempi del mio prozio “speziale”, quando i farmacisti preparavano nel retrobottega le “specialità” che la loro conoscenza di principi attivi sperimentati empiricamente e clinicamente nei secoli suggeriva.

Ai detrattori della sperimentazione animale i fautori della stessa obiettano che, a parte l'obbligatorietà per legge (ma non c'è legge che non possa essere cambiata!), queste pratiche servono per salvare vite umane (in genere parlano di “bambini” per maggior impatto emotivo). Forse si riferiscono a  questo o a questo ...

A quanto pare, l'unica alternativa che alcune case farmaceutiche vedono alla sperimentazione animale è quella su persone ignare e non consenzienti, anche bambini!
Più probabilmente non si tratta di un'alternativa, l'una cosa non esclude l'altra, le cavie umane ignare arrivano dopo le prove su animali...
E del resto, se si mettono a confronto le vite umane (anzi infantili!) presuntamente salvate dai modelli sperimentali animali, con la realtà di 100.000 persone all'anno nei soli Stati Uniti* che muoiono o riportano invalidità permanenti a causa di farmaci che apparivano innocui ed efficaci sulla specie animale oggetto di sperimentazione...
Ci sarebbe ancora molto da dire a proposito dell'inefficacia della sperimentazione animale, e sui metodi con cui le imprese farmaceutiche la gestiscono. Ma rimando la trattazione più dettagliata ad altro post. 

*fonte: Food and Drug Administration




Questo post è dedicato alle mie amiche Lilith e Laura

Questo post partecipa al 15º Carnevale della Chimica, presso il blog Questione della decisione di Paolo Pascucci

11 commenti:

  1. Bruna, mi piace molto questo tuo articolo. E' serio, nel senso che dimostri di essere preparata, ed è anche politicamente corretto, perchè inviti a ridurre quanto più possibile l'impiego (e l'inutile tortura) di animali e, a maggior ragione, di umani.
    C'è un però. Quando parli dell'ipertensione, per esempio, rilevo sta diventando ormai una litania l'insieme di suggerimenti che ogni organismo pubblico e privato diffonde sulla prevenzione di questa patologia, apparentemente contro gli interessi farmaceutici. Stessa cosa dicasi per altre patologie croniche che risentono fortemente del tipo di abitudini alimentari. Non è dunque solo l'interesse commerciale quello che muove.
    Per quanto concerne poi il "processo sbagliato" presente nella ricerca di farmaci contro alcune patologie, ma anche per quanto riguarda l'anastrozolo, non è sufficiente che il farmaco contrasti la causa, bisogna verificare che non contrasti qualcos'altro, e che quindi sia più dannoso che utile. In altri casi non si può contrastare la causa e si cerca di limitare gli effetti e in altri casi non c'è letteralmente niente da fare.
    Come ogni attività economica anche quella farmaceutica non è immune dalle deviazioni dalla buona pratica. Gli organismi pubblici devono esistere per quello, controllare senza conflitto di interessi che sia sempre tutelata la salute pubblica.
    Infine sono pienamente con te nel risparmiare quanto più possibile l'impiego di animali. Quanto più possibile.

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    1. Son d'accordo con te sul fatto che gli organismi pubblici in generale stiano, per fortuna, avvisando sui pericoli di tante abitudini soprattutto alimentari e in generale di comportamento, allo scopo di prevenire malattie abbastanza facilmente prevenibili, come l'ipertensione o l'alcolismo o il cancro al polmone. Non vedo però come questo non investa l'interesse commerciale. Non dimentichiamo che per ogni patologia debellata con la prevenzione, lo Stato risparmia una bella quantità di soldini!
      L'industria chimica, da parte sua, preferisce sicuramente che, contemporaneamente all'assunzione dei farmaci, il paziente cambi il suo comportamento con effetto spesso più efficace della cura chimica, perché così si innalza statisticamente il numero di guarigioni: a chi credi verranno ascritte ufficialmente? ovvio, alla pillolina, no al cambio di dieta! Mi viene alla mente quella pubblicità che spesso si legge sulle riviste: la cura dimagrante miracolosa, senza sacrifici! quando poi vai a leggere bene, insieme all'assunzione della polverina o pillolina miracolosa, è indispensabile seguire una dieta a ridotto apporto calorico: il miracolo chi lo fa? la polverina o il ridotto apporto calorico? ;-)
      In quanto poi al curare la causa piuttosto che l'effetto, anche in questo ovviamente hai ragione: occorre che tale cura non sia nociva per altri aspetti! infatti, se mi proponessero la chemioterapia, rifiuterei: son sicura che una buona dose di veleni ucciderebbe le cellule tumorali, il problema è che uccide anche troppe delle altre! Poi, certo, in alcuni casi ci si può solo limitare a rendere la vita del paziente il più sopportabile possibile, non esistono vere e proprie cure. Noto però che l'approccio corrente, sia da parte dei produttori di farmaci, sia da parte dei medici, sia da parte dei pazienti (sic!) è quello di voler sempre e comunque nascondere i sintomi.

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  2. articolo molto interessante. Vorrei aggiungere che, essendo paziente cronico (per patologie meno gravi ma molto diffuse, come l'ipertensione e il diabete) mi piacerebbe che la clinica medica (e di conseguenza la sperimentazione e la ricerca farmaceutica) non fossero così a settori stagni, ma tenessero conto che il corpo umano è un tutto unico, che (per dire) un'ipertensione "sistemica" potrebbe essere causata da una tendenza diabetica, la quale a sua volta potrebbe essere causata dallo stile di vita, ma anche da fattori genetici di predisposizione, e così via. Non è sempre come curare il taglio a un dito, mettendo un cerotto su quel dito! Soprattutto quando si parla di medicina "interna", non bisognerebbe mai tenere separate le correlazioni fra i vari organi, i potenziali "effetti valanga" che si scatenano andando a toccare (per fini benefici) l'equilibrio fra le diverse funzioni. Quanto di questo "olismo" viene insegnato e coltivato nelle nostre avanzatissime Facoltà di Medicina? Forse bisognerebbe ripensare la ricerca medica e farmacologica anche in questo senso. L'efficacia, poi, porterebbe con sé anche il profitto.

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  3. Quello che lei scrive nel suo post è un punto di vista interessante se non fosse che il farmaco entra in commercio con un iter che richiede anche 10-15 anni con delle fasi ben definite e ormai validate negli anni. Aifa descrive in breve come entra in commercio un farmaco http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/come-nasce-un-farmaco
    Il sistema di farmacovigilanza che interviene alla messa in commercio di un farmaco è necessario perchè noi siamo 7 miliardi, i trial clinici sono su un campione ristretto e la sorveglianza diventa doverosa.
    Per quanto riguarda la sperimentazione sugli animali consiglio di leggere questo post pubblicato su Scienza in Rete: http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/perche-sperimentazione-animale-e-ancora-necessaria
    Concludo per chi volesse leggere, che l'ipertensione è una malattia che alle volte non è indotta esclusivamente da una patologia del corpo umano ma da diversi fattori anche sociali, e quindi che farmaco usiamo? http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2758665/


    Silvia Caruso
    Chimico Farmaceutico

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    1. È chiaro che l'ipertensione sia dovuta a svariate cause, non ultime quelle psicologiche: ricordo che una mia compagna in ospedale, la sera prima dell'intervento ebbe un gran balzo in sù della sua pressione, solamente per la paura! Per questo è così importante non tentare di curare l'effetto, abbassando in qualche modo i valori con sostanze chimiche che possono essere efficaci in un individuo e non in altro (e parlo solo di umani, credo che le probabilità che ciò che "cura" un animale sia efficace sull'uomo rasentino lo zero), bensì individuare e tentare di curare o risolvere le cause.
      Il fatto da lei citato e notorio che passino molti anni dall'inizio dello studio di un farmaco fino alla sua commercializzazione non ne fa *automaticamente* un rimedio efficace e non nocivo: infatti, da quanto ho letto in tanti anni, non è affatto vero che le varie fasi siano "validate", sono solamente divenute prassi. Sono sì ben definite, ma basta solamente studiare il problema da un punto di vista meramente statistico per notare che la loro "validità" sia una pura illusione.
      A volte un farmaco è effettivamente efficace e non troppo nocivo (di veramente innocui ne esistono?) ma la probabilità rientra nell'ambito delle leggi probabilistiche: insomma, portando il ragionamento all'estremo, dare un "rimedio" a caso potrebbe forse portare a risultati analoghi.
      (non mi suggerisca un post, potrei ribattere con una valanga di post...)
      Commento scherzoso: sono molto fortunata ad essere stata operata in questi anni, quando ormai, CLINICAMENTE, si è stabilita la dose ottimale di anestesia per un umano, se mi avessero applicato la dose per chilo di peso necessaria per anestetizzare un gatto sarei morta da tempo!

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    2. Grazie Bruna per la dedica! Non sai quanto questo mi abbia fatto piacere... <3 Hai scritto un post bellissimo, ben documentato e spiegato in maniera semplice e lineare. Ti quoto in pieno.
      E spero di non leggere più le similitidini che mi hanno ferito giorni fa: "animalisti=fanatici=illogici"
      Lilith
      P.S. mi chiamo anche Laura, quindi è come se mi avessi dedicato questo post due volte! ;-)

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    3. Grazie Bruna per il bel post e grazie Silvia Caruso per i link e per avermi ricordato di Gravità Zero, oltre che a 2 nuovi interessantissimi blog.

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  4. Ciao Bruna,
    devo proprio ringraziarti perché senza questo tuo bel post, difficilmente avrei trovato l'ispirazione per partecipare al prossimo carnevale della chimica.
    E complimentissimi per il blog!

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    1. Ora sono io a ringraziare te, perché indirettamente mi hai confermato che non dico scemate (potevo aver dubbi!). Infatti ti ho anche citato nel post successivo.

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  5. Ciao, articolo molto interessante che denota spirito critico, quello che dovrebbero avere tutti i bravi scienziati. La sperimentazione animale è un argomento abbastanza dibattuto in ambito scientifico e sebbene la maggioir parte dei ricercatori la ritenga indispensabile esiste una parte della comunità scientifica che la critica, fino a definirla "cattiva scienza". Se vuoi visita anche il sito http://sperimentazioneanimale.wordpress.com dove potrai trovare dati utili per farti un' idea più ampia della situazione.

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    1. Ciao Anna, lieta di conoscerti. Ho visitato il blog citato, sarebbe bene che lo visitassero molte persone che ancora credono alla bufala dell'efficacia della sperimentazione animale, e quelli che pensano che "gli animali non soffrono, sono diversi da noi" (non notano l'incongruenza? se sono diversi da noi, come possono servire per testare qualcosa, siano farmaci siano cosmetici, da utilizzarepoi su di noi?).
      Il giorno felice in cui finalmente la gente aprirà gli occhi, esigerà che vengano utilizzati i metodi alternativi, che esistono e sono più affidabili.

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