lunedì 21 ottobre 2013

Cose (di Scienza) dal Web #14


Quanto è “irragionevolmente efficace” la matematica?

[...] Cominciamo con una lunga digressione, per avere chiaro di cosa si sta parlando. Se si chiedesse a chi fa matematica qual è la sua posizione filosofica riguardo alla matematica stessa, le risposte tipiche andrebbero da un paio di occhioni sgranati alla perentoria affermazione “io non faccio filosofia, faccio matematica!” Però i matematici, anche se non lo sanno, un atteggiamento filosofico ce l’hanno eccome. Il pendolo oscilla: cent’anni fa, per esempio, andava abbastanza di moda l’approccio hilbertiano che – volendo fare in modo che la coerenza della matematica si definisse attraverso la matematica stessa – in pratica la riduceva a un puro formalismo. Gli enti matematici non hanno alcuna esistenza: fintantoché gli assiomi che li legano tra di loro sono rispettati, punti linee piani possono per esempio essere sostituiti da tavoli sedie boccali di birra.[...]


Matematica applicata e filosofia  

[...] ... MaddMaths!, su Facebook, e Maurizio Codogno, con un articolo su Il Post, hanno parlato delle polemiche suscitate dall'articolo Is mathematics an effective way to describe the world? dell’australiano Derek Abbott, docente di ingegneria elettrotecnica ed elettronica ad Adelaide. Abbott sostiene che la matematica dà l’illusione di funzionare nella descrizione del mondo perché è un prodotto dell’immaginazione umana, che adattiamo alla realtà fisica in modo da comprenderla, focalizzando la nostra attenzione sui suoi successi e dimenticando i suoi fallimenti. La matematica sarebbe insomma una costruzione umana, che ci sembra funzioni nella descrizione del mondo fisico perché è un riflesso della nostra mente, ma in realtà non esiste al di fuori di noi, e non sempre è efficace. Si tratta di una posizione fortemente anti-realistica, peraltro non nuova, e, a quanto pare, non sufficientemente argomentata dall'autore. [...]


A che serve la matematica? La domanda delle cento risposte

[...] Traduzione, con pregevoli licenze, dell’articolo "A quoi ça sert, les maths?"  - a cura di Kees Popinga.
Se si è professore di matematica, matematico, studente di matematica o semplicemente genitore di uno studente, inevitabilmente ci si dovrà confrontare con LA grande domanda: a che cosa serve la matematica? Che si presenti sotto la forma di “A che cosa serve la trigonometria / il calcolo degli integrali / sapere che apiùbialquadratougualeadaduepiùdueabipiùbidue?” o nella variante affermativa “Ad ogni modo, la matematica non serve a niente”, il senso è sempre lo stesso. A che diavolo può servire la matematica?
Caso del giorno : Andrea, 14 anni, vi fa la domanda “a che cosa serve la matematica?” Come rispondergli? Scegliete tra 100 possibilità! [...]



Su scientismo, metodo Stamina e conoscenza

[...] Fin qui tutto bene. Si può opinare fin che si vuole sul fatto che l'unica conoscenza certa sia quella scientifica oppure ritenere che il genere di conoscenza varia a seconda dei risultati che si vogliono ottenere o infine si può immaginare che ognuno può usare i metodi che vuole e può persino decidere se vuole conoscere o rimanere in una beata ignoranza. Sta di fatto che quanto più ci si avvicina alla necessità di una conoscenza certa, in qualunque campo, tanto più occorrono metodi di misurazione sicuri e ripetibili. Questa necessità è aumentata quando è in gioco la sopravvivenza di qualcuno. Non ci si può accontentare, in questo caso, di trattare le malattie come correnti letterarie, in cui diversi critici possono pensarle, situarle e parlarne come di cose diverse una dall'altra. In medicina, posto che sulla cura possono esistere visioni contrastanti, in genere esiste una certa uniformità di pensiero sui meccanismi fisiologici e patologici, almeno quando siano stati unanimemente individuati. [...]


La minaccia (fantasma) dello scientismo

[...] Ho un problema con la parola “scientismo”. Non capisco bene cosa significhi, ma ho da tempo il sospetto che abbia molto in comune con la parola “buonismo”: siccome pare brutto attaccare direttamente la scienza (o la bontà), ci si inventa un bersaglio di comodo da colpire più facilmente. (Poi ci sono anche quelli che randellano scienza e bontà senza problemi, ma questo è un altro discorso.)
Pensavo che la difficoltà fosse solo mia, ma questa estate, dopo aver letto un lungo articolo del neuroscienziato Steven Pinker apparso su New Republic, ho capito di non essere il solo. Pinker ammette anche lui di non sapere cosa sia lo scientismo, ma fa una proposta: adottiamo la parola, togliamogli il significato peggiorativo e trasformiamola in un marchio positivo. Il resto dell’articolo è però semplicemente una lunga e appassionata difesa della scienza, quindi forse potremmo continuare a chiamare le cose col nome che hanno. Ma capisco la provocazione.
Come dicevo, comunque, è difficile capire che cosa intendano, di preciso, quelli che usano la parola scientismo. Ho fatto i compiti, e mi sono andato a leggere la dozzina di recenti articoli di condanna che lo stesso Pinker cita all’inizio del suo articolo. Vediamo un po’. [...]


“Nuovi studi dimostrano…”

[...] L’ironia di tutto ciò è che questo modo di pensare spinge la gente ad abbracciare le pseudoscienze e le ciarlatanerie. È una cosa stupida. Se la scienza è fallace, non ha molto senso sostituirla con qualcosa di ancora più erroneo. Se il vostro meccanico non riesce ad aggiustarvi la macchina, non potete aspettarvi che il vostro barbiere o vostro figlio di 5 anni facciano di meglio. La scienza si basa sulle prove ed è tenuta a rielaborare le proprie provvisorie conclusioni quando le prove cambiano. Non è meglio così piuttosto che basarsi su un sistema medico prescientifico quale per esempio l’omeopatia, dove le convinzioni non cambiano mai e le prove contrarie vengono ignorate? Come dice il comico Dara Ò Briain: “La scienza sa di non sapere tutto, altrimenti si fermerebbe. Ma il fatto che la scienza non sappia tutto non significa che puoi riempire gli spazi vuoti con qualsiasi favoletta ti piaccia di più”.
Notizie mutevoli non significano che non possiate fidarvi della scienza. Significano che non potete fidarvi sempre del modo in cui la scienza è riportata dai media. E significano che la scienza è complicata.
Il corpus complessivo della scienza è affidabile, gli studi individuali non lo sono. La progressione del kumquat non è un fallimento della scienza, è la fotografia di un successo della scienza. È esattamente il modo in cui la scienza dovrebbe funzionare. [...]
 



PS di Marco:

Chi segue con un minimo di attenzione (chi non lo fa va bene lo stesso, mica l'ha ordinato il medico) i post di segnalazione di Cose (di Scienza) dal Web, avrà subito notato che le segnalazioni in questo post sono 6 invece delle solite 5 (avevo bisogno di un numero pari).
Non solo, c'è una riga orizzontale che separa la terza segnalazione (titolo allineato a destra) dalla quarta; in pratica ci sono due gruppi di segnalazioni.
Non solo, le prime due segnalazioni di ogni gruppo sono strettamente connesse (almeno per argomenti trattati), mentre la terza vuol essere una sorta di "risposta" (più o meno ironica) alle precedenti due segnalazioni.
 
Perché questo? Avevo tempo da perdere?
Leggete, leggete... qualcosa di diverso dal solito ci voleva!

2 commenti:

  1. Posso aggiungere un link, appena trovato su Twitter: Birds and Frogs di Freeman Dyson. (Yep I'm a toad).

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    1. Tu puoi fare quello che vuoi. ☺

      Interessante la cosa, forse sarebbe il caso di farne un post a parte includendo il PDF. Che dici?

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